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Polacco il nuovo filone della politica estera ceca, tra il successo al summit europeo e i disaccordi con Russia e Cina
Il presidente Zeman intanto loda “l’eccellente stato delle relazioni bilaterali con Roma”

Tra la chiusura della partita del Bilancio pluriennale della Ue, che per Praga è stata un successo, la seconda ondata dell’epidemia di coronavirus nel mondo, con le restrizioni collegate e la crisi delle economie mondiali, gli attriti con Russia e Cina, per la politica estera della Repubblica Ceca si apre un altro filone che coinvolge la vicina Polonia, con la controversia sulla miniera di lignite di Turów. Un tema, come gli altri, da seguire e che terrà banco anche nei mesi a venire.

Polonia

Dopo la decisione di Varsavia di estendere di altri sei anni i permessi di estrazione e di ampliare l’area estrattiva della miniera di carbone di Turów, al confine con la Repubblica Ceca, Praga ha iniziato a far sentire la propria voce e ha chiesto anche alla Commissione europea di intervenire nella controversia.

Le principali preoccupazioni – prima di tutto quelle dei residenti della regione di Liberec, i più vicini al confine – sono legate all’inquinamento delle falde acquifere e alle altre conseguenze ambientali. Ecco il motivo per il quale il governo ceco ha invocato l’assistenza di Bruxelles, dopo che il ministro degli Esteri Tomáš Petříček aveva chiesto maggiori informazioni direttamente al suo omologo polacco Jacek Czaputowicz, senza ottenerle.

I timori dei comuni cechi al confine potrebbero tra l’altro trasformarsi in un ulteriore tema di scontro tra la Polonia e l’Ue, che già contesta molte delle riforme del governo conservatore polacco in tema di stato di diritto. Il ministro dell’Ambiente ceco Richard Brabec, che ha paventato anche la possibilità di fare ricorso alla Corte di giustizia europea, ha annunciato di aver rivolto l’appello alla Commissione per poter tutelare i diritti dei cittadini cechi e l’ambiente della regione da ulteriore inquinamento acustico e smog. La questione, da bilaterale, è diventata così di dominio e competenza europea e lo dimostra il fatto che anche la Commissione per le petizioni del Parlamento europeo ha chiesto alla Commissione di adottare misure più incisive contro la Polonia.

Per di più, la miniera di Turów fornisce carbone principalmente alla vicina e contestatissima centrale elettrica, le cui conseguenze si fanno sentire da decenni anche al di là del confine. Un impianto elettrico, che potrebbe restare in funzione fino al 2044, i cui fumi proprio non si addicono al Green New Deal siglato dalla Ue e dai suoi membri sotto la presidenza von der Leyen e agli accordi che prevedono la dismissione del carbone entro il 2030 in tutta l’Unione.

Russia

Si è passati dall’aperta polemica per la rimozione da Praga della statua dell’eroe sovietico, il maresciallo dell’Armata Rossa Ivan Konev, con tanto di proteste formali di Mosca, a una frase, arrivata dal Cremlino, che tutto dice sullo stato delle relazioni tra la Russia e la Repubblica Ceca. Il portavoce del Cremlino Dmitrij Peskov ha definito “avvolti da nubi” i rapporti con Praga. Per Peskov, le cui parole e affermazioni rappresentano il pensiero del presidente Vladimir Putin, le relazioni tra i due Paesi “sono state recentemente guastate da eventi noti e da alcune misure ostili adottate a livello di autorità municipali e di governo centrale”.

Peskov, tra l’altro, ha parlato coi giornalisti dopo l’arresto di Ivan Sofron, un consulente dell’agenzia spaziale russa Roskosmos, accusato di aver passato informazioni segrete ad agenti cechi in contatto con la Cia, altra vicenda che ha contribuito nelle ultime settimane ad annebbiare i rapporti fra i due Stati.

Praga non intende ovviamente chiudere la porta in faccia a Mosca e lo dimostra il fatto che il ministero degli Esteri ceco si è detto disposto ad avviare consultazioni bilaterali, “ma di non vedere sinora una volontà reciproca”. Una sensazione espressa dallo stesso premier Andrej Babiš.

La possibilità di un tavolo in cui i due Paesi cercheranno di risolvere le loro diatribe rimane nonostante tutto in piedi e il compito di ricucire e di riattivare il negoziato è stato affidato dal governo ceco al direttore del dipartimento Esteri del Castello di Praga, Rudolf Jindrák. Quest’ultimo è un diplomatico particolarmente esperto, braccio destro del presidente Miloš Zeman per la politica estera, e già ambasciatore in Ungheria, in Austria e in Germania. Jindrák ha cominciato immediatamente a darsi da fare e ha dichiarato fiducioso che il futuro negoziato con Mosca dovrà coprire “l’intero spettro delle relazioni ceco-russe e non occuparsi solo delle ultime controversie”. Dalle prime impressioni, sembra l’uomo giusto per trattare una materia così spinosa.

Cina

La più attuale materia del contendere è la prossima visita del presidente del Senato Miloš Vystrčil a Taiwan, in programma tra fine agosto e inizio settembre, che mette apertamente in dubbio la politica, tanto cara a Pechino, dell’unica Cina.

La decisione della seconda carica dello Stato, esponente dell’opposizione Ods, di recarsi a Taipei alla guida di una delegazione commerciale è stata duramente criticata non solo dalla Cina, ma anche da Miloš Zeman. Il portavoce presidenziale, Jiří Ovčáček sul suo account personale di Twitter ha commentato: “Questo viaggio è paragonabile a una visita nella Repubblica di Donetsk. Sarebbe un aperto sostegno a forze separatiste, violerebbe gli impegni politici bilaterali e minerebbe le basi politiche della futura cooperazione tra Cina e Repubblica Ceca”.

Questa invece la presa di distanza ufficiale del Castello: “Il Presidente Miloš Zeman si limita a constatare che la trasferta del presidente del Senato a Taiwan non è stata sostenuta né dal capo dello Stato, né dal governo e neanche dal ministro degli Esteri”.

L’ambasciatore cinese a Praga, Zhang Jianmin ha sottolineato da parte sua di non comprendere “il motivo per il quale Repubblica Ceca e Cina debbano rischiare di distruggere i rapporti bilaterali che sono nell’interesse di entrambe le parti”.

Italia

Dopo l’“equivoco” e la piccola crisi legata al carico di mascherine proveniente dalla Cina e bloccato in Repubblica Ceca, sono saliti nuovamente ai livelli più alti i rapporti tra Praga e Roma e lo dimostra la lettera di congratulazioni particolarmente calorosa che il presidente Zeman, in occasione della Festa della Repubblica Italiana del 2 Giugno, ha fatto avere all’ambasciatore Francesco Saverio Nisio. Attraverso questa missiva, consegnata al numero 20 della Nerudova ulice dall’ambasciatore Rudolf Jindrák, capo del dipartimento Esteri del Castello, Zeman ha confermato l’intenzione di visitare l’Italia il prossimo autunno, ovviamente se la pandemia di coronavirus lo consentirà. Nella lettera il Presidente ceco ha mostrato apprezzamento “per l’eccellente stato delle relazioni bilaterali italo-ceche” esprimendo la certezza che questa sua visita contribuirà a rendere ancora più profondo il rapporto fra le due Nazioni. Infine, non ha mancato di esprimere il proprio cordoglio alle vittime italiane del Covid-19 e di rendere onore a tutti coloro che si sono adoperati per fronteggiare tale flagello.

Unione Europea

Sul fronte dell’Unione europea e dei rapporti, non sempre idilliaci, tra Praga e Bruxelles si segnalano due elementi di interesse. Da un lato la vittoria, nelle parole di Babiš, nel confronto sulla quota di fondi Ue destinata alla Repubblica Ceca nel prossimo Bilancio settennale. Dall’altro un nuovo tema potenzialmente divisivo, vale a dire il progetto di ampliamento della centrale nucleare ceca di Dukovany unitamente al rischio che il contractor incaricato dell’operator possa essere russo e cinese.

Sul fronte del budget europeo, Praga riceverà 35,7 miliardi di euro (quattro miliardi in più del settennato precedente) a cui si aggiungeranno altri fondi del Recovery, con 15,4 miliardi da poter prendere in prestito con termini vantaggiosi. “L’esito del summit è stato certamente positivo per la Repubblica Ceca e ne sono contento” ha concluso Babiš dopo l’intenso negoziato di Bruxelles, durato quasi cinque giorni.

Per quanto riguarda Dukovany, si tratta di una questione legata a doppio filo con la politica Ue, perché oltre a una possibile nuova ingerenza di Mosca o di Pechino sugli asset energetici europei, Bruxelles non vede di buon grado l’aumento della percentuale di energia atomica nel mix della Repubblica Ceca. In attesa della gara, che dovrebbe essere indetta entro pochi mesi, sin da ora si sa che ci sono in ballo per il grande appalto sia la russa Rosatom, leader in questo settore, sia la cinese General Nuclear Power, oltre alla americana Westinghouse, alla sudcoreana Knhp e alla nippo-francese Mitsubishi Atmea. Per la Ue, e chiaramente pure per gli Stati Uniti, affidare a Cina o Russia un’infrastruttura così strategica sarebbe certamente un errore e sia Bruxelles che Washington faranno di tutto perché Praga lo tenga a mente.

di Daniela Mogavero