Uno dei pochi settori, che nell’anno della pandemia hanno segnato un deciso aumento, è stato quello dei mutui. Gli investimenti in abitazioni continuano a essere considerati sicuri e redditizi
L’arrivo della pandemia del nuovo coronavirus ha risvegliato in molti il ricordo della crisi finanziaria globale del 2008 – 2010. Uno degli aspetti che caratterizzarono quella recessione fu il netto calo dei prezzi degli immobili residenziali. Un fenomeno simile era atteso anche dopo l’inizio della pandemia, ma fino ad adesso non è arrivato.
Un anno da record per i mutui
Quando in marzo sono arrivate le prime forti restrizioni dovute all’epidemia, anche il mercato del mattone si è fermato. Come sottolinea il rapporto Property Index di Deloitte, gli agenti immobiliari in quella prima fase della pandemia hanno portato avanti quasi esclusivamente transazioni già in corso. Lo smaltimento di quelle operazioni è tuttavia bastato per mantenere i volumi del primo semestre 2020 a livelli superiori dello scorso anno. Le cifre sono d’altronde eloquenti: il valore delle compravendite di unità residenziali in nuovi progetti è passato da 23,5 miliardi di corone del primo semestre 2019 a 27,5 miliardi di corone nel primo semestre 2020. Secondo le rilevazioni di Deloitte, i volumi hanno invece segnato una stagnazione in altri settori dell’immobiliare residenziale.
In estate inoltre il mercato è ripartito. Rimane da valutare l’impatto della seconda ondata del coronavirus. Comunque un dato suggerisce che nella seconda metà del 2020 la voglia del mattone non è scomparsa tra i cechi: uno dei pochi settori che nell’anno della pandemia ha segnato un deciso aumento, è stato quello dei mutui a scopo immobiliare. Il 2020 si avvia a chiudersi con un volume complessivo da primato storico, pari a circa 250 miliardi di corone. Ad aumentare è anche il numero dei mutui erogati, quindi il valore non è trainato solamente dal rincaro degli appartamenti. Ovviamente ci vuole qualche mese affinché la concessione di un mutuo si trasformi in una compravendita conclusa, ma l’andamento del mercato suggerisce che nei prossimi mesi non dovrebbero esserci crolli in questo settore. E le cifre ufficiali di cui siamo in possesso non fanno che confermarlo: 18,8 miliardi di corone di mutui erogati in settembre, con un aumento del 40 per cento su base annua, e 25,2 miliardi in ottobre, quasi il 50 per cento in più.
Questo discorso è particolarmente valido a Praga, che da sola rappresenta oltre il 60 per cento del mercato residenziale ceco. Le varie limitazioni alla circolazione delle persone hanno certamente avuto un impatto sugli investitori esteri, il cui peso era tuttavia in calo già prima della pandemia. Cresce invece la disponibilità delle famiglie e delle imprese locali che, in linea con quanto successo anche altrove in Europa, hanno reagito al coronavirus con una linea di condotta molto prudenziale. Pertanto, nel 2020 è stato registrato un forte aumento del risparmio. Se anche grazie al vaccino si prospetta un’uscita vicina dalla pandemia, le famiglie e le imprese cercheranno uno sbocco alla liquidità accumulata. E sarebbe sorprendente se una parte significativa dei soldi fermi sui conti correnti non venisse utilizzata per investimenti nel residenziale. I cechi hanno una forte propensione per il mattone, che in questo periodo è ulteriormente rafforzata da tassi d’interesse particolarmente bassi. Il tasso medio dei mutui ipotecari è calato in novembre per l’ottavo mese consecutivo, attestandosi sotto il due per cento in base ai dati pubblicati mensilmente dal Fincentrum Hypoindex.
Questi tassi da una parte invogliano l’utilizzo dei mutui rendendo accessibile l’investimento anche a chi non ha risparmi sufficienti per coprire l’intera transazione, e dall’altra parte rarefanno le opportunità di investimento con un buon rendimento, ad esempio i titoli del debito.
Soldi che rendono
L’immobiliare d’altronde continua a rappresentare un modo redditizio di impiegare i soldi. Come rilevato dall’Eurostat, i prezzi delle abitazioni in Repubblica Ceca hanno continuato a crescere nella prima metà del 2020 oltre la media europea (nel primo trimestre dell’8,6 per cento e nel secondo del 7,7 per cento). Altri indicatori, come le indagini fatte sui prezzi d’offerta, rivelano una dinamica in crescita anche dopo la fine di giugno. “Dati non ufficiali del terzo trimestre mostrano che il lieve rallentamento di metà anno è stato solo temporaneo, e l’aumento su base annua potrebbe tornare vicino al 10 per cento” nota la Banca Centrale Ceca, secondo la quale tuttavia neppure la pandemia ha interrotto la dinamica, potenzialmente pericolosa, di una forte crescita dei prezzi e dell’aumento dell’erogazione dei mutui.
Anche il temuto crollo dei canoni d’affitto pare per ora limitato. “La flessione del turismo e degli affitti a breve termine si è manifestata in tutta Praga, ma un impatto significativo sui prezzi si è fatto sentire principalmente nel centro della città” nota il vicesindaco Petr Hlaváček. In valori assoluti un calo c’è stato e il canone medio d’affitto è sceso del 2,6 percento a 300 corone per metro quadrato. Comunque, ad eccezione di Praga 1 e di una parte di Praga 2, l’evoluzione dei canoni d’affitto è stata più nel segno della stagnazione che di un vero e proprio calo.
Gli esperti avvertono che gli effetti dell’evoluzione dell’economia sui prezzi immobiliari hanno sempre un certo ritardo. A questo però non sembra credere la Banca Centrale Ceca che prevede un rincaro anche nel 2021. La domanda attuale e potenziale pare continui a essere ben superiore all’offerta, inoltre l’aumento sta interessando anche i mercati locali fuori dalla Capitale, che seguitano ad avere un buon margine di crescita. Un discorso diverso vale ovviamente per i settori non residenziali, che avevano un tasso di redditività relativamente basso già prima della pandemia, mentre l’ambito degli immobili industriali e logistici sembra avere una prospettiva di crescita particolarmente buona.
Verso un’ulteriore riduzione dell’offerta?
Un fattore che fa propendere a favore della tesi che i prezzi degli immobili residenziali non subiranno un calo, è l’andamento dell’offerta. Le attività edilizie nel 2020 non hanno registrato un’espansione, anzi. “Gli uffici edilizi lavorano a ritmo ridotto e le attività di rilascio dei permessi continuano a protrarsi” nota Petra Cuřínová, direttrice del dipartimento delle statistiche edilizie all’Ufficio ceco di statistica. Non solo quindi le imprese hanno costruito meno quest’anno, anche a causa della mancante manodopera dall’estero, ma pure la preparazione dei progetti futuri è andata a rilento. Per questi motivi la Banca Centrale mette in guardia dinnanzi al rischio che per le famiglie peggiorino le condizioni per poter comprare una casa di proprietà.
Secondo l’ultimo rapporto annuale di Deloitte i cechi devono risparmiare quasi dodici anni per potersi permettere un appartamento di 70 metri quadrati. Si tratta del dato più alto in tutta l’Europa. E con ogni probabilità non sarà la pandemia a risolvere questa situazione, che sta diventando un problema sociale e un potenziale fattore di rischio finanziario. Anzi, sembra che continuerà la tendenza per la quale il tasso di rincaro delle abitazioni sia più elevato di quello di aumento dei salari. In altri periodi tale situazione era attenuata dalla prospettiva di vedere aumentare gli stipendi nel prossimo futuro. Ma, con la pandemia e la conseguente crisi economica, una parte della società ha perso questo orizzonte. E la politica non sembra avere nessuna risposta a questo problema, che rischia di diventare una zavorra molto pesante per la società ceca.
di Giacomo Dei Tamburi