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La pellicola cecoslovacca realizzata per l’Expo 1967 appare oggi la vera precorritrice di Bandersnatch, il rivoluzionario tentativo di film interattivo presentato di recente da Netflix

“La Tv del domani” è stata l’espressione usata dal quotidiano britannico The Guardian, mentre il noto critico David Griffin ne ha parlato come di una pellicola che “usa i migliori elementi sia dai videogiochi che dai film”. Il riferimento era a “Black Mirror: Bandersnatch”, distribuito su Netflix poco più di un anno fa, che ha richiamato l’attenzione principalmente per essere un film interattivo in cui l’azione si ferma a certi intervalli e lo spettatore prende decisioni per il protagonista, influenzando l’andamento della trama. Un’idea senz’altro avvincente, ma non è mancato qualcuno al quale questo formato è sembrato qualcosa di già visto.

Facciamo un salto indietro di più di mezzo secolo, alla Esposizione universale di Montreal del 1967. Fra le grandi innovazioni in mostra si distinse Kinoautomat, un film presentato al padiglione cecoslovacco, noto anche con il titolo Človĕk a jeho dům (Un uomo e la sua casa).

Si trattò di un esperimento sociologico e psicologico che richiedeva la partecipazione dei 127 spettatori presenti nel teatro, tutti muniti di un telecomando con due pulsanti: uno verde e uno rosso. Fu frutto dell’ingegno di Radúz Činčera (nato a Brno il 17 giugno 1923), il quale curò la regia con Ján Roháč e Vladimír Svitáček, mentre la sceneggiatura era fra gli altri di Pavel Juráček, maestro in quel periodo della Nová vlna cecoslovacca. La versione presentata a Montreal era stata doppiata in inglese e l’attore protagonista Miroslav Horníček, nel ruolo di moderatore, fu chiamato a interpretare la sua parte in quella lingua, pur non comprendendo l’idioma anglosassone.

Kinoautomat era la classica dark comedy articolata in una serie di situazioni bizzarre, caratterizzata dal fatto che in determinati punti il protagonista si trovava davanti a dilemmi, per esempio come nascondere una bella bionda seminuda poco prima dell’arrivo di sua moglie, oppure se rispettare o no lo stop di un vigile urbano. In quei punti la proiezione si fermava ed entrava in scena l’attore che invitava il pubblico a scegliere premendo il pulsante verde o quello rosso. La proiezione proseguiva poi seguendo la scelta maggioritaria (visualizzata sullo schermo con pallini verdi e rossi).

Sostanzialmente, si trattava di un meccanismo simile a quello dei libri-game, un genere popolare negli anni ‘80 che offriva al lettore la possibilità di partecipare attivamente alla storia, decidendo tra alcune possibili alternative mediante l’uso di paragrafi o pagine numerate.

Nel caso di Kinoautomat è più probabile che la fonte d’ispirazione più rilevante e più diretta per Činčera fosse stata la Laterna magika, generalmente considerata la prima forma di teatro multimediale. Laterna magika era stata fondata per l’Expo ‘58 di Bruxelles, quando il regista Alfréd Radok e lo scenografo Josef Svoboda si servirono di immagini proiettate negli spettacoli allestiti presso il padiglione cecoslovacco dell’evento. Sin dalla sua apparizione si delineò come una forma di spettacolo in grado di combinare vari mezzi artistici, visto che oltre alle immagini proiettate conteneva opera e danza, oltre a sfruttare alcune tecniche del teatro nero. A parteciparvi come scenografo agli esordi fu anche un giovanissimo Miloš Forman.

Nove anni dopo invece, per Kinoautomat, i due registi Vladimír Svitáček e Ján Roháč, che avevano collaborato entrambi alla Laterna magika di Bruxelles, misero le loro competenze a disposizione di Činčera con il quale avrebbero condiviso il compito della regia.

L’impatto di Kinoautomat fu tale che il periodico statunitense The New Yorker all’epoca ne parlò come di “un successo garantito del padiglione cecoslovacco all’Esposizione universale”, senza mancare di aggiungere: “i cecoslovacchi dovrebbero costruire un monumento dedicato a Radúz Činčera, l’uomo che ha concepito questa idea”.

Alla fine degli anni ‘60 tutti i grandi studi di Hollywood chiesero a Činčera i diritti di Kinoautomat. Purtroppo, durante l’era socialista ciò non fu possibile, perché la proprietà era dello Stato che non aveva intenzione di venderlo. Per questo motivo Kinoautomat e soprattutto Činčera non ebbero la grande notorietà internazionale che avrebbero meritato.

Non solo il monumento a Činčera non venne mai costruito ma addirittura, nonostante il successo del film a Montreal ed il consenso iniziale dopo la prima praghese del 1968, fu possibile vederlo in Cecoslovacchia solo tre anni dopo, nel 1971 . Pur con tale ritardo, il successo fu comunque grande, tant’è che a Praga dovettero essere programmate due proiezioni al giorno. Tutto questo durò per poco tempo, perché meno di un anno dopo il regime decise di vietarlo.

Secondo Alena Činčerová, la figlia del regista, i motivi erano chiari: “Tutti quegli autori formavano un gruppo considerato politicamente non affidabile. Penso che questo sia stato il motivo principale per cui il film fu tenuto chiuso in cassaforte, come molte altre bellissime opere della cosiddetta Nuova onda, l’epoca d’oro della cinematografia ceca”.

A livello internazionale invece fu tutta un’altra cosa. Era tale la stima nei confronti di Činčera che persino Peter Gabriel, il musicista rock ed ex-cantante dei Genesis, noto per le innovazioni tecniche dei suoi concerti, volle incontrare il regista moravo in vista di un progetto che però alla fine non venne mai realizzato. Il cantante inglese disse che durante le proiezioni del Kinoautomat le sale diventavano “vivaci come durante le partite di calcio”.

Činčera, il quale era ormai caduto nell’oblio, dovette aspettare la fine del regime per tornare sulla scena, questa volta all’Expo mondiale di Osaka del 1990, dove presentò Cinelabyrinth, un altro film interattivo. Stavolta, oltre alla possibilità di influenzare la trama del film, gli spettatori potevano anche aprire una porta nella sala per entrare in una sala attigua e vedere il risultato della loro scelta su un altro schermo.

A differenza di Bandersnatch, dove l’interattività è semplicemente un accessorio o un escamotage utilizzato per rendere più vivace un episodio altrimenti poco interessante della popolare serie televisiva, Kinoautomat conteneva un messaggio chiaro fortemente legato al contesto politico in cui era stato realizzato. Durante la Guerra fredda, eventi di alto profilo come l’Esposizione Universale servivano a tanti Stati comunisti come una possibilità di promuoversi e di mettere in mostra la loro bravura e la loro competenza sia in campo culturale che tecnologico. I creativi al servizio degli stati dell’Est usufruivano di budget molto generosi e più libertà di sperimentare rispetto a tanti paesi occidentali. Il colpo di genio di Činčera fu che, a prescindere dalle scelte fatte dal pubblico, il film finiva sempre con la stessa scena di un grande palazzo in fiamme. L’intenzione era chiaramente di fare una satira sul concetto di democrazia e ironizzare sull’idea che gli esseri umani possano veramente decidere il loro destino. In fin dei conti, non erano solo l’originalità del progetto o l’interattività, ma anche il contenuto a renderlo importante. Anche il tema principale rimane rilevante soprattutto oggigiorno nell’era della post-verità (o post-truth), in cui molte persone sembrano aver perso fiducia nella democrazia. Per questo possiamo compiacerci del fatto che negli ultimi anni il film sia ricomparso, grazie ad Alena Činčerová, la quale ne ha curato il restauro e continua a portare il capolavoro del padre in giro per il mondo. Al Kino Světozor di Praga dal 2007 è apparso in cartellone abbastanza di frequente, come è avvenuto nel 2017 per il cinquantesimo anniversario della prima proiezione. All’estero è stato proiettato in alcuni dei cinema più illustri del mondo come il National Film Theatre di Londra nel 2006, a vari festival di cinema degli Stati Uniti, mentre una versione italiana è stata presentata a Milano nel 2009. Si è trattato chiaramente di un omaggio a un progetto cecoslovacco che ha anticipato le forme dei media e dell’intrattenimento del mondo moderno.

di Lawrence Formisano