La famosa pittrice che si stabilì nella capitale francese nel 1948 e fece della ville lumière la sua seconda casa
Una sedia da cucina bianca, quattro cucchiaini, e poche altre cianfrusaglie. Poveri oggetti sparsi tra disegni e dipinti abbandonati. È il mesto inventario stilato da un notaio nell’ultima dimora di Marie Čermínová, in arte Toyen, morta a Parigi nel 1980. Al limite della povertà, dimenticata o quasi. Destino comune di tanti artisti visionari, vissuti più o meno spiantati, per cui la fama è solo postuma, quando il genio lascia spazio al calcolo. Oggi le sue opere si vendono a milioni di euro, in case d’asta dove le tele si trattano come azioni. Da ultimo la sua Dama di Picche, venduta lo scorso ottobre ad una cifra esorbitante. Curioso destino per una donna vissuta in una realtà fatta di poesia e di visione, nel linguaggio estremo e selvatico dell’arte surrealista. Pittrice, illustratrice, redattrice, creatrice di forme e d’espressioni innovative, Toyen è stata un’artista complessa e misteriosa. Un nome d’arte ricavato dalla contrazione della parola francese citoyen – cittadino – nomen omen, per una praghese che ha fatto della capitale francese la sua seconda patria. “Guardare significa in un certo senso essere ciechi, perché ci sono paesaggi visibili, e paesaggi invisibili” è in questa visione ambigua e sovversiva che si colloca l’arte della più grande surrealista cecoslovacca del ventesimo secolo. Guardare le sue tele significa sprofondare in un subconscio onirico, dove forme geometriche, macchie di colore e oggetti si assemblano in modo illogico, per chi il mondo lo vive e lo vede in prosa. Ma quest’arte è tutt’altro, insurrezione lirica ispirata ed animata dal mondo animale, dalle forze della natura. Immagini attraversate da una malinconia cruda impregnata d’espressionismo mitteleuropeo, mentre a tratti i suoi colori hanno l’effervescenza naïve del doganiere Rousseau, artista altrettanto capace di far scivolare la realtà nel sogno. L’arte della Toyen è eclettica come la sua vita di donna dal temperamento fiero e insofferente, che amava presentarsi al maschile, antesignana della fluidità di genere nell’arte come nella vita. Nata nel quartiere Smíchov di Praga nel 1902, è una delle poche donne, se non l’unica, associata al grande movimento d’avanguardia ceco degli anni venti, il Devětsil. Alcuni nomi noti di questo gruppo includevano l’artista e scrittore Jindřich Štyrský, il futuro poeta e premio Nobel Jaroslav Seifert, il teorico dell’architettura costruttivista Karel Teige e il poeta František Halas. Ed è proprio con Štyrský che nel 1924 la Toyen effettua il suo primo soggiorno francese. Non un compagno di vita, nonostante lei fosse sempre al suo fianco, ma piuttosto un partner artistico, ed un compagno di viaggio. I due, arrivati nella capitale francese squattrinati, vivevano a Montrouge, nella periferia sud di Parigi, quando il quartiere era ancora un grazioso villaggio d’artisti. Proprio lì la Toyen e Štyrský organizzano la loro prima esposizione. Štyrský era un uomo dai molti talenti: poeta, scrittore, sceneggiatore, ma soprattutto era un notevole artista visivo che si dedicò alla pittura oltre che all’arte grafica, all’illustrazione e alla fotografia. Fu lui il teorico e il portavoce della “coppia”, e l’autore dei manifesti che firmarono insieme. Loro è la teorizzazione dell’Artificialismo, definito in un volantino di una mostra come “L’identificazione del pittore con il poeta”, in cui l’artista crea poesie senza usare il linguaggio o ancora “una coscienza astratta della realtà definita dalle percezioni poetiche dei ricordi”. Contrassegnato da tecniche pittoriche innovative, come gocciolare o spruzzare vernice attraverso griglie, stampini e vari oggetti, con l’Artificialismo la coppia ha cercato di esplorare le proprietà materiali ed evocatrici della pittura. Dopo questa prima esperienza estetica, decisiva nel percorso artistico della Toyen, i due rientrano a Praga alla fine degli anni Venti e fondano, nel 1934, il gruppo surrealista ceco, stabilendo legami tra artisti locali e i loro amici francesi André Breton, Paul Eluard e Louis Aragon. Toyen resterà al fianco di Štyrský fino alla morte dell’artista, nel 1942. Nel frattempo, durante la permanenza a Praga, la surrealista cresciuta artisticamente tra Praga e Parigi, afferma sempre di più un’arte improntata al simbolismo usato per esprimere desideri libidinosi e sessuali. Negli anni Trenta i suoi dipinti e disegni sono pieni di spettri, fantasmi, oggetti onirici, tutti attraversati da un forte accento erotico. È in questo periodo che pubblica diversi disegni sulla rivista Erotika. È certo che la sessualità ha avuto un ruolo maggiore nel movimento surrealista: Toyen ha espresso interesse particolare verso una sessualità fluida; pare che l’artista si presentasse come appartenente ad un genere ambiguo, alternando l’uso di gonne ed abiti maschili.
Durante la sua permanenza in Cecoslovacchia, prima che scoppiasse la guerra, ebbe modo di fare diversi brevi soggiorni in Francia, accompagnata dai suoi amici cechi. All’epoca la capitale francese è un crogiolo di movimenti artistici e letterari d’avanguardia. Oltre agli amici surrealisti conosciuti negli anni venti, vi incontra tra gli altri Max Ernst e Salvador Dalí. Al ritorno in patria, turbata dall’avvento del nazismo, la sua pittura si fa più angosciosa, il suo stile più cupo. Durante l’occupazione della Cecoslovacchia, sarà costretta alla clandestinità. Malgrado la gravità della situazione l’artista si mostra lungimirante e lucida. A differenza dei suoi amici di Praga, alcuni dei quali, come il poeta Nezval, ammiravano l’Unione Sovietica, lei aveva presagito, come un incubo incombente, cosa sarebbe successo in Cecoslovacchia dopo la fine della guerra. Grazie ai suoi contatti francesi fu in grado di fuggire di nuovo a Parigi prima dell’occupazione comunista del 1948. Da allora si stabilì definitivamente nella capitale francese. Questa partenza Toyen la fa insieme al secondo “compagno” della sua vita, Jindřich Heisler. Poeta, artista e fotografo surrealista, Heisler era tredici anni più giovane della Čermínová. Di origine ebraica, era sfuggito alla deportazione nascondendosi prima a casa di amici e parenti, poi nella casa praghese dell’amica artista, dove aveva trascorso la maggior parte della guerra. Insieme hanno vissuto per quattro anni in un piccolo studio nel quartiere di Žižkov, dove si dice che Heisler abbia dormito nella vasca da bagno. Ancora una volta tra i due artisti il rapporto è ambiguo: sebbene molto vicini tra loro, pare non fossero amanti. Come Štyrský, anche Jindřich Heisler morì molto giovane, nei primi anni ‘50. Da allora in poi la capofila del movimento surrealista cecoslovacco rimase sola nella ville lumière. Qui continuò a lavorare con gli amici di sempre, André Breton, Benjamin Péret e altri surrealisti come Annie Le Brun. Pian piano però i contatti con il gruppo si fanno meno frequenti, in particolare dopo la morte di Breton, la Toyen si dedica sempre di più, poi esclusivamente, all’illustrazione dei libri, attività che non aveva mai cessato di esercitare. Alla fine della sua vita, Toyen stringe amicizia con due francesi più giovani di lei, un poeta e un pittore, che si prenderanno cura di lei durante i suoi ultimi giorni. Prima di andarsene, ormai quarant’anni fa, ha lasciato un ultimo messaggio, criptico, misterioso come tutta la sua vita complessa, nomade e sognante: “Ecco che la mia pagina bianca è ormai colorata di verde”. Oggi Toyen riposa nella sua Parigi, sotto l’erba del cimitero di Batignolles.
di Edoardo Malvenuti