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Prete, professore, scrittore e uomo immerso nella realtà politica del proprio tempo, Halík è l’intellettuale cattolico più noto in Repubblica Ceca

La recente traduzione in italiano del libro “Vicino ai lontani. La pazienza della fede nel dialogo con l’ateismo” offre l’occasione per presentare il suo autore, monsignor Tomáš Halík. Si tratta di una figura eclettica che oltre a svolgere l’attività di sacerdote, scrive numerosi saggi e libri che fanno di lui l’intellettuale cattolico forse più noto in patria. L’opera citata tratta il rapporto tra la fede e la cultura e i problemi del mondo d’oggi.

Tom‡ä HAL’K - teolog ‰R - c’rkev ‰R“Io tento di comunicare con chi è in ricerca e di mostrare che la fede non è un’ideologia”. I cechi hanno fama d’essere il popolo ateo per antonomasia ed essere sacerdote in un simile contesto “è un’affascinante opportunità, una splendida missione e una sfida tremenda”. Sfida che Halík ha vinto, come dimostrano i tanti premi per meriti nel dialogo interculturale e interreligioso e la nomina a consulente del Pontificio Consiglio per il Dialogo con i non credenti da parte di papa Giovanni Paolo II. Insegna filosofia e sociologia all’Università Carlo ma le sue attività non si limitano a scuola e parrocchia: opera in una serie di riviste specialistiche, si esprime su questioni politiche ed economiche, è coinvolto in iniziative civili e caritative, è membro dell’Accademia Europea delle Scienze e delle Arti e di varie società scientifiche nazionali ed estere.

Alla fede cattolica si avvicinò da giovane, i genitori non erano credenti ma celebravano le festività cristiane. Lo zio gli trasmise invece l’ammirazione per Jan Hus, predicatore e riformatore religioso condannato per eresia e arso al rogo nel 1415. Durante gli studi si dedicò alla sua figura cercando di riabilitarla.

L’interesse per la politica lo portò a fondare nel 1967 un Club di discussione interno all’Università dove conobbe Václav Havel che fu invitato a partecipare a uno dei dibattiti durante la Primavera di Praga. Iniziò così un’amicizia lunga quarant’anni. All’epoca in cui quest’ultimo fu Presidente, Halík collaborò con la sua cerchia di aiutanti come consigliere esterno, tanto che Havel lo indicò come suo possibile successore. Halík rifletté più volte su un attivo coinvolgimento in politica per poi scartare quest’ipotesi. “Per ora ritengo che questa fusione del lavoro con gli studenti a livello pastorale e universitario, unita all’impegno civile di intellettuale indipendente che ogni tanto interviene nelle discussioni pubbliche, sia ottimale”. Ciò non gli impedisce di esprimersi su questioni politiche. A fine 2011 scoppiò un’accesa polemica con Klaus che a detta di Halík non era sincero nel promettere la restituzione dei beni confiscati alla Chiesa durante il comunismo. Per tutta risposta, al Castello insinuarono che Halík non fosse nemmeno un sacerdote ma “solamente un attivista di Havel”.

Durante l’invasione del 1968 si trovava in Inghilterra, rientrò e la morte di Jan Palach lo convinse a restare per lottare contro il regime. Gli fu vietato l’insegnamento poiché dedicò il discorso di laurea alla verità invece di ringraziare il partito comunista. Con un titolo universitario non poteva entrare in seminario, per cui non restava che la chiesa clandestina. Ci vollero quasi dieci anni di preparazione nella più totale illegalità. Decise di non firmare Charta 77 ma senza spiegarne i motivi: gli mancava un anno per essere ordinato prete e in quanto firmatario sarebbe finito nel mirino. Infine fu ordinato sacerdote in segreto nel 1978.

Continuò a operare nel dissenso culturale e religioso, per undici anni svolse illegalmente la funzione di sacerdote e al contempo quella legale di psicoterapeuta in un centro per alcolisti e tossicodipendenti. Aveva sempre aspirato ad unire il sacerdozio con una professione civile. La messa di Natale del 1989 fu la sua prima cerimonia pubblica, divenne rettore della Chiesa di san Salvatore e nel 2008 Benedetto XVI lo nominò Monsignore.

Dopo il 1989 ha girato tutti i continenti per tenere lezioni universitarie e ha partecipato addirittura ad una spedizione in Antartide. Ha incontrato illustri nomi della storia come il Dalai Lama, Madre Teresa di Calcutta e Giovanni Paolo II.

Monsignor Halík è assistente spirituale degli universitari praghesi e le sue messe studentesche sono molto seguite; decine di ragazzi si sono battezzati per merito suo. Domenica 20 gennaio, durante la messa studentesca, si è svolta una commemorazione in ricordo di Jan Palach. La Chiesa era affollata, numerosi i giovani ma c’era gente di ogni età. Halík è entrato in processione assieme a un gruppo di studenti. Il volto è severo ma da subito conquista la simpatia e l’attenzione dei fedeli con la voce pacata ma sicura e qualche battuta. L’omelia è dedicata a Palach. Molti condannarono il suo sacrificio incendiario ma Halík, che quarantaquattro anni orsono ne organizzò il requiem, fa suo il pensiero dello scrittore Gilbert K. Chesterton “un suicida è colui che disprezza la vita, un martire è colui che disprezza la morte. E Jan Palach mi sembrava vicino a quei martiri – afferma. – Rispose a una chiamata divina, a un appello di Dio nella sua coscienza”. Palach non rifiuta il dono della vita ma la sacrifica per gli altri. “Con il suo gesto diede alla società un grande senso di fiducia in se stessa, nel proprio valore. Penso sia questo il senso del sacrificio di Palach”. Ovviamente non cambiò la storia, le truppe sovietiche non si fermarono ma cambiò la consapevolezza dei cechi che capirono il senso del suo gesto: non ci si deve chinare o accettare compromessi ma lottare per libertà e democrazia con resistenza spirituale e integrità morale. Nei momenti più duri lo stesso Halík ripensava a quell’“ardente esclamativo: Non devi piegarti! Perché così si sarebbe profanato e svuotato il senso del suo sacrificio. L’azione di Palach in un certo modo ci vincolava”. Insiste sul sentirsi vincolati al suo gesto e ricordarlo non solo come un atto di coraggio ma anche “d’amore per il popolo, perché quel giovane dava più valore al fatto che questo popolo non si piegasse che alla sua stessa vita”. Palach, Masaryk, Havel sono uniti dall’amore per la loro terra e dalla responsabilità per il popolo; per questo le loro vite sono un appello a cui non si può restare indifferenti.

Prima di congedare i fedeli, Halík ha speso poche parole sulle recenti elezioni presidenziali vinte da Miloš Zeman. Ha ricordato che il Presidente, sebbene abbia un ruolo simbolico, influenza con il suo comportamento il clima morale e psicologico del paese. “Ci sono due personalità, due caratteri, due stili di comportamento e culture politiche del tutto diversi. Sarà anche il vostro voto a decidere quale di esse influenzerà il clima della nostra società e ci rappresenterà nel mondo. Ricordiamo le parole di Václav Havel prima delle elezioni: che il Signore guidi la vostra mano!” Sebbene non si sia sbilanciato durante la cerimonia, all’uscita dalla chiesa sono stati distribuiti gli adesivi con l’icona di Karel Schwarzenberg ma non è bastato a sconfiggere la concorrenza di Zeman.

di Sabrina Salomoni