Cronaca di una giornata di voto presidenziale, nella birreria più anti Zeman di Praga
Il nuovo presidente della Repubblica Ceca ama le birrerie, ma non tutte le birrerie amano Miloš Zeman. Nel distretto di Praga 6 ce n’è una dove il livello di avversione raggiunge livelli da primato. Siamo in collina, nella zona più elegante di Břevnov, poco più di un chilometro dalla Montagna Bianca. Zona residenziale, tranquilla, di ville con giardino, un quarto d’ora a piedi dal Castello, che si raggiunge camminando in discesa. Il locale si chiama, manco a dirlo, “U Prezidentů” (Dai Presidenti) e a Praga, nella giornata di elezione del capo dello Stato, non c’è davvero niente di più adatto.
Da queste parti tutti sono per Karel Schwarzenberg, l’aristocratico e anziano ministro degli Esteri, “perché il nostro sogno è di veder un principe al Castello” dicono due donne, davanti al bancone. La Tv sta per iniziare a trasmettere i risultati del voto.
Affastellati alle pareti, quasi cento anni di storia di questo Paese, attraverso i ritratti e le effigi di tutti i padroni di casa del Castello di Praga. Un muro intero è dedicato al padre della patria, Tomáš Garrigue Masaryk, immortalato in tutti modi: nella fotografia ufficiale di quei tempi e persino in sella a un purosangue. Insieme a Václav Havel, eroe della Rivoluzione di Velluto, Masaryk qui dentro è certamente il presidente più amato.
In un angolo, su una parete un po’ retrostante campeggia una scritta: “Stůl komunistické bandy” (Tavolo della banda comunista), e tutt’attorno alla parete gli inquietanti ritratti di 40 anni di dittatura comunista: Klement Gottwald, Antonín Zápotocký, Antonín Novotný, Ludvík Svoboda e Gustáv Husák.
“Qui ci metterei la foto presidenziale di Zeman, perche sono i comunisti che lo hanno eletto” borbotta Josef, l’oste, di pessimo umore.
I seggi elettorali intanto si sono appena chiusi e alla tv cominciano ad apparire i risultati, sin dai primi minuti incontrovertibili a favore di Zeman. Schwarzenberg è staccato di dieci punti percentuali.
“Peccato, perché avevamo l’occasione di eleggere una persona perbene, non questo arnese dei vecchi tempi” esclama Marek, medico presso il vicino ospedale di Motol.
Nell’aria comincia a dominare quella che Václav Havel chiamava la “blbá nálada”, letteralmente “umore stupido”, quel tipico stato di apatia che la gente manifesta davanti a certe situazioni politiche.
Poi, complice la birra, che continua a riempire i boccali, i pareri dei clienti diventavano, via via, sempre più espliciti e a riferirli tutti si rischierebbe il reato di concorso in vilipendio.
“È una catastrofe. Zeman ha vinto grazie a una campagna elettorale di calunnie e colpi bassi. Ha fatto bene Schwarzenberg a non abbassarsi a tanto. Non sarebbe stato da lui”. Il riferimento è ai toni aggressivi e nazionalistici, scelti dalla squadra di Zeman, soprattutto negli ultimi giorni prima delle elezioni. Su tutte viene citata la pagina a pagamento, apparsa su un giornale popolare, Blesk, nel giorno di apertura del voto, che descriveva Schwarzenberg come un traditore filo tedeschi. Tutto perché a pochi giorni dal voto aveva parlato in un certo modo dei Decreti Beneš, “un’applicazione del principio della colpa collettiva, che ai giorni nostri sarebbe giudicato come un crimine contro l’umanità”.
Poi si è saputo che a ordinare l’annuncio anti Schwarzenberg su Blesk era stato un ex membro della StB, la famigerata polizia comunista. Il fatto che l’entourage di Zeman sia costellato da uomini con un elevato grado di compromissione con il passato regime è un motivo ulteriore per criticare il nuovo presidente. Per non parlare della sua presunta vicinanza agli interessi del Cremlino in Repubblica Ceca.
Al Castello un presidente che Praga non ama
Sullo schermo della Tv si delinea progressivamente la mappa nazionale del voto. Il paese appare quasi tutto colorato di rosso, ad indicare il trionfo di Zeman. Un rosso di sfumature diverse, a seconda delle varie regioni, con vertici di intensità nelle zone di maggiore depressione economica, in modo particolare nelle regioni di Ústí nad Labem (Boemia del nord) e di Ostrava, storiche roccaforti delle sinistre, dove i nostalgici del vecchio regime sono ancora la maggioranza. Nella mappa del voto solo qualche isoletta di azzurro, la maggiore delle quali è Praga, dove Schwarzenberg ha ricevuto quasi il doppio dei voti del rivale.
E non manca chi riflette su questo aspetto, dandone una lettura socio economica persino ovvia: “Il nostro è un paese diviso. Praga, “la ricca”, lo rappresenta solo in parte. Zeman col suo populismo ha trionfato nelle regioni afflitte dalla disoccupazione, dal malessere sociale, dove la crisi colpisce di più” spiega Martin, insegnante, secondo il quale “Schwarzenberg ha avuto a proprio favore soprattutto l’entusiasmo dei giovani, l’appoggio della intellighenzia, degli studenti universitari, di coloro che parlano le lingue straniere, le nuove generazioni, che sono il futuro del nostro Paese. Zeman ha preso invece il voto degli scontenti, dei delusi. Un populista come lui non poteva che approfittarne”.
Intanto, il presidente uscente Václav Klaus, sostenitore di Zeman, commenta con soddisfazione, parafrasando ironicamente il moto tanto caro al predecessore Václav Havel: “oggi la verità e l’amore hanno vinto sulla menzogna e sull’odio”. Troppo per un’anziana cliente, che chiede il conto e mormora sconsolata: “Havel oggi muore per la seconda volta. Fra Zeman e Klaus c’è un patto, è chiaro. Vorranno far cadere il governo e non mi sorprenderebbe se Klaus tornasse presto in sella nelle vesti di capo del governo. Chissà quali interessi ci sono dietro”.
Neanche la spiccata attitudine al consumo di birra e superalcolici – che Zeman non perde mai occasione di manifestare anche in pubblico – vale al nuovo presidente la minima simpatia da “U Prezidentů”. Eppure questo è un luogo dove si viene soprattutto per bere. Qualcuno giunge persino a insinuare che sia stata una azienda di liquori a pagargli la campagna elettorale. “Le ragioni non mancherebbero. Dopo lo scandalo del metanolo degli ultimi mesi, il mercato dei superalcolici da noi versa in una fase di torpore. Per tirarlo su è necessario un buon testimonial”.
di Giovanni Usai