Le avventure del buon soldato, nato dalla fantasia di Jaroslav Hašek, al centro della cultura popolare ceca
Indimenticabile la pellicola del 1956 grazie all’interpretazione dell’attore ceco più amato della sua generazione: Rudolf Hrušínský
Con l’avvicinarsi del centenario dello scoppio della Prima Guerra Mondiale, è assolutamente impossibile non parlare delle rappresentazioni della Grande Guerra nella cultura ceca (o cecoslovacca) senza fare riferimenti al leggendario libro di Jaroslav Hašek, oltre che all’immensa influenza ottenuta grazie ai numerosi adattamenti cinematografici, televisivi e teatrali.
Con l’assassinio di Ferdinando inizia quello che potrebbe essere definito il romanzo più famoso e importante della storia cecoslovacca: Il buon soldato Sc’vèik (come traslitterato nell’edizione italiana), magistrale denuncia dell’assurdità della guerra, il cui protagonista, essendo egli un simbolo della resistenza passiva, rappresenta più di qualsiasi altro personaggio la visione nazionale della «cechità»: da un lato l’espiazione e dall’altro lo scherno. Le vicende di Švejk riescono a esplorare sia uno che l’altro. I cechi si sentono spesso come vittime della storia, ma allo stesso tempo amano prendersene gioco, proprio come fa Hašek nel suo capolavoro. Per la maggior parte dei cechi, la trasposizione su pellicola più famosa resta il film Dobrý voják Švejk (Il Buon Soldato Švejk: 1956) con il leggendario attore Rudolf Hrušínský nel ruolo del protagonista. Ma dopo decenni di adattamenti della satira hašekiana (non solo limitati al campo cinematografico), è veramente questa la versione definitiva del racconto?
Nonostante il soldato e venditore di cani sia comparso per la prima volta nel 1912, anno di pubblicazione del libro Il bravo soldato Švejk e altre strane storie (Dobrý voják Švejk a jiné podivné historky), l’opera è stata pubblicata inedita in quattro tomi dal 1921 al 1923, anno in cui l’autore scomparve a causa della tubercolosi contratta durante la guerra. La morte prematura dello scrittore, umorista e giornalista praghese (nato nella capitale boema il 30 aprile 1883), interruppe la serie, che venne tuttavia completata dal suo amico e giornalista Karel Vaněk. Ciò non ne impedì l’immediato successo, malgrado ci sia voluto tempo per ottenere l’apprezzamento anche da parte della critica letteraria. Nel 1927 il regista teatrale tedesco Edwin Piscator collaborò con il drammaturgo Bertold Brecht a Der Abenteuer des braven Soldaten Schwejk, un adattamento per palcoscenico, descritto da quest’ultimo come «un montaggio dal romanzo». L’opera suscitò l’entusiasmo del pubblico berlinese e del resto dell’Europa centrale fino alla repressione da parte della dittatura nazista che limitò la libertà d’espressione.
Lo stesso Brecht rimase attaccato al personaggio hašekiano, tanto da scrivere nel 1943, durante il suo esilio negli Stati Uniti, la pièce Schweyk im Zweiten Weltkrieg (Švejk nella Seconda Guerra Mondiale), in cui il buon soldato demolisce l’autorità della Gestapo in una feroce quanto liberatoria satira teatrale.
La prima traduzione in inglese comparve nel 1930, mentre in patria venne pubblicata la decima edizione nel 1936. È chiaro che Hašek prese ispirazione dalle sue esperienze nell’esercito austriaco nel 1915, e che, almeno inizialmente, ebbe l’intenzione di burlarsi delle autorità austriache. Tuttavia, la sua difesa di piccolo uomo contro la tirannia e l’oppressione trascende le frontiere della sua patria. Švejk viene considerato un personaggio rappresentante la forza dello spirito umano. Se la critica letteraria dell’epoca ebbe pregiudizi nei confronti dello stile estemporaneo di Hašek, il mondo del cinema non aveva le stesse riserve. Nel 1926 comparve la prima versione cinematografica con l’impiego dei dialoghi dell’autore nella forma di titoli, diretta da Karel Lamač e con l’attore Karel Noll nel ruolo di Švejk. La pellicola piace ancora oggi a molti appassionati dello scrittore, soprattutto tra gli amanti del cinema muto. Altre 3 versioni, realizzate nel periodo 1926-1927, seguirono le vicende di Švejk.
La prima versione in sonoro arrivò, invece, nel 1931. La pellicola, diretta da Martin Frič, divenuto poi un regista molto importante del cinema cecoslovacco, vantava anche Saša Rašilov nel ruolo di protagonista, oltre all’attore Hugo Haas prima che raggiungesse la fama hollywoodiana come regista e attore caratterista negli anni ‘50. Il film è sempre stato stimato dagli appassionati di Hašek, ma, sfortunatamente, sono stati conservati solo 57 minuti di filmato, per cui oggigiorno è praticamente impossibile vederne la versione integrale.
Per coloro che cercano un’interpretazione creativa e innovativa delle avventure di Švejk, i tre episodi di Osudy dobrého vojáka Švejka (“Le avventure del bravo soldato Švejk”, 1954-55) del re d’animazione Jiří Trnka sono imperdibili. L’opera del maestro di Plzeň, spesso soprannominato “il Walt Disney dell’Europa dell’est”, si distingue per i suoi pupazzi animati utilizzando la tecnica di ripresa a passo uno, riuscendo contemporaneamente a catturare l’attenzione degli amanti del libro grazie all’uso delle illustrazioni originali di Josef Lada, che comparivano nel romanzo. Per il pubblico ceco, anche la voce del leggendario attore Jan Werich nel ruolo del narratore ha contribuito al successo, pur riconoscendo la bravura del regista e le sue scelte artistiche. Innanzitutto, Trnka capì che adattare il testo di Hašek sarebbe stato un incarico colossale. Decise, pertanto, di scegliere solo i migliori episodi del libro evitando così i difetti narrativi della scrittura dell’autore, un genio per quanto riguarda la descrizione dei personaggi ed i dialoghi, ma con uno stile narrativo non sempre convincente.
(Una scena con Rudolf Hrušínský – Foto: Czech Centre London)
La trasposizione cinematografica più famosa, diretta dal regista Karel Steklý nel 1956, vede la critica divisa tra una buona parte che la considera il miglior adattamento e la restante che la valuta come il peggiore. Ciononostante, bisogna elogiare il regista per la decisone di dividere il suo film in due parti: Dobrý voják Švejk del 1956 e Poslušně hlásím dell’anno successivo. Ma se i film hanno avuto successo è, soprattutto, grazie alla magistrale interpretazione dell’attore cecoslovacco più amato della sua generazione: Rudolf Hrušínský, il quale ci ha regalato sicuramente la miglior incarnazione cinematografica del personaggio, che appare, forse in modo ingannevole, come un idiota. La fedeltà al testo originale risulta essere sia un vantaggio che uno svantaggio. L’opera è riuscita a conservare lo spirito della scrittura di Hašek, ma ha perso un po’ di quell’ambiguità che caratterizzava il protagonista. Steklý pone l’accento sulla stupidità di Švejk mancando i bersagli principali dell’autore originale: la burocrazia e gli effetti sulla gente.
Ci vorrebbe un’altra pagina per parlare di tutte le versioni cinematografiche di Švejk, prodotte in diversi paesi quali l’ex Unione Sovietica, la Polonia, la Romania e, persino, il Regno Unito. Il film tedesco Der brave Soldat Schwejk (1960), in particolare, con l’attore Heinz Rühmann, riscontrò molto successo e fu nominato per il premio Golden Globe. Poi si potrebbe parlare dei tantissimi progetti mai realizzati come la versione proposta a Charlie Chaplin, un film che avrebbe avuto nel ruolo principale, l’icona del cinema noir, Peter Lorre (un attore a cui Hrušínský veniva spesso paragonato). Nell’ex-Cecoslovacchia è comunque evidente come la maggior parte dei film di guerra prodotti sia impregnata di un certo spirito “Švejkiano”, oltre a mettere in dubbio la moralità della guerra attraverso la commedia. Oltretutto, i discorsi nazionalisti, predominanti nei film di guerra di altri paesi, rimangono sullo sfondo nei corrispondenti film cechi, con poca enfasi sulle scene di combattimento. Il soldato molto semplice Ivan Chonkin (Život a neobyčejná dobrodružství vojáka Ivana Čonkina), diretto da Jiří Menzel nel 1994 e basato sul libro russo di Vladimir Vojnovich, è un segno che lo spirito vive ancora. Come in Švejk, i protagonisti non sono gli eroi del cinema di guerra di Hollywood, bensì persone normali che dimostrano le assurdità di un regime autoritario (in questo caso quello totalitario sovietico). Ed è proprio questo spirito che dimostra l’influenza del capolavoro di Jaroslav Hašek nella cultura ceca di oggi.
di Lawrence Formisano