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Il mondo del no-profit in Repubblica Ceca: da fondamento della vita democratica a bersaglio di media e politici

La Rivoluzione di Velluto fu spinta e sostenuta da quei gruppi di ciò che viene solitamente chiamata, un termine forse poco gentile per tutto il resto, la società civile. Cittadini interessati al bene comune che s’impegnano al di fuori di partiti e politica istituzionale; Charta77 è stato un figlio illustre di tale famiglia. Al trentesimo anniversario, logica vorrebbe che le organizzazioni non governative e no-profit vivano nell’accettazione e nel rispetto di un mondo che hanno contribuito a creare; eppure, la società civile ceca è spesso sotto attacco da parte di politica e media. Se da un lato è radicata nel paese, dall’altro la sua immagine presso l’opinione pubblica peggiora. L’ondata di populismo che ha scosso le società europee si fa sentire con forza. Oltre centoventimila associazioni registrate, 2810 società di soccorso, 1017 istituti, 556 fondazioni, 2017 fondi di sviluppo, 4138 organizzazioni ecclesiastiche. Il futuro del settore è a un bivio: da una parte la sua forza organizzativa lo vedrà vincente, attivo ed influente; dall’altra il rullo compressore delle destre populiste lo appiattirà sotto i tacchi del nazionalismo.

Un fascino in declino

Il preambolo della Costituzione, entrata in vigore nel 1993, riflette così la nuova Repubblica Ceca: “…uno Stato libero e democratico fondato sul rispetto dei diritti umani e sui principi della società civile…”; l’idea era proprio quella di renderla una pietra fondante del paese. Già a metà anni Novanta tuttavia l’associazionismo diventa uno dei tanti punti di scontro tra l’intellettuale Václav Havel e l’ultraliberista Václav Klaus. Paladino e quindi sostenitore il primo, antagonista di principio il secondo. “Se vogliono fare politica che si registrino come partito” è la sintesi di Klaus, che vede qualsiasi corpo intermedio nello Stato come un intralcio al libero mercato. La battaglia dei Václav è stata a lungo specchio della politica ceca – che oggi sceglie la soluzione di destra. “Durante la sua campagna (presidenziale), Miloš Zeman ha attaccato le organizzazioni della società civile che aiutavano i migranti. Altri rappresentanti governativi le hanno accusate di essere parassiti o nemici dello Stato. Tali organizzazioni sono state anche soggette a minacce ed accuse sui social media” è un impietoso paragrafo dell’ultimo report annuale dell’USaid – l’agenzia degli Stati Uniti per lo Sviluppo Internazionale – sulla situazione della società civile nei paesi dell’ex Europa socialista. Pubblicato a settembre 2019, vi si trova il segnale della disaffezione del paese. “Il termine no-profit evoca sentimenti di disonestà”, sentenzia il report.

A volte apprezzata

La stessa pubblicazione ricorda che la società è divisa: l’attenzione per gli animali, per il decoro e la cura per gli anziani, sono attività molto apprezzate; la negatività e l’antagonismo sono rivolti alle organizzazioni in soccorso di migranti, rifugiati e minoranze. Ci torneremo più avanti. Per un esempio felice incontriamo Anna Košlerová, della campagna #kafesbabi – l’hashtag è necessario, per la sua origine sui social network. “Si traduce in “un caffè con nonna” e si tratta semplicemente di questo; è una campagna per sviluppare il dialogo tra le generazioni, prevenire la solitudine negli anziani, incoraggiare i giovani a staccare gli occhi dal telefono e fare qualcosa per i propri cari”. Un’idea venuta nel 2016 a due amici che lanciano l’hashtag su Instagram; quando un’agenzia marketing ha promosso un concorso per premiare tre idee “altruiste”, #kafesbabi è stata selezionata e ha potuto godere di grande visibilità. “I cechi secondo me sono molto altruisti”, dice Anna “ma non bisogna chiedergli troppo tempo o impegno. Se possono donare qualcosa in modo facile e veloce, lo fanno volentieri. Ecco noi cerchiamo di chiedere l’opposto: non vogliamo soldi, vogliamo che sia dedicato del tempo”. Un messaggio semplice, positivo, apolitico, in un termine, che Anna usa consapevolmente: “non controverso”. Sa bene che il suo lavoro è solitamente apprezzato – anche se delle ombre arrivano sui commenti online, con i soliti: chi vi paga, chi c’è dietro, perché “nonna” e non “nonno”? (sic!). Lo scetticismo del pubblico cresce con l’ingrandirsi dei progetti. “Penso che questa società abbia un problema con la fiducia – e questo viene dal passato socialista, quando non solo non ci si fidava dello Stato ma nemmeno dei propri vicini. In qualche modo è comprensibile. Ma penso anche che questo Paese cadrebbe a pezzi se non fosse per il no-profit – sicurezza alimentare, educazione, cura degli emarginati, non esisterebbero allo stesso modo”.

A volte detestata

Tomáš Jungwirth è un ricercatore della Asociace pro mezinárodní otázky (Associazione per gli affari internazionali) e coordinatore del Centrum pro dopravu a energetiku (Centro per i trasporti e l’energia), due diversi enti no-profit; in passato ha però lavorato nella coordinazione delle associazioni ceche in aiuto di migranti e rifugiati – di conseguenza, nel bersaglio della campagna d’odio. “Il punto più basso secondo me è stato raggiunto nel 2016-2017, nel pieno della crisi migratoria. Mi sembra che la situazione stia già migliorando, ma certo non siamo ai livelli di dieci anni fa…” riflette Tomáš. “Insulti e, qualche volta, minacce, sono arrivati senz’altro. Ma altri se la sono vista peggio; le mie colleghe ad esempio, hanno ricevuto molto più odio di me. Le donne che lavorano in questo settore sono continuamente oggetto di insulti sessisti, minacce di violenza e il peggio che si può immaginare. E dato che la polizia tende a non prendere in considerazione i reati di “hate speech”, non c’è nessuna deterrenza a fermare insulti e aggressioni verbali”. Inquadrata la situazione, tuttavia, è d’obbligo chiedersi: a chi giova criticare la società civile? Per Tomáš la risposta non è semplice “A differenza di Ungheria e Polonia il nostro governo è guidato più da interessi economici che ideologie di sorta. Non penso che a Babiš interessi distruggere la società civile, ed è abbastanza scaltro da riconoscere la nostra capacità organizzativa” e forse è proprio questo uno dei motivi degli attacchi “perché oggi abbiamo un certo potere, più che in passato, nonostante il simbolismo sia venuto meno”. Tomáš ha comunque toni concilianti sulla politica attuale; anche in parlamento, nonostante non ci siano grandi supporter, è possibile trovare interlocutori, parlamentari dei partiti maggiori, persino tra Ano. A parte la questione migranti, ovviamente, dove i partiti fuggono da qualsiasi sostegno dichiarato – con l’eccezione del piccolo partito dei Verdi, ormai fuori dal Parlamento. Il “Rapporto sull’estremismo nel 2017” pubblicato dal Ministero degli interni ceco, confermava che “il populismo anti-migranti e anti-musulmani ha occupato lo spazio dei tradizionali gruppi estremisti di destra. […] Hanno adottato con successo la retorica degli estremisti. Come questi, usano campagne manipolative e contribuiscono a creare un’atmosfera di paura e a polarizzare la società. Hanno contribuito alla diffusione di opinioni d’odio nel pubblico”.

L’ondata “incivile” in Europa

Il 13 novembre 2019 il Ministero degli esteri russo ha reso noto che Člověk v tísni è stata inclusa nella lista di organizzazioni indesiderate e dunque vietata la sua presenza in Russia. Člověk v tísni, conosciuta nel mondo nella sua traduzione inglese People in Need, è la più importante Ong ceca e tra le maggiori dell’Europa centrale, fondata nel 1992 da Šimon Pánek, non a caso tra i leader studenteschi del 1989. Questi ha così commentato la notizia alla radio nazionale: “Lo consideriamo un riconoscimento per i dieci anni di duro lavoro che abbiamo fatto in Russia per sostenere la società civile. Mi sembra che ciò che abbiamo fatto sia stato significativo, e dunque questo è il motivo per cui siamo sulla lista”. La cacciata dell’organizzazione purtroppo non ha toni sorprendenti; sia per la Russia di oggi, sia per l’Europa di oggi – esempio su tutti l’Ungheria di Viktor Orbán, centro dell’isteria anti-Ong, dove una no-profit per occuparsi di migrazioni deve pagare una tassa speciale del 25%. Gli sviluppi politici nella scena internazionale hanno un’influenza importante sulla società ceca – inclusi i paesi dell’area mediterranea dove l’odio ai soccorsi in mare ha foraggiato di continuo destre e populisti. Tornando a Tomáš, “L’esempio ungherese, l’esempio polacco, per certi versi anche ciò che succede in Italia, sono immagini pericolose che mostrano come sia facile e possibile l’escalation da un ambiente poco o moderatamente ostile, all’essere definiti nemici dello Stato, fino a rischiare la confisca dei beni e la galera. Siamo a un bivio; non accadrà nessuna catastrofe, ma è meglio prepararsi lo stesso…”. Ci ricorda il celebre pessimismo della ragione, ottimismo della volontà.

di Giuseppe Picheca