ll filosofo ceco Vaclav Belohradsky boccia il successo di Top 09 e Affari pubblici: ma la Socialdemocrazia non recupererà presto consensi
Chi sperava di veder tramontare come era sorto il fenomeno dei nuovi partiti cechi – primi fra tutti i conservatori di Top 09 e i populisti di “Affari pubblici” – forse vedrà le sue speranze deluse. L’atavico pregiudizio degli elettori cechi nei confronti della politica, “presente da oltre 100 anni”, e che si trasforma “nell’esaltazione del nuovo”, potrebbe essere riconfermato anche nelle elezioni autunnali. Un giudizio secco quello di Vaclav Belohradsky, noto filosofo ceco che da anni vive e insegna in Italia. “Se qualcuno riesce a sventolare la bandiera del nuovo ha successo; e anche se di solito questo fenomeno è effimero e di breve durata – ha spiegato – in questo caso c’è un’eccezione. Il potere locale, soprattutto a Praga è stato dipinto come corrotto, e questa bandiera di difesa della legalità ha generato un consenso generale, in particolare per Affari pubblici”. Una situazione in cui difficilmente chi sventola invece la bandiera del sociale, come i Socialdemocratici del Cssd, potrà raggiungere gli obiettivi sperati, secondo Belohradsky.
“La sinistra non ha subito una grossa batosta nelle elezioni politiche e anzi ha leggermente aumentato i consensi. Il travolgente successo elettorale di Top 09 e di Affari pubblici è dovuto alle due grandi menzogne che si sono mostrate molto efficaci: la prima è che la Repubblica ceca rischiava la bancarotta come la Grecia. Fatto assolutamente falso: il debito pubblico ceco oscilla tra il 30 e il 40% del Pil, mentre in Italia è al 115%, in Germania all’80% e la media Ue è del 60%. La seconda poi consiste nell’uso spregiudicato dell’anticomunismo – ha continuato ancora il professore, che insegna Sociologia politica all’università di Trieste – Il leader Paroubek non è certo una persona politicamente estremista ma nonostante questo veniva dipinto come colui che avrebbe riportato il Paese indietro in conseguenza della progettata alleanza con i comunisti”.
E qui entra in gioco uno dei punti chiave che Belohradsky indica per comprendere la politica ceca dagli anni Novanta in poi: “Da tempo c’è un uso spregiudicato del comunismo per annullare ogni riflessione sul capitalismo globale e sulla cittadinanza sociale. Si demonizza ogni rappresentanza sindacale e si utilizza l´anticomunismo per indebolire ogni solidarietà sociale. In Repubblica ceca esiste una propaganda intensa contro ogni forma di solidarietà sociale – ha spiegato il filosofo ceco – Per esempio si parla spesso dello sfruttamento indebito dei sussidi di disoccupazione, sotto sotto si nasconde il razzismo, perché il riferimento implicito è ai Rom, che tradizionalmente vengono accusati di abusarne”.
Concetti che portano con sé un’idea di povertà come colpa individuale: “E’ necessario capire fin dove la gente si lascia paralizzare da questa ideologia. Personalmente non vedo nell’immediato la possibilità della Socialdemocrazia di recuperare la capacità di guadagnare consenso maggioritario perché questo uso terroristico della formula “sociale = comunismo” è molto diffuso e sarà difficile cambiare la situazione nell´immediato – è un problema di cultura politica”.
Populismo, anti-comunismo, una buona dose di nazionalismo e di euroscetticismo non mancano nella politica di questa destra di governo per Belohradsky: “Fino ad ora questa posizione ha avuto successo, ma la posta da pagare è terribile: il ticket per i farmaci per la pressione alta, per esempio, sono passati da 150 corone a 600. Questo governo, ha semplicemente trasferito il debito sui cittadini. Una posizione molto distante da quella europea – ha spiegato – Nell’esecutivo guidato da Petr Necas c’è una costante retorica anti-Ue, una presentazione del potere decisionale di Bruxelles come minaccia alla sovranità nazionale”. Basti pensare a una delle prime dichiarazioni del premier che ha da subito messo in chiaro che l’euro non è fra i compiti del suo governo.
Un esecutivo formato da Ods, Veci verejne (Affari pubblici) e Top 09 che potrebbe cozzare anche con l’amministrazione Obama, oltre che con Bruxelles sul piano della politica estera. Nonostante i proclami del ministro degli Esteri Karel Schwazenberg, sul “rifarsi una reputazione” in Europa e le dichiarazioni più o meno entusiastiche su un nuovo progetto di difesa antimissilistica statunitense sul territorio ceco le cose potrebbero non filare così lisce. “La mia convinzione è che l’attuale destra ceca sia anti-Obama perché anti-russa. Quando era ancora in piedi il progetto di scudo antimissilistico Usa, nel quale Praga avrebbe dovuto ospitare il radar, il precedente esecutivo lo appoggiava in funzione anti-Mosca e non anti-Iran. E chi protestava veniva considerato comunista ed accusato di essere “foraggiato dalla Russia”. Questa destra preferiva l’America di Bush, l´unilateralismo nella politica estera, non la politica di cooperazione e di multilateralismo proposta da Obama – specificamente nei confronti di Mosca e di Pechino”.
Di Daniela Mogavero