Il premier in visita in Italia: buono l’interscambio ma si può ancora migliorare. Opinioni discordanti su euro e Eurobond ma “siamo alleati molto vicini” su tanti temi
Dopo un tour da montagne russe tra Stati Uniti, Bruxelles, impegni casalinghi ed europei il primo ministro ceco Petr Nečas è giunto in una Roma primaverile per incontrare il presidente del Consiglio italiano Mario Monti. Un meeting amichevole e nel quale si è evidenziata un’unità di vedute su molti temi, ma non su tutti, come spiega lo stesso premier nell’assolato tardo pomeriggio romano nella sala riservata di un hotel di lusso sulla via della Dolce Vita. Affaticato dai molti impegni Nečas ha rinunciato anche alla passeggiata approntata per lui per le strade del centro della Capitale e si è concesso ore di riposo in albergo. Identità di opinioni sulle ottime relazioni tra Praga e Roma, in cui è possibile anche un miglioramento, stessa idea sulla disciplina fiscale e sulla responsabilità economica, ma alcuni punti di vista differenti esistono: primo fra tutti euro ed eurobond.
Primo ministro come è andato l’incontro con Monti?
La mia valutazione è molto positiva. Il premier Monti ha competenze economiche di alto livello e su molte questioni i nostri punti di vista sono molto simili e in qualche caso addirittura identici. Entrambi poniamo l’accento sulla disciplina fiscale e sulla responsabilità economica. E, inoltre, entrambi desideriamo il completamento del mercato unico interno all’Unione europea, auspicando poi l’aumento della competitività dell’Unione. Repubblica Ceca e Itala sono alleati molto vicini da questo punto di vista.
Qual è lo stato delle relazioni tra i due Paesi?
Posso dire che il rapporto tra Praga e Roma è molto buono: nel 2011 abbiamo raggiunto nove miliardi di interscambio commerciale. E voglio sottolineare che questo livello è superiore ai volumi del periodo pre-crisi. Nella mia visione c’è ancora molto spazio sia per l’incremento dell’interscambio sia per uno scambio di investimenti. L’Italia è la quarta economia d’Europa ma come investitore è ferma al 16esimo posto in Repubblica Ceca. Abbiamo l’interesse che questa posizione evolva e che anche le aziende ceche possano affacciarsi sul mercato italiano. La nostra economia è piccola ma molto aperta ed estremamente orientata all’export: da questo punto di vista il mercato italiano è molto importante.
Con il premier Monti concordate su molte cose, ma Praga è vicina all’asse Roma-Parigi sugli Eurobond?
Tra amici è normale che su molte cose si vada d’accordo e su alcune no. Noi guardiamo agli Eurobond in modo estremamente scettico, ma non facendo parte dell’Eurozona non ci sentiamo in diritto di dare consigli a chicchessia. Temiamo, però, che l’introduzione di questo strumento finanziario possa comportare l’aumento dell’azzardo morale nei Paesi dell’Ue e ciò potrebbe fiaccare la volontà di realizzare le riforme strutturali che sono necessarie. Ripeto che non facendo parte della zona euro, non partecipiamo alle trattative e se dovesse passare il principio degli Eurobond non ci metteremmo di traverso.
Praga ha a lungo procrastinato l’annuncio di una data per l’adozione della moneta unica europea. Qual è la posizione del governo oggi?
Posso confermare che l’adozione dell’euro è un impegno, preso con l’ingresso nell’Ue, e che vogliamo rispettare anche se non possiamo fissare una data. D’altra parte va riconosciuto che allo stato attuale non siamo in condizione di aderire all’Eurozona perché non soddisfiamo tutte le condizioni stabilite dall’accordo di Maastricht: il rapporto tra deficit e Pil è superiore al 3%. Ciò nonostante seguiamo con molta attenzione la rivoluzione della situazione e bisogna ammettere che oggi è ben diversa da quella in cui noi stavamo valutando di aderire. Nella prima metà del decennio scorso, infatti, era in vigore il principio che gli altri stati non garantiscono per i debiti di Paesi terzi, un caposaldo che non vale più oggi.
All’inizio dell’anno la posizione del suo governo su alcune misure anti-crisi a livello europeo, come il Fiscal Compact, era stata molto critica. Dopo le proteste di piazza contro le misure di austerità del governo, situazione simile all’Italia, l’atteggiamento sembra più ammorbidito.
Posso dire senza timore che un governo che desideri praticare la politica di responsabilità e disciplina fiscale e di bilancio è automaticamente esposto a proteste e pressioni. Da questo punto di vista non credo ci siano differenze tra Praga e Roma. Sul Fiscal Compact, invece, il nostro atteggiamento non è cambiato e abbiamo una serie di obiezioni concrete: in particolare siamo contrari al fatto che tra le regole generali non sia stato incluso l’obbligo di tenere il debito pubblico a un certo livello. Nel nostro Paese non c’è consenso per il processo di ratifica ma vediamo l’argomento come una “questione aperta” e non escludiamo di aderire in futuro.
La crisi e le misure di austerità adottate dai governi di mezza Europa hanno portato alla vittoria delle “sinistre” in diversi Paesi, Francia, Italia e Germania in primis. Che ne pensa?
Le elezioni sono una cosa ma pensare al futuro di un Paese è un discorso diverso. L’Europa deve consolidare le proprie finanze pubbliche, ridurre il proprio indebitamento e mantenere la disciplina di bilancio, quindi non può più vivere a scapito delle prossime generazioni: occorrono riforme strutturali profonde, modernizzare l’economia e renderla più competitiva se non vogliamo diventare una specie di zona decadente dell’economia globalizzata. Naturalmente molte di queste riforme sono dolorose e impopolari, ma giuste e nel lungo periodo porteranno frutti all’Europa.
di Daniela Mogavero