A oltre dodici anni dal rientro sul mercato ceco, il porto di Trieste sta cercando di rafforzare la sua posizione di scalo container in Repubblica Ceca e, in particolare, in Boemia. Quali prospettive e problemi per questa sfida logistica?
Quasi un evento storico. Il 17 luglio del 2008 arrivava all’interporto di Lovosice, cittadina situata nella zona nord-occidentale della Boemia, il primo treno della linea merci diretta dal porto di Trieste. A novant’anni dalla dissoluzione dell’Impero austro-ungarico, la città giuliana ritrovava un suo spazio nel trasporto dei beni industriali da e per la Boemia. All’inizio la tratta fu servita una volta alla settimana e le previsioni più ottimistiche parlavano di un aumento progressivo fino a cinque collegamenti settimanali. Complici la crisi economica e il calo drastico dei prezzi del trasporto su gomma, alla fine il BohemiaExpress tra Lovosice e Trieste ha cessato il suo servizio solo pochi anni dopo l’inaugurazione.
Dodici anni di sviluppo
Molti triestini ricordano spesso l’ex appartenenza comune all’Impero austro-ungarico, quando la loro città diventò un fiorente centro metropolitano (per poi assumere un ruolo più periferico all’interno dello Stato italiano), e non si arrendono di fronte ai molteplici confini e barriere che nel corso dell’ultimo secolo si sono inseriti tra la loro città e Praga. D’altronde, l’ambizione non manca di certo: il porto di Trieste, insieme agli altri scali dell’Adriatico settentrionale, vorrebbe diventare uno dei principali approdi della nuova Via della Seta cinese. “Le navi in arrivo dall’Estremo Oriente possono risparmiare fino a 3-5 giorni di navigazione nel raggiungere il cuore dell’Europa via Trieste, rispetto ai porti del Nord Europa” fanno sapere dall’autorità portuale, a sottolineare il principale vantaggio competitivo del proprio scalo. Non appare temibile, vista dalla Torre del Lloyd, neppure la concorrenza del porto ateniese del Pireo, considerato troppo defilato rispetto ai mercati di riferimento del centro Europa.
Qualche spiraglio di ottimismo lo danno certamente i numeri degli ultimi anni. I grandi incrementi riguardano soprattutto il movimento dei container. Se nel 2009, per effetti della recessione, il movimento dei container si era ridotto a 277.000 Teu (l’unità di misura standard di volume in questo tipo di trasporto, un Teu equivale a circa 40 metri cubi), neppure dieci anni dopo, nel 2017, il volume era più che raddoppiato a 616.000 Teu. “L’obbiettivo è di arrivare a un milione di container nei prossimi anni” specifica Zeno D’Agostino, presidente dell’Autorità Portuale. Particolarmente importante nella dinamica dello scalo merci è il trasporto dei camion a bordo dei traghetti, detto ro-ro, soprattutto dalla Turchia, tant’è che una società turca, la Ekol, ha acquisito nel 2016 il terminal traghetti del porto. Ben presente anche la società Msc coi suoi cargo dall’Estremo Oriente. Il settore dove lo scalo marittimo di Trieste primeggia, con un volume di quasi 44 milioni di tonnellate, è il trasporto di carburanti e liquidi. È qui che arrivano le petroliere il cui carico va ad alimentare l’Oleodotto Transalpino (Tal), che copre fino al quaranta percento del fabbisogno tedesco. Tramite l’oleodotto Ingolstadt – Kralupy nad Vltavou il Tal copre una parte fondamentale del fabbisogno di petrolio grezzo ceco creando un’importante alternativa all’oleodotto russo Družba.
Nonostante le performances positive, Trieste rimane, nel settore merce e container, un porto di media grandezza. Il vicino porto di Koper (Capodistria) ha registrato nel 2017 un flusso di 911.500 container e un volume merci simile a quello dello scalo giuliano (circa 18 milioni di tonnellate). Cifre incomparabili ad Amburgo, dove in un anno si muovono 8,8 milioni di container e un volume merci di circa 130 milioni di tonnellate. Solo dal porto tedesco si muovono 460.000 container all’anno verso Repubblica Ceca e Slovacchia, di cui il novanta percento si sposta su rotaia. Verso i due paesi partono da Amburgo 120 treni alla settimana, da Trieste undici.
L’importanza della ferrovia
La crescita degli ultimi anni è, in larga parte, anche frutto del potenziamento delle infrastrutture d’entrata e di uscita dal porto di Trieste. Per quanto riguarda i mercati esteri – ai quali si rivolge il novanta percento del flusso merci in transito, l’infrastruttura chiave è la rete ferroviaria. “Tutto quello che facciamo è collegato alla ferrovia. Lo sviluppo ferroviario del porto sta conoscendo una crescita senza precedenti, dai 5.980 treni del 2015, siamo passati a 8.681 nel 2017 e puntiamo a toccare quota 10.000 a chiusura 2018” ha sottolineato Zeno D’Agostino durante la presentazione del porto di Trieste a Praga avvenuta lo scorso 6 giugno, in collaborazione con la Camera di Commercio e dell’Industria Italo-Ceca e con il patrocinio dell’Ambasciata d’Italia a Praga.
Nei confronti dei paesi del centro Europa Trieste è particolarmente ben posizionata grazie ai corridoi europei Baltico-Adriatico, che collega la città con l’Austria, la Slovacchia, la Moravia e la Polonia, e quello Mediterraneo con capolinea a Budapest. Inoltre la vicinanza al fondamentale corridoio ScanMed permette di raggiungere anche la Germania e i Paesi scandinavi, come mostra l’esempio del nuovo collegamento con treno intermodale con Kiel e Göteborg.
Anche la Repubblica Ceca ha saputo trarre vantaggio da questo potenziamento, soprattutto per quanto riguarda la Moravia. Il corridoio Baltico-Adriatico infatti passa per la tratta Břeclav – Bohumín attraversando la seconda regione storica della Repubblica Ceca. Già oggi verso l’interporto di Ostrava-Paskov vengono diretti sette treni (tre gestiti da Ekol e quattro da Msc) alla settimana. Un’ulteriore spinta su questa direttrice ferroviaria sarà data probabilmente dal recente accordo sullo sviluppo dei nuovi servizi sul Corridoio Baltico-Adriatico firmato a settembre tra Mercitalia e il gruppo polacco Pkp Cargo. Quest’ultimo è proprietario tramite la sua controllata ceca Advanced World Transport (ex Okd Doprava, secondo trasportatore ferroviario merci in Rep. Ceca) dell’interporto di Paskov. Neppure questo tipo di trasporto è però scevro da problemi. Soprattutto sul difficile territorio austriaco ci sono degli autentici colli di bottiglia, che potranno essere superati solo con il completamento della nuova tratta Koralmbahn e della galleria di base del Semmering, previsto per il 2026. Inoltre i trasportatori lamentano che i canoni negli interporti privati, come quello di Paskov, siano troppo alti abbassando la competitività del trasporto ferroviario. In questo caso potrebbero aiutare i nuovi stanziamenti da fondi europei: il bando riguardante gli interporti è stato indetto in ottobre di quest’anno.
Ma i problemi con il trasporto ferroviario verso la Moravia sono nulla rispetto alla situazione della Boemia e di Praga. In questo caso il collegamento ferroviario con Trieste è vittima del pessimo stato delle direttrici verso la Germania. “Oggi a sostenere il peso di tutto il traffico ferroviario verso la Germania è il punto di frontiera Děčín-Bad Schandau”, lamenta l’associazione dei trasportatori ferroviari Žesnad. Questo fatto ovviamente favorisce fortemente i porti del nord, che riescono a garantire tempi di percorrenza molto più ridotti rispetto a Trieste, che in questo modo perde in parte il suo vantaggio temporale. Paradossalmente, la Boemia si trova isolata dalla Baviera, una delle regioni più ricche e industrializzate in Europa. E la situazione non sembra dover migliorare in tempi brevi. L’amministratore delle strade ferrate ceche, la Sždc, ha deciso in primavera di quest’anno di modernizzare la direttrice Plzeň-Furth in Wald mantenendo il profilo a binario unico, mentre i trasportatori chiedevano il doppio binario. “Questa tratta, a condizioni di partenza simili, potrebbe raggiungere volumi di traffico simili alla tratta per Děčín, ossia cento treni al giorno” indicano i trasportatori. Tra questi cento treni potrebbero essercene alcuni partiti dalle banchine marittime di Trieste e arrivati in Baviera via Brennero, così evitando i colli di bottiglia presenti nella circolazione ferroviaria tra Moravia e Boemia. Se questo non dovesse avvenire, la Boemia e Praga rimarrebbero una zona d’ombra per il porto di Trieste.
di Giacomo Dei Tamburi