Dopo il fallimento del sindaco Adriana Krnáčová, gli elettori praghesi hanno deciso di rinnovare fortemente la scena politica della capitale affidandosi a nuovi partiti e movimenti civici
Consiglio comunale diviso in cinque schieramenti di consistenza quasi uguale, uscita di scena di partiti storici e bocciatura del movimento Ano 2011. Le elezioni comunali dello scorso ottobre hanno creato una situazione inedita a Praga aprendo la strada a una coalizione difficilmente qualificabile a livello nazionale.
Assalto pirata
Il voto degli abitanti ha distribuito le carte tra i partiti con grande equilibrio: i tre gruppi della attuale maggioranza – Pirati, Praha Sobě (Praga per sé) e Spojené síly pro Prahu (Forze unite per Praga) – hanno a pari merito 13 consiglieri (ma i Pirati hanno più suffragi), l’Ods può contare su 14 consiglieri e Ano, il gruppo più piccolo, su 12. Sono scomparsi partiti tradizionali della scena della capitale come i Verdi e i Socialdemocratici. Quest’ultimi partecipavano, praticamente senza interruzioni, al governo di Praga fin dal 1998. Se la passa appena meglio l’Ods, che è arrivato primo ma ha scontato un forte isolamento. Gli anni in cui si diceva che a Praga avrebbe vinto le municipali anche la racchetta da tennis di Václav Klaus, sono un’epoca lontana.
In questo equilibrio l’ha spuntata una triade di forze nuove, ma non del tutto inedite. Il Partito Pirata ha alle spalle una lunga presenza sulla scena della politica praghese, prima tra le assemblee cittadine e poi nel consiglio comunale. Tra i banchi del consiglio i Pirati hanno condotto una forte opposizione incentrata su trasparenza, buon funzionamento della città e tecnologie digitali. Il movimento Praha Sobě arriva da Praga 7, dove quattro anni fa vinse un gruppo di attivisti civici ottenendo la maggioranza del consiglio della circoscrizione. Il movimento – nato sull’onda dell’indignazione per un controverso progetto per la costruzione di una nuova sede municipale – è guidato da un giovane professore di latino, Jan Čižinský, che in questi ultimi anni è diventato il più popolare fra i sindaci delle circoscrizioni praghesi. In ottobre il movimento ha confermato il consenso di cui gode, ottenendo percentuali bulgare a Praga 7.
Proviene dagli ambienti più classici del centro la formazione Forze unite per Praga, nata dalla fusione a freddo dei partiti del centrodestra Top 09 e Stan. Pur facendo parte dell’establishment cittadino, la formazione ha cercato di presentare facce nuove, o almeno più presentabili, retrocedendo alcune figure del passato, come l’ex sindaco di Praga 1, Oldřich Lomecký. Al timone del cartello Jiří Pospíšil, europarlamentare e segretario generale di Top 09.
Grazie a questa maggioranza è arrivato alla guida della città il pirata Zdeněk Hřib. Laurea in medicina e carriera in tecnologie applicate per il campo medico, Hřib è rappresentante delle nuove generazioni praghesi: nato fuori dalla capitale (a Slavičín, nella regione di Zlín), arriva in città per studi universitari, dove poi trova anche lavoro e mette su famiglia. Con Hřib i pirati sono riusciti a imporre anche la regola del non cumulo dei mandati mettendo fuori dalla giunta i leader delle due alleanze alleate: Čižinský rimarrà a fare il sindaco a Praga 7 e Pospíšil manterrà il seggio a Bruxelles. Gestire un ménage à trois, con soci praticamente del medesimo peso, può rivelarsi un’impresa ardua. D’altra parte, a meno di sconfessioni clamorose di quanto detto in campagna elettorale, non sembrano esserci alternative all’attuale alleanza, che dispone di una comoda maggioranza nel consiglio. E grazie al sistema proporzionale si può cambiare il cavallo anche a metà corsa, qualora quello di partenza non dia prova di performance brillanti.
Se la nuova alleanza è inedita, i suoi obiettivi non appaiono rivoluzionari. Il primo obiettivo della nuova giunta riguarda la macchina municipale, che negli ultimi quattro anni ha dato segno di inefficienze e veri e propri cedimenti. Questione emblematica, quella dei ponti sulla Moldava, che, dopo la rovinosa caduta della passerella per i pedoni sul Císařský ostrov, sono diventati oggetto di attenzione straordinaria.
Alla lotta alla corruzione, sempre presente nei programmi elettorali, si è aggiunta la lotta all’inerzia, che ha caratterizzato la stagione della sindaco Adriana Krnáčová, a capo di una variegata maggioranza che si reggeva grazie a un solo voto in più. A Praga, la massima andreottiana del “meglio tirare a campare che tirare le cuoia” non ha funzionato. Sui grandi progetti infrastrutturali, quali la nuova linea D della metropolitana o il completamento della circonvallazione interna, le forze appaiono prudenti promettendo un maggiore slancio nella preparazione dei progetti. Sul tema delle politiche abitative le idee appaiono confuse tra tentativi di ridurre la lunghezza degli iter amministrativi e un intervento diretto del municipio sul mercato.
Stella rossa su Praga?
Il profondo cambiamento non riguarda solo i referenti politici ma anche gli orientamenti valoriali. Sono archiviati nel passato i tempi in cui l’elettorato praghese manifestava con il proprio voto la sua forte adesione ai valori di mercato e della libertà personale ed economica, rappresentata dai partiti della destra. Da anni l’elettorato della capitale è attraversato da nuove linee di conflitto politico. Una di queste riguarda la viabilità, soprattutto la questione delle automobili in città, dei trasporti pubblici o della presenza di nuovi mezzi, come le biciclette. Altra linea di conflitto è la questione abitativa, che non avrà una risoluzione immediata. Da una parte la destra insiste sulla vecchia ricetta della libera impresa di mercato e dell’abbattimento della burocrazia, lasciando il tutto alla famosa mano invisibile, dall’altra parte le nuove forze hanno una maggiore attenzione verso l’intervento pubblico, quale l’edilizia popolare, il sostegno alle cooperative, la limitazione di Airbnb (e piattaforme simili) e il recupero delle case sfitte. In forte aumento anche l’attenzione verso l’urbanistica e la gestione degli spazi e dei beni comuni, che ormai una larga fetta della popolazione ritiene imprescindibili per il raggiungimento di un loro personale benessere.
Questo non significa che sul cielo di Praga abbia cominciato a brillare la stella rossa di un neocomunismo, come suggerito da alcuni osservatori politici cechi. Praga si avvicina per tematiche e orientamento politico alle altre capitali e centri economici europei come Berlino, Vienna, Parigi, Milano, Londra o Barcellona. Inoltre questa evoluzione politica è ben osservabile anche in altre metropoli del centro-est Europa, che sembrano uscire definitivamente dalla prima era post-comunista, caratterizzata da un liberalismo di destra molto naif. Come sottolineato spesso dalla geografia critica (e marxista), questo specifico orientamento politico dei grandi centri verso il centrosinistra liberal è in larga misura frutto dell’integrazione delle metropoli negli ingenti flussi del capitale globalizzato. Un prezzo politico di questo successo è il progressivo estraniamento delle capitali nei confronti del resto del Paese. Un sentimento che nel caso di Praga perdura ormai da molti anni.
Il partito anti-praghese?
Gli esiti del voto di Praga, e gli eventuali risultati della nuova giunta, potrebbero cambiare la situazione politica nazionale. Sono in molti a chiederselo. La conformazione elettorale praghese è un unicum: quel che funziona a Praga solitamente non è direttamente esportabile su scala nazionale. Un messaggio diretto arriva invece ad Andrej Babiš, che ha speso una cifra senza pari per la campagna elettorale nella capitale; l’elettorato urbano del centrodestra si sta progressivamente allontanando dal movimento Ano sospinto via non solo dai guai giudiziari del leader ma anche dalla linea politica del governo troppo schiacciata sui temi della sinistra tradizionale. Sintomi di questo malessere sono arrivati anche dal sindaco di Ostrava Tomáš Macura, unico dei sindaci della triade delle grandi città rimasto in sella. Per mantenere le preferenze oltre il trenta percento, il premier si trova a un bivio tra i tentativi di riconquistare questo elettorato oppure cercare di saccheggiare le ultime riserve di voti dei malandati partiti della sinistra tradizionale, ma anche dell’Spd di Tomio Okamura. Nel secondo caso Ano diventerebbe un partito anti-praghese con tutte le conseguenze del caso.
di Jakub Horňáček