Boom di spesa per la Difesa e un programma a nove zeri per gli armamenti. Ce ne parla in una intervista il ministro Martin Stropnický
Da una parte le richieste della Nato ai suoi alleati per eserciti efficienti e moderni, dall’altra l’aumento delle minacce terroristiche internazionali, dall’altra ancora la pressione dei produttori di armi e mezzi di difesa per un aumento della spesa, e infine, la necessità di un ammodernamento delle dotazioni dell’esercito ceco, quasi ferme alla produzione sovietica.
Questi i lati di un quadrato perfetto in cui si inserisce la strategia di riarmo annunciata dal ministro della Difesa Martin Stropnický, la più imponente della storia della Repubblica Ceca e che prevede nei prossimi 10 anni una spesa di 460 miliardi di corone (circa 17 miliardi di euro).
“In Repubblica Ceca, siamo ben consapevoli del fatto che la situazione della sicurezza globale si sia nettamente deteriorata negli ultimi anni e che la sicurezza del paese è indivisibile da quella dell’area Euro-Atlantica – ha spiegato il ministro in una intervista rilasciata a Progetto Repubblica Ceca. – Questi sviluppi non hanno trovato un riscontro nella spesa per il settore della Difesa ceco: la percentuale di Pil investita in questo settore è calata in maniera costante dal 2009 al 2014. L’esecutivo di cui faccio parte come ministro è il primo che ha avviato un aumento progressivo della spesa per la Difesa per raggiungere l’1,4% del Pil nel 2020 – ha sottolineato Stropnický. – Dal 2015 abbiamo registrato una ripresa della crescita degli stanziamenti con un notevole aumento del 10% soltanto quest’anno. La percentuale dovrebbe essere mantenuta negli anni a venire”.
L’obiettivo dell’ambizioso programma è in primo luogo quello di cancellare le tracce e la dipendenza dalle armi obsolete risalenti ancora alla produzione sovietica. Per ottenere lo scopo “oltre all’aumento della spesa, dovremo elevare in maniera significativa i livelli del personale, sia nelle Forze Armate ceche sia tra i riservisti attivi. L’obiettivo è di aumentare il personale dai 22mila in servizio attivo oggi a 27mila e i riservisti da 1.500 a 5.000”. E secondo il ministro sono numeri più che realistici perché l’interesse per l’arruolamento tra i giovani è molto alto: “Abbiamo raggiunto il 100% degli obiettivi di reclutamento e per esempio, abbiamo registrato 2.000 nuove reclute” nel 2016, soglia massima per quest’anno.
“Il nostro principale obiettivo nel prossimo futuro è di reclutare e stabilizzare il personale militare e assicurarci che i progetti chiave di modernizzazione in supporto delle Forze di terra e di quelle dell’Aeronautica siano completati, e realizzare gli investimenti necessari nelle infrastrutture di difesa. Negli ultimi anni si è accumulato un debito di investimenti rimandati enorme, che cerchiamo di gestire progressivamente”, ha spiegato il ministro. E se l’area dell’aumento del personale militare e degli effettivi è fondamentale, la partita più grossa è quella della spesa per armamenti. Secondo il programma del ministero la spesa per questo settore è stata di 43,8 miliardi di corone nel 2015 (1,6 miliardi di euro), sarà di 47,8 nel 2016 (1,76 miliardi di euro), 52,5 miliardi di corone nel 2017 (1,9 miliardi di euro), fino a raggiungere 63 miliardi nel 2019 (2,3 miliardi di euro). Cifre di assoluto rispetto per un Paese che – dopo la flessione delle sue industrie militari seguita alla caduta del Muro di Berlino – nel 2015 ha registrato una crescita dell’export di armi e di materiale di uso militare pari a 15,13 miliardi di corone (566 milioni di euro), rispetto agli 11,77 miliardi del 2014 (435 milioni di euro).
E proprio a queste, le rampanti aziende ceche, il ministero guarda con particolare interesse. “La cooperazione e le relazioni con l’industria locale della difesa sono ai livelli più alti di sempre. C’è una comunicazione reale e la condivisione di informazioni tra il ministero e i rappresentanti dell’industria della difesa e della sicurezza – ha confermato Stropnický. – Recentemente abbiamo presentato i nostri principali obiettivi di acquisizioni ai nostri partner delle industrie ceche specializzate nel segmento della Difesa” e in questa prospettiva “siamo interessati a un coinvolgimento forte dei fornitori cechi, per i quali è essenziale generare capacità di produzione per una rapida consegna in caso di necessità per crisi o emergenze nazionali”.
Ecco allora nel dettaglio dove dovrà spendere il ministero e quali sono i partner nazionali ed esteri con cui concluderà affari Praga nei prossimi anni. Per quanto riguarda le forze di terra, troppo a lungo trascurate secondo Stropnický, gli investimenti dovranno essere fatti sui mezzi corazzati, mezzi per trasporto fuoristrada ed elicotteri. Sul primo fronte sembra accreditata la Zetor Engineering di Brno che sta sviluppando moderni mezzi militari blindati cingolati IFV Wolfdog. Questi potrebbero nei prossimi anni sostituire gli attuali e ormai antiquati anfibi Bvp-2, inserendosi nella gara d’appalto per 200 nuovi blindati da 50 miliardi di corone (1,8 miliardi di euro). Il ministero della Difesa potrebbe anche acquistare entro il 2025 un lotto di carri armati per sostituire i T-72 di produzione sovietica. In questo caso, però, la scelta dovrebbe cadere sui Leopard tedeschi. Inoltre il ministero ha in programma una commessa da venti miliardi di corone (720 milioni di euro) per comprare 300 veicoli corazzati Titus 6X6, prodotti dalla Tatra di Jaroslav Strnad insieme alla francese Nexter. La fornitura dovrebbe essere realizzata nel quinquennio 2019-2023, in diverse tranche.
Numeri enormi a cui si affiancano altre spese per gli elicotteri. In questa partita entra anche un po’ di Italia con gli elicotteri AW139 di Agusta Westland, che recentemente sembrano essere tornati favoriti nella gara miliardaria. Secondo indiscrezioni, gli elicotteri italiani avrebbero riguadagnato posizioni perché gli UH-1Y Venom dell’americana Bell Helicopter non sarebbero del tutto in linea coi parametri richiesti.
I settori di spesa sono veramente innumerevoli, dalla necessità di nuovi giubbotti anti-proiettile per i soldati in Afghanistan, all’acquisizione di fucili di precisione per i tiratori scelti. Intanto i governi di Francia, Israele e Svezia hanno presentato al ministero ceco le offerte per la fornitura di otto nuovi radar 3D Madr (Mobile Air Defence Radar), una operazione da 3,6 miliardi di corone (133 milioni di euro). La Difesa ceca vuole effettuare la scelta finale entro fine anno. Infine, ma non da meno, il progetto per un nuovo sistema missilistico, che sostituisca l’ormai obsoleto antiaereo 2K12 Ku. Un’operazione che potrebbe richiedere secondo gli esperti una spesa di decine di miliardi di corone. Già interpellati cinque produttori, fra cui Mbds, Eads e Raytheon. Uno degli argomenti a sostegno di questa operazione è la necessità di difendere, in caso di attacchi, i siti nucleari.
Questi i numeri che dovrebbero far avvicinare Praga alle richieste di spese per la Difesa che la Nato fa ai suoi membri, il 2% del Pil. Un altro fronte che potrebbe dare slancio al settore è quello della difesa comune europea. La Ue, secondo il premier Bohuslav Sobotka, non può fare a meno di un esercito comune e l’attuale evolversi della situazione in Europa dimostra quanto sia importante l’appartenenza alla Nato e alla Ue. Posizione confermata dal ministro della Difesa: “Se l’area europea deve rimanere stabile ed economicamente prospera, le forze armate ceche devono contribuire il più possibile per costruire una difesa comune nell’ambito della Nato e dell’Ue. Gli stati membri Ue dovrebbero investire di più nella Difesa e cercare di rafforzare la loro capacità militare. E questo sforzo dovrebbe rimanere comunque complementare alle attività della Nato per evitare duplicazioni. Per la Repubblica Ceca – ha concluso il ministro – la partecipazione attiva nel sistema di difesa collettivo Nato che poggia su relazioni transatlantiche forti resta centrale”.
di Daniela Mogavero