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Alimento tradizionale dell’Europa centrale, la carpa è la vera protagonista della cena della Vigilia

Gli allevamenti della Boemia meridionale, traino dell’economia ittica, sono un patrimonio con oltre sette secoli di storia

Labbra marcate, occhi rotondi e pancia grossa, la carpa riveste un ruolo significativo nella cultura ceca. L’aspetto ne fa un eroe delle favole illustrate ma soprattutto è il simbolo per eccellenza delle festività natalizie e la specie che domina il mercato ittico. Chi risiede in località marittime storce il naso davanti a questo pesce grasso e ricco di spine che vive tra fango e acqua stagnante ma per un Paese senza accesso al mare, presenta il vantaggio di essere allevata in laghi artificiali. Diffusa già nel medioevo, era una preziosa fonte di proteine per i giorni di magro imposti dal cristianesimo.

L’acquacoltura d’acqua dolce è una parte importante del settore agricolo della Repubblica Ceca. Stagni e laghi coprono una superficie di 52mila ettari, di cui 41mila adibiti all’allevamento. La produzione annua supera le 20mila tonnellate e la carpa comune costituisce circa il 90%. Il 40% circa del totale è esportato, perlopiù in Germania, Polonia e Slovacchia, il resto si vende direttamente al pubblico e alla ristorazione locale, in primis alla clientela vietnamita, ghiotta di carpe.

Nonostante la siccità dei mesi estivi e un inverno mite, quest’anno la produzione è nella media e i prezzi delle carpe di Natale non subiranno rincari. Le più economiche sono quelle di Nové Hrady, le più costose quelle di Třeboň, famosa in tutto il Paese come la patria della carpa locale, tanto che è proprio una statua che la raffigura a dare il benvenuto in città ai turisti. Una visita agli stagni nel periodo della pesca autunnale, che fra ottobre e novembre segna il culmine dell’attività ittica, consente di acquistare il pesce a prezzi molto convenienti, assistere alle dimostrazioni del mestiere di pescatore e gustare le varie specialità dei chioschi.

L’azienda Rybářství Třeboň è il maggior produttore di pesce d’acqua dolce in Repubblica Ceca, fornisce 3200 tonnellate annuali di pescato, il 15% della produzione totale. Gestisce centinaia di stagni e peschiere, sorti alla fine del medioevo, che occupano l’area della Boemia del sud fra i distretti di Jindřichův Hradec, České Budějovice e Tábor, ovvero la Zona paesaggistica protetta Třeboňsko e riserva della biosfera Unesco.

La “carpa di Třeboň” è garanzia di qualità, dal 2007 vanta l’Indicazione geografica Protetta. Il marchio è ben più datato, già nel 1939 fu registrato il marchio illustrato “La carpa di Třeboň è l’orgoglio della cucina”. La qualità si deve all’habitat puro del bacino di Třeboň, a un’alimentazione naturale e all’uso di moderne tecnologie. Le carpe destinate al mercato pesano da 1 a 3 kg ma possono raggiungerne anche 20. Il più grosso esemplare ceco pesa 24 kg; è il nuovo ospite dell’esposizione “Acqua viva” a Modrá, distretto di Uherské Hradiště, dove si può osservare la vita degli stagni otto metri sotto la superficie.

La pesca si diffonde nel Trecento, quando i cavalieri tornano dalle spedizioni di guerra con nuove conoscenze a riguardo. Come altri campi culturali ed economici, anche l’allevamento delle carpe decolla sotto il regno di Carlo IV. Attento alla prosperità delle terre, il re fa costruire laghi e stagni, soprattutto nell’area di Třeboň. L’epoca d’oro è però legata a noti mastri del XVI secolo, Štěpánek Netolický e Jakub Krčín di Jelčany. Netolický, al servizio dei Rožmberk, all’inizio del secolo introduce migliorie nel metodo di allevamento, fa realizzare la rete di stagni e fonda il canale Zlatá stoka che li alimenta con l’acqua del fiume Lužnice. Riprende la sua opera Jakub Krčín di Jelčany, nella seconda metà del Cinquecento. Amplia gli stagni esistenti e fonda altri dalle dimensioni imponenti, come Svět e Rožmberk, che con 647 ettari è il più grande del Paese, soprannominato “il mare ceco”. All’epoca era due volte più vasto ma la superficie è stata ridotta per favorire l’allevamento.

Dopo il lungo arresto dovuto alla Guerra dei trent’anni, la rinascita arriva nella seconda metà dell’Ottocento, quando a guidare il dominio di Třeboň c’è Josef Šusta, fondatore della moderna attività ittica ceca. Pubblica studi storici sulle nozioni di pesca, introduce nuovi metodi tuttora in uso e la carpa liscia, è lui a ingentilire la razza che in seguito sarà denominata “carpa di Třeboň”.

Frutto degli studi attuali, la novità del 2014 è una carpa più sana. Gli esperti della Facoltà di piscicoltura e tutela delle acque dell’Università della Boemia del sud ne mettono in vendita dieci tonnellate. Assieme agli specialisti dell’ospedale Ikem di Praga hanno ideato un mangime che aumenta la quantità di omega3 contenuta nella loro carne, sostanza che protegge il cuore e abbassa il livello di grassi e colesterolo nel sangue. “Speciale sarà solo il prezzo più alto”, il commento più diffuso che accompagna la notizia in rete.

I cechi tuttavia non rinunciano alla carpa, immancabile ospite d’onore del banchetto natalizio. Il piatto principale della cena della vigilia consiste in carpa fritta e insalata di patate. Mangiare pesce è una tradizione piuttosto recente, si è imposta solo nella seconda metà del XIX secolo, prima potevano permetterselo solo le famiglie più ricche. Un tempo la pietanza classica era la carpa “in nero” che si cuoceva tre giorni prima in una salsa di prugne, uvetta, noci e mandorle, pan di zenzero sbriciolato e birra. La più antica ricetta fu scritta nel 1810. La lunga preparazione portò a sostituirla con la versione fritta, attinta dalle ricette austriache e già presente nel ricettario Domácí kuchařka di Magdaléna Dobromila Rettigová del 1895, il primo libro di cucina scritto in ceco all’epoca della rinascita nazionale.

Alla carpa è anche legato uno dei riti che accompagnano il Natale. È consuetudine mettere una squama, simbolo di ricchezza, sotto i piatti dei commensali che la conservano nel portafoglio perché porti fortuna e guadagno nell’anno che verrà. In campagna si seppellivano sotto gli alberi da frutto per avere un buon raccolto.

Un’altra tradizione riguarda la vendita. Ogni anno, a dicembre, le strade e le piazze di ogni angolo del Paese sono affollate da ampi contenitori pieni d’acqua e di carpe e milioni di cechi fanno la fila per comprarsi la cena di Natale. Al momento di servirli il pescivendolo, con i vestiti imbrattati di sangue, pone la fatidica domanda: la ammazziamo o no? L’usanza più colorita consiste infatti nel portare a casa il pesciolone e lasciarlo sguazzare nella vasca da bagno fino alla vigilia.

Il massacro delle carpe senza dubbio sorprende gli stranieri. Alla domanda di un noto quotidiano “cosa vi ha stupito di più alla vostra prima visita in Cechia?”, l’ex direttore artistico dell’Opera di Praga, lo sloveno Rok Rappl, ha risposto: “L’assassinio delle carpe nel periodo natalizio e la neve insanguinata sulle strade. In Slovenia non si vede una cosa così”. Uno spettacolo che può anche infastidire. Lo scorso anno ha destato polemiche uno stand sistemato davanti all’entrata di un ristorante vegetariano, i clienti erano costretti a pranzare con la terribile scena di fronte alle vetrate.

Le opere letterarie testimoniano invece i tentativi di truffare i clienti. Jiří Krampol racconta del venditore che riempie le carpe di pietre e manomette la bilancia per far salire i prezzi. In un racconto di Má veselá jítra (I miei allegri mattini) di Ivan Klíma, il narratore, novello aiutante del pescivendolo, scopre i trucchi per fregare i clienti senza dare nell’occhio e si sente un vero cospiratore. Non sa che gli altri lo trattano come i clienti e gli rubano la sua parte di carpe. Più allegro il racconto di Ota Pavel Le carpe per la Wehrmacht, inserito in La morte dei caprioli belli. Durante la seconda guerra mondiale al padre ebreo dell’autore sequestrano il laghetto di carpe di Buštěhrad. Una notte il padre le cattura tutte e al momento della pesca i soldati della Gestapo trovano lo stagno vuoto. Non poteva lasciare ai tedeschi le sue carpe, allevate “come se fossero state i suoi bambini, dorate e argentate in quel chiaro di luna”.

di Sabrina Salomoni