Una dimensione fuori dal tempo, quasi irreale, dovuta a una situazione inconsueta che ha generato conseguenze ed effetti sia negativi che positivi
Il Coronavirus, che in tutto il mondo ha colpito milioni di persone, mietendo centinaia di migliaia di vittime, sinora è stato più benevolo con la Repubblica Ceca
A Náplavka, lungo la Vltava, i giovani affollano i bar sulle barche ormeggiate, o siedono a terra sulla banchina per parlare e godere della tiepida giornata di sole. Ogni tanto uno scampanellio, per indicare a un pedone distratto che sta occupando la pista ciclabile, tra gente che cammina e altra che fa la fila per ordinare una birra o per servirsi dei bagni pubblici.
Scene normali della movida cittadina in uno dei luoghi più frequentati di Praga, in primavera e durante l’estate, eppure impensabili fin solo a poche settimane fa, quando la quarantena e le altre restrizioni imposte dal governo hanno fatto sì che la capitale ceca mostrasse un volto poco noto, e che le nuove generazioni non avevano mai visto prima.
Le immagini di Piazza dell’Orologio, del Castello e del Ponte Carlo vuoti hanno riempito i social media per un paio di mesi, e tutti i residenti hanno avuto la possibilità di fare qualche passeggiata nell’atmosfera insolita e silenziosa in cui la città tutta era immersa. Una dimensione fuori dal tempo, quasi irreale, dovuta a una situazione inconsueta che ha generato conseguenze ed effetti sia negativi che positivi.
Il Coronavirus, che in tutto il mondo ha colpito milioni di persone, mietendo centinaia di migliaia di vittime, dal punto di vista sanitario è stato più benevolo con la Repubblica Ceca, con ogni probabilità grazie alle misure immediatamente adottate. È indubbio però che gli esiti del Covid-19 si sono fatti sentire e continueranno a ripercuotersi anche su questo Paese, soprattutto sul piano economico, con interi settori come il turismo e la ristorazione, messi letteralmente in ginocchio dal lockdown.
Allo stesso modo va sottolineato come la pausa e il rallentamento dovuti allo stato di emergenza, abbiano anche consentito di vedere la città e l’intero Paese in un’ottica diversa, per certi aspetti inaspettata e positiva.
Praga per esempio – restituita ai suoi cittadini a seguito dell’assenza totale di turisti – è apparsa meno “dedita all’alcol” del solito. Le statistiche, anche in campo nazionale, hanno mostrato che negli ultimi mesi il consumo di bevande alcoliche si è drasticamente ridotto, tanto da mettere in discussione il primato normalmente attribuito ai cechi, di maggiori bevitori di birra del mondo. In realtà, è ragionevole pensare che prima della pandemia e della chiusura delle frontiere, una parte non indifferente del consumo fosse da attribuire ai turisti stranieri, molti dei quali – soprattutto quelli provenienti dal Nord Europa – scelgono Praga anche per via della bontà della sua birra e più in generale per la economicità delle bevande alcoliche. La chiusura delle frontiere ha inoltre interrotto una prassi consolidata, cioè quella degli austriaci e tedeschi che vivono vicino ai confini con la Repubblica Ceca e che si recano regolarmente nel Paese per fare scorta di birra e liquori. È chiaro quindi che al “primato alcolico ceco”, in tempi normali contribuiscono notevolmente gli stranieri.
Oltre alla ristorazione, la quale avrebbe perso circa 20 miliardi di corone in pochi mesi, e al settore alberghiero colpito da molti licenziamenti del personale, a subire notevoli conseguenze sul piano finanziario è stata anche la rinomata industria ceca della birra, con un calo in pochi mesi del 40% delle vendite per quanto riguarda i grandi birrifici, e fino all’80% per i microbirrifici, in conseguenza pure del minore export.
Ma quali altri cambiamenti tangibili è possibile osservare in città in questa fase di uscita, si spera in modo definitivo, dal tunnel del Covid-19?
Sicuramente anche a Praga questa crisi ha dato un impulso significativo a quelle aziende e attività commerciali un po’ più lente ad accogliere e adottare nuove soluzioni in ambito di marketing e comunicazione. Molti ristoratori, infatti, si sono dovuti dotare in pochi giorni di app e altri servizi per la vendita di prodotti online, l’asporto di cibo e la consegna a domicilio tramite corrieri. Tutto questo modificherà senza dubbio il settore della ristorazione d’ora in avanti. Si può prevedere a ragione che il ritorno alla concezione classica di andare al ristorante, non comporterà necessariamente una diminuzione drastica della richiesta di cibo da asporto e consegnato a domicilio da parte di un numero maggiore di persone.
Non è da escludere, inoltre, che l’emergenza affrontata porti ad adottare a livello europeo regole più ferree per quanto riguarda le norme igieniche e di sicurezza per i locali pubblici, che potrebbero cambiare il volto delle tradizionali e rinomate osterie popolari ceche.
Un altro dato da non sottovalutare e che potrebbe accelerare un cambiamento già da un po’ di tempo a questa parte in atto, è l’aumento dell’home office. Molte aziende, persino alcune delle grandi multinazionali presenti a Praga e in tutto il Paese, stanno ora pensando di incentivare questa forma di lavoro a domicilio anche a emergenza finita, se non altro per ridurre le spese di locazione a partire dalla riduzione degli spazi in locazione per interi immobili o parti di questi.
Se è vero che nelle situazioni scomode si vede meglio il carattere della gente, è altrettanto vero che in Repubblica Ceca la psicosi di massa, che in altri paesi ha visto letteralmente prendere d’assalto da un giorno all’altro supermercati e altre attività commerciali per la distribuzione alimentare in generale, si è verificata in modo più attenuato. Quello ceco si conferma un popolo con un senso civico sviluppato e, nonostante qualche eccezione, la reazione all’emergenza è stata sempre ordinata, se non addirittura esemplare. La prassi dei cechi di cucirsi da soli in casa le mascherine è stata pubblicizzata come esempio da seguire anche in altri Paesi, nei momenti in cui era difficile reperire mascherine a causa della domanda elevata.
I media cechi hanno riportato che fondazioni ed enti caritatevoli cechi durante il periodo della crisi Covid-19 hanno visto aumentare le proprie entrate, grazie alle numerose donazioni da parte della popolazione, dimostratasi quindi sensibile e solidale. In soli dodici giorni, ad esempio, sono stati raccolti oltre 15 milioni di corone (rispetto ai 10 necessari) per la realizzazione e l’acquisto di 500 “ventilatori polmonari” per i reparti di terapia intensiva degli ospedali cechi.
Molti clienti di ristoranti, birrerie e caffetterie rimasti chiusi per alcuni mesi, hanno voluto dimostrarsi solidali e dare una mano, acquistando voucher per future spese nei loro locali preferiti.
D’altra parte, però, è anche vero che le linee della polizia sono state spesso intasate a causa di persone che denunciavano il non rispetto della quarantena da parte di conoscenti o vicini di casa, comportamenti, questi, che hanno riportato alla mente certe abitudini del socialismo reale, quando il fenomeno della delazione era frequente.
A qualcuno rimarrà per un po’ anche memoria del risentimento, nei primi giorni dell’emergenza, verso i connazionali tornati dalle vacanze sulla neve in Italia, e considerati alla stregua di untori, così come alcuni accenni di intolleranza verso gli italiani.
In ogni caso questa esperienza ha dato a tutti, governanti e cittadini, la possibilità di riflettere su molte cose e rivedere le priorità per i singoli individui e per l’intero Paese. Speriamo che i sacrifici affrontati e le difficoltà superate portino frutti e insegnamenti preziosi per il presente e il futuro indipendentemente da una temuta, eventuale, seconda ondata.
di Mauro Ruggiero