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Lucio Caracciolo, direttore di Limes: “La Cechia non è mai diventata veramente anti-russa, e questa ambivalenza le consente di giocare un ruolo centrale anche rispetto a Bruxelles”. I suoi miliardari lo hanno compreso e ne approfittano
Da Kellner a Babiš, da Křetínský a Tykač. Sette sono nella lista dei più ricchi del mondo stilata da Forbes. Energia, immobiliare, banche, assicurazioni e media. Dall’Europa alla Cina per fare investimenti

Sono sette i miliardari cechi inseriti nella classifica 2018 di Forbes che comprende gli uomini più ricchi del mondo con un patrimonio oltre il miliardo di dollari. Sei imprenditori facoltosi e agguerriti con mire di espansione fuori dai confini nazionali. Il fenomeno per alcuni ricalca un trend già visto, quello degli oligarchi russi, ma nello stesso tempo scrive una wave nuova, in cui svolge un ruolo importante la centralità geografica e politica di Praga.

I settori di investimento e di crescita sono tantissimi e vari, a differenza di chi ha fatto la sua fortuna soltanto sulle materie prime, come accaduto in Russia. Si va dalle assicurazioni all’energia, dalla lotteria ai media, dall’immobiliare all’agrobusiness. “Tutta l’Europa, anche l’Italia, è affamata di investimenti esteri diretti. Un Paese come il nostro, con un Pil in calo e che può diventare stagnante, non può crescere se non con capitali che arrivano da fuori – è la opinione di Lucio Caracciolo, direttore di Limes. – Esiste, però, un rischio: svendere asset importanti. E non è detto che l’acquirente non abbia come obiettivo quello di entrare in possesso di tecnologie e dati cruciali per conto di altri”. E le possibilità in tal senso sono tante, e anche i miliardari cechi hanno messo gli occhi su gioielli del Vecchio Continente.

Ma andiamo con ordine. Tra i sette Paperon de’ Paperoni della Repubblica Ceca c’è – come ben sappiamo – il premier Andrej Babiš, secondo uomo più facoltoso del Paese, che con il suo colosso Agrofert ha costruito una fortuna valutata oggi 3,3 miliardi di dollari, secondo Forbes. Il suo è un agglomerato di aziende operanti principalmente nel settore agricolo, alimentare e chimico, con attività in 18 paesi di quattro continenti, soprattutto in Europa centrale. La punta di diamante non è una azienda ceca, ma tedesca, la Skw Piesteritz, maggior produttore in Germania di fertilizzanti artificiali. Babiš l’ha comprata nel 2002 e per il gruppo Agrofert si è rivelata la classica gallina dalle uova d’oro. La Skw ha sede a Wittenberg e in questa cittadina – ex Ddr, a metà strada fra Berlino e Lipsia, il cui nome è storicamente legato alla figura di Martin Lutero – il tycoon ceco si è atteggiato a novello mecenate, rimettendo a nuovo il centro storico e senza mancare di comprarvi antichi palazzi per più di dieci milioni di euro. Non solo, ma a Wittenberg ha anche lanciato un investimento di 200 milioni di euro per costruirvi uno stabilimento di produzione del pane. Tutto questo attraverso la Lieken, principale azienda tedesca di prodotti da forno, che Babiš ha comprato nel 2013 dalla italiana Barilla.

Il premier miliardario non nega un occhio di riguardo anche ai media e non solo in patria, dove è proprietario – seppure attraverso lo schermo di fondi fiduciari – di Mafra, editore di due dei più grandi giornali cechi, Lidové noviny e Mladá fronta Dnes. Babiš è però nel frattempo sbarcato in grande stile anche nel mercato editoriale slovacco, dove nel 2013 si è assicurato la proprietà di Hospodárske noviny, il principale quotidiano economico dell’ex paese confederato.

Un vizietto, quello di entrare nel settore dei media, che appassiona anche altri miliardari cechi, che stanno facendo parlare molto di sé all’estero, come Daniel Křetínský. Quinto uomo più ricco della Repubblica Ceca, con un patrimonio di 2,6 miliardi di dollari. Avvocato, 43 anni, rampollo di una famiglia della migliore borghesia (padre professore universitario, madre ex giudice della Corte costituzionale), egli ha costruito la sua fortuna sulla Energetický a průmyslový holding, Eph, grande holding del settore energetico e industriale, ma ha fatto capire da subito che i suoi obiettivi vanno ben oltre la frontiera. Eph opera già in Repubblica Ceca, in Germania, Francia, Regno Unito e Italia e sembra che la parola fine sia ancora lontana.

Particolare da non sottovalutare: ha una compagna che si chiama Anna Kellnerová, la figlia di Petr Kellner, l’uomo più ricco del Paese. Per qualcuno diventa così inevitabile presagire un possibile futuro “matrimonio” tra capitali.

Křetínský possiede anche la maggioranza nel più grande conglomerato media ceco, Czech Media Invest (ex Ringier Axel Springer CZ, al quale fa capo il quotidiano più letto del paese, Blesk). Il primo passo per “aggredire” la Francia, inizialmente con l’acquisizione di Elle, Tele 7 Jour e Marianne e poi con la scalata al principale quotidiano francese, Le Monde, di cui ha preso in mano il 49%. Una mossa che sta lasciando il Paese transalpino con il fiato sospeso. “Sono francofono e francofilo”, ha detto Křetínský presentandosi al pubblico ad aprile in un’intervista a Le Figaro, ma la sua figura di miliardario “controverso”, così lo hanno definito diversi giornali francesi, non ha smesso di aleggiare. Tutto questo nonostante egli abbia spiegato il suo modo discreto di interfacciarsi con la stampa, perché investire nell’informazione è stata “una decisione da cittadino, per contrastare l’ondata di populismo e nazionalismo in Europa” ha dichiarato. Affermazione che non ha calmato le preoccupazioni tanto che i media francesi sostengono che il presidente Emmanuel Macron abbia chiesto ai servizi segreti di scoprire tutto su Křetínský, temendo che dietro di lui possa nascondersi Mosca.

“Se ti presenti come francofono e francofilo in Francia ti si spalancano le porte di un intero mondo” – ha sottolineato ancora Caracciolo, senza mancare di sottolineare: “mi sembra che questo Křetínský possa passare come un Soros al contrario” ricordando che il miliardario di origini ungheresi viene considerato un benefattore e insieme un agente della Cia, “e magari è entrambe le cose” ha osservato il direttore di Limes, rimarcando l’importanza nella strategia del giovane miliardario ceco di un acquisto come quello di Le Monde, “il giornale francese per eccellenza”.

Křetínský, proprietario dello Sparta Praga, è salito ultimamente agli onori della cronaca in Italia, per aver pare messo gli occhi su un club italiano, Milan o Roma. Per adesso non se ne è fatto nulla ma, tra vedere e non vedere, “spero che si prenda la Roma”, ha scherzato Caracciolo, sostenitore della squadra capitolina.

Voci di una prossima acquisizione importante nel settore calcistico sono girate ultimamente anche per il patron di Ppf Group, l’uomo più ricco della Repubblica Ceca, Petr Kellner, che vanta un patrimonio di 13,5 miliardi di dollari e interessi sviluppatissimi anche in Cina, attraverso la Home Credit. Secondo i rumors Kellner sarebbe stato interessato ad acquisire da Roman Abramovich una quota di minoranza del Chelsea o addirittura l’intero club, di cui è tifosissimo. Le smentite non si sono fatte attendere, ma intanto il miliardario ceco continua a osservare come si mettono le cose, ben comodo in poltrona, magari proprio dal costosissimo skybox di Stamford Bridge di cui è proprietario da tempo, accanto a quello dello zar Abramovic.

Intanto Kellner, che ha fatto la sua fortuna con un fondo di investimenti negli anni Novanta acquistando la quota di maggioranza nella principale società di assicurazioni ceca durante l’era delle privatizzazioni, continua a espandersi in Slovacchia, in Russia, in Cina, in Vietnam, in Kazakistan e in altri paesi. La sua Home Credit in Cina presta ogni mese un miliardo di euro ai clienti del gruppo.

“La Repubblica Ceca è un Paese centrale in Europa. Da una parte è una componente della catena di valore industriale della Germania, ma ha una grande industria propria e nello stesso tempo non è mai diventata veramente anti-russa, come invece è successo a Romania, Ungheria e Polonia”, ha ricordato Caracciolo, sottolineando che questa ambivalenza consente a Praga di giocare “un ruolo centrale anche rispetto a Bruxelles”.

Un ruolo centrale evidentemente ben compreso dai miliardari cechi.

Ricordiamo, scorrendo la classifica dei magnifici sette di Forbes, anche Karel Komárek, proprietario del gruppo Kkcg, concentrato nel business della estrazione del metano e del petrolio, e insieme a Jiří Šmejc del Sazka Group, una delle principali società del gioco d’azzardo e lotto in Europa, con diramazioni in Austria, Grecia, Italia e Cipro. Le società di cui ha partecipazioni azionarie, generano annualmente scommesse per più di 16 miliardi di euro secondo statistiche finanziarie ufficiali. Nel 2016 ha acquistato il 32,5% di azioni dell’operatore di lotterie, Lottoitalia. Komárek ha una fortuna di 3,2 miliardi di dollari e futuri interessi soprattutto nella Gran Bretagna post-Brexit.

C’è poi Radovan Vítek, quarto con i suoi 2,9 miliardi di dollari grazie al Cpi Property Group, che detiene centri commerciali e real estate di lusso anche in Ungheria, Polonia, Romania e persino – ciliegina sulla torta, secondo quanto riportato dai media – un progetto di edificazione in Sardegna, chiaramente in Costa Smeralda, nei pressi di Porto Cervo. Ma i suoi inizi sono molto più modesti: la sua vita lavorativa è iniziata in Italia, come barman, all’indomani della Rivoluzione di velluto, per poi farsi avanti imprenditorialmente durante gli anni delle privatizzazioni selvagge nel suo Paese.

A seguire Pavel Tykač, con 1,3 miliardi di dollari e un interesse spiccato nelle miniere di carbone e uno sguardo attentissimo a nuove potenziali acquisizioni con la sua Seven Energy Holding anche in Gran Bretagna, Germania e Italia. Tykač, infatti, ha dichiarato di voler investire nell’energia da fonti fossili, che dovrà garantire i consumi fino a quando eolico, solare e idroelettrico non avranno completato la loro espansione, probabilmente ancora per due decenni. A completare la lista è Pavel Baudiš, 1,1 miliardi di dollari, cofondatore e comproprietario del colosso degli antivirus Avast.

di Daniela Mogavero