Disoccupazione
Il livello di disoccupazione ufficiale in Repubblica Ceca si mantiene da diversi mesi stabile. In febbraio, si è registrato un tasso del 6.8% della popolazione attiva, o 8.3% generale. Il sistema di calcolo implementato ultimamente indica livelli inferiori al recente passato, ma si tratta solamente di una illusione. La solidissima performance dell’output industriale non si traduce in nuovi posti di lavoro. Il fatto è che si sta semplicemente recuperando produttività, e con essa competitività. Tutto bene, per l’export. Ma si tratta di una situazione molto deludente e preoccupante, a livello di mercato del lavoro. La realtà purtroppo è che neppure con un Pil in crescita superiore all’1%, la disoccupazione scende in modo stabile e strutturale. Molte aree del paese non hanno praticamente alcuna prospettiva occupazionale strutturale per il futuro prossimo. Ad eccezione della regione di Praga, quasi a piena occupazione per molteplici motivi, gran parte del resto del paese non riesce ad uscire da una realtà di endemica disoccupazione. Si tratta però anche di una realtà di welfare molto generoso che consente una sopravvivenza dignitosa, ma pigra, nelle aree meno sviluppate del paese.
L’outlook per i mesi futuri è piuttosto negativo, considerando che ormai è assodato che la ripresa economica, a livello europeo, sarà certamente jobless cioè senza creazione significativa di nuovi posti di lavoro.
Produzione industriale
Produzione industriale in fortissima crescita anche in febbraio, del 6.7% a prezzi costanti, su base annua. Si tratta ancora una volta di una performance poderosa. Purtroppo, come d’abitudine, non ci sono segnali di creazione significativa di nuovi posti di lavoro. Bensì di un seppur necessario miglioramento della produttività. Inoltre, gran parte della produzione industriale è destinata all’esportazione. Perlopiù di automezzi. Se da un lato ciò è molto positivo, poiché solidifica sia la moneta che la presenza del paese sui mercati internazionali, dall’altro tende a mascherare la pochezza della domanda interna, che in ultima analisi è ciò che nel lungo periodo garantisce entrate fiscali allo stato, diffusione del benessere economico per le famiglie ed equilibrio del cambio. Cambio che infatti tende costantemente a rafforzarsi, costringendo la Banca Centrale ad intervenire. In ogni caso, le prospettive per il settore industriale sono anche per i prossimi mesi piuttosto rosee. Anche gli ordinativi sono in forte crescita, addirittura del 19% in febbraio. Rimane da verificare per quanto la Corona rimarrà ad un livello tale da consentire competitività, anche considerando che l’intervento di svalutazione è già stato effettuato dalla Banca Centrale. Non è realistico aspettarsene un altro.
Inflazione
Pessime notizie sul versante dell’inflazione. Anche se mascherate da buone. L’intervento della Banca Centrale a svalutazione della Corona, che da dottrina accademica avrebbe dovuto importare inflazione, si è rivelato inefficace. Il continuo calo dell’inflazione dipinge una realtà diversa da quella auspicata. In febbraio si è registrato un CPI di 1.1%. All’atto pratico, inflazione sotto 1% è in realtà stagflazione. Il peggiore dei mali per la crescita economica, anche peggio dell’iperinflazione. Conseguenza questa delle scelte degli ultimi 15 anni di politica monetaria in Europa. Rimane al momento un solo strumento per evitare un pesantissimo scenario stagflativo, e quindi recessivo: creare inflazione con un massiccio QE. Si tratta di una scelta prima politica che tecnica, e l’attuale governo sembra orientarsi all’allineamento pedissequo alla linea della BCE, che consiste in sostanza in un “no all’inflazione”, costi quel che costi. Si spera che la Banca Centrale, essendo ancora indipendente, riesca comunque a implementare alcune misure minimali a difesa del sistema economico e soprattutto dei consumatori e delle famiglie.
Commercio estero
Bilancia commerciale solidamente in attivo, come sempre, anche in febbraio. In leggero calo su base annua, ma il dato risente molto delle fluttuazioni del cambio, e del tradizionale massiccio influsso di merci asiatiche prima della lunga chiusura degli impianti in occasione del capodanno cinese. Il surplus commerciale complessivo è stato in febbraio di 13.6 miliardi di Corone. Fortissimo avanzo come d’abitudine nei confronti dell’area EU, a 50 miliardi di Corone, con una crescita del 20% su base annua. E come sempre, disavanzo pesante con i paesi asiatici e la Russia. Crescita marcata sia per export che import, del 16.1% e 17.4% in Corone, o 7.8% e 9.0% in Euro. Anche alla luce di questi dati, risulta davvero stupefacente come ci sia una grossa fetta di esperti e di cittadini poco informati, che auspica l’adozione dell’Euro. Senza rendersi conto che l’attivo commerciale per un paese piccolo come la Rep. Ceca è dovuto quasi esclusivamente alla gestione indipendente della moneta e del debito statale in valuta locale.
di Gianluca Zago