Il libro del giornalista Josef Kaspar. Sarà presentato all’inizio del 2011 sia sul territorio italiano che su quello ceco
Un libro dedicato all’Italia e alle sue particolarità e stranezze. Un volume pensato per sradicare quelle convinzioni e quei pregiudizi che spesso i cechi hanno sul Belpaese e viceversa. Un tentativo – “forse fallito in partenza”, come dice lo stesso autore – realizzato da un ceco (“ho la cittadinanza italiana!”) che in Italia ci vive da quarant’anni e che conosce per questo l’Italia e gli italiani.
“Itálie známá i neznámá” (Italia nota e ignota) è il libro scritto da Josef Kaspar, giornalista e corrispondente ceco, che ha deciso di affrontare alcuni temi sottolineando le differenze tra il pregiudizio e la realtà e illustrando anche fenomeni tutti italiani, tra cui Berlusconi.
Le ragioni che hanno spinto Kaspar a scrivere il testo sono principalmente due: “Prima di tutto perché in Repubblica ceca, pur esistendo una conoscenza molto buona della Germania, della Gran Bretagna e anche della Francia, per l’Italia invece ci si limita a una serie di cliché. La seconda ragione dipende dal fatto che durante la mia attività giornalistica dal 1992 in poi, e nonostante i miei sforzi non sono riuscito a sradicare questi pregiudizi che esistono da una parte e dall’altra, quindi anche se questo libro verrà letto da 2.000-3.000 persone, spero che possa essere utile”.
Nel libro, diviso in capitoli, si affrontano temi tra i più diversi: dai luoghi incontaminati del turismo di nicchia (in alcune parti della Toscana, dell’Umbria e delle Marche), al Fascismo e a quanto del Ventennio ancora resiste nell’Italia di oggi, “anche se la maggior parte degli italiani non lo sa o non lo ammetterà mai, come il Festival di Venezia o l’enciclopedia Treccani”. Dal rapporto tra gli italiani e la religione, alla famiglia e ai luoghi comuni sul fatto che i cittadini del Belpaese sono “farfalloni”. In Repubblica ceca, spiega Kaspar, “si crede che gli italiani non pensino al futuro, che siano poco lungimiranti. Un fatto smentito dall’evidenza che l’80% delle famiglie vive in case di proprietà frutto del risparmio”. Inoltre tra cechi e italiani possono nascere incomprensioni dovute a questioni di “sensibilità, di cultura e di temperamento – sottolinea l’autore. Certe parole che sul dizionario sono identiche possono assumere un significato diverso sia per come vengono pronunciate sia per il significato intrinseco e culturale che hanno. Questo accade, per esempio, per la parola bugiardo, che in ceco ha un significato molto duro (secondo un vecchio proverbio ceco chi mente ruba), in Italia, invece si può anche dare del bugiardo scherzando o amichevolmente. Una cosa impensabile per un ceco”.
Un fenomeno tutto italiano è invece quello di Berlusconi. Kaspar nel suo libro descrive l’ascesa del personaggio pubblico, dell’imprenditore pieno d’inventiva e innovatore e del politico, “vincitore incontrastato delle campagne elettorali, ma che stenta a mettere in pratica quello che ha promesso”, del premier che si comporta “come il presidente del consiglio d’amministrazione di un’azienda – come gli ha rimproverato Gianfranco Fini – e che per questo si mette all’angolino da solo”. Silvio Berlusconi “è imbattibile nelle campagne elettorali, riesce a mettere insieme tante forze diverse, ma quando si tratta di passare all’azione, come con il piano liberale proposto nel 1994, anno della discesa in campo, non riesce a mantenere le promesse fatte agli italiani”. Per il presidente del Consiglio italiano in Repubblica ceca c’è una certa simpatia e “soprattutto i cechi, pragmatici e liberali, non si interessano della vita privata del premier, ma vedono il self made man e ritenendo che gli italiani amano essere eccentrici e non fanno caso a uno più eccentrico degli altri. Ma da qui a pensare di avere un uomo come Berlusconi alla guida del governo ceco è tutto un altro paio di maniche”, sottolinea Kaspar.
Un capitolo è poi dedicato a un altro fenomeno politico italiano: la Lega di Umberto Bossi. “E’ sbagliato accostare questo partito a Haider o Le Pen. Il partito di Bossi, che ha ereditato la tecnica del Pci per il lavoro sul territorio e che raccoglie i malumori del Nord, ha vari elementi di xenofobia ma non può essere riassunto così. Nel libro cerco di spiegare che a 150anni dall’Unità d’Italia le differenze enormi che esistevano sono rimaste e in alcuni casi si sono acuite – aggiunge – Parto da una convinzione: il bello e il brutto dell’Italia è la sua varietà. E’ un Paese che per estensione arriva quasi a 1.800 chilometri ma dove basta fare mezzora di treno tra Bologna e Firenze, Torino e Milano, Roma e Napoli per trovarsi in due mondi completamente diversi. Questa è la bellezza dell’Italia, ma anche il suo tallone d’Achille: è assolutamente impossibile mettere d’accordo gli italiani”.
Di Daniela Mogavero