Da Milano a Pardubice, il sogno mitteleuropeo del designer italiano Sergio Caruso
Artigiano o artista? Creativo o travet? Insomma, sognatore della matita o freddo esecutore di progetti, disegni, idee che gli vengono imposti dall’alto?
A 40 anni, il milanese Sergio Caruso vive nella piccola Pardubice, naviga nel sano equilibrio della pacatezza, sospeso fra Padania e Mitteleuropa, apprezza la torre monumento di Zelená brána ma non disprezza neppure l’ironia bizzarra della storia: Pardubice è la patria del Semtex, esplosivo devastante, più apprezzato dai rivoluzionari di mezzo mondo che dai creativi.
Va bene la residenza ceca, ma non potrebbe mai dimenticare la formazione lombarda: “Sono un designer, innanzitutto. Vengo dalla scuola del Politecnico, laurea in disegno industriale, maestri come Bruno Munari, Vico Magistretti, Achille Castiglioni. Al Politecnico ci hanno insegnato innanzitutto umiltà: prima viene il committente, il prodotto da realizzare. Dunque il designer è un artigiano, certo, ma che lavora sulla quantità. Il che non nega la vena artistica, è naturale, semmai la completa…”.
Dunque le creazioni, se così possiamo chiamarle, di Caruso, viaggiano nel fiume in piena della nuova grafica, come ha scritto l’agenzia Leo Burnett nel libro con immagini che hanno realizzato insieme: “traggono risorse dalla crisi”, sperimentano strade mai battute, sarebbero piaciute, perché no, agli eroici editori cechi espatriati della “SixtyEight” ma non avrebbero infastidito neppure un grande grafico-tipografo come Leo Longanesi.
Perché Caruso abbia deciso di rifugiarsi nella piccola, ovattata Pardubice è uno di quei misteri su cui è lecito non indagare. C’è, intendiamoci, una buona università, e i cavalli della Boemia Orientale sono da sempre apprezzati negli ambienti ippici: “Chiariamoci: a Milano come a Praga c’è la grande campagna pubblicitaria a cui puoi arrivare dopo una lunga gavetta, o magari per un semplice colpo di fortuna. C’è la grafica e il restyling dei media, siano essi quotidiani, riviste o magari mensili online, che rappresentano forse il lato più entusiasmante del mestiere. Ma può capitarti, perché no, anche il disegno di una linea di sci, o di prodotti per la casa. La genialità sta nel dar vita e glamour ad oggetti in apparenza banali, ma che, con la tua mano, puoi rendere vivi…”.
Non è un pittore alla Tullio Pericoli, non è un decoratore alla Piero Fornasetti. Di che pasta è fatto, allora, il nostro? Lo si scopre solo guardando i suoi lavori: il nuovo esperimento di questo creativo “italoceco” si chiama “Nur@nt”.
Nome che tradisce le origini lombarde: grafica ma non solo, uscita con cadenza quadrimestrale. “Quattro numeri all’anno, tutti monografici – spiega lui. – Diamo spazio e voce ai designer di questa generazione, siamo aperti al confronto. La crisi del 2008 ha prosciugato magari i finanziamenti, ha cancellato i mecenate che ti sostengono economicamente. Ma dall’altro lato ha anche aguzzato la ricerca, si può lavorare anche negli spazi ristretti di piccole riviste on line per mantenere il proprio serbatoio di conoscenze”.
Cos’è, in sostanza, “Nur@nt”?
“È soprattutto un laboratorio. Scuola italiana, scuola inglese, perché no, scuola ceca insieme per modernizzare il tratto. Certo, c’è il freno della recessione, ma anche in ambiti ristretti, se uno vuol trovare spazi di lavoro li trova” puntualizza il nostro. E senza batter ciglio, snocciola i nomi delle migliori riviste praghesi del momento: “Kixkix.cz”, “pagefive.com”, “Advojka.cz”, l’editore “editionlidu.com”, con un disegno alternativo, tratti punk e insieme accuratezza artigiana. “A Roma come a Londra come a Brno il web ha cambiato molto – prosegue Caruso. – Le linee del gusto dei disegnatori europei si sono un po’ uniformate, ma se fai ricerca, se ti impegni, puoi vivere una dimensione indipendente”.
Ottimista, il nostro, ma neppure lui sfugge alla domanda inesorabile: meglio il web o la carta?
“Possono crescere insieme, chi preconizzava la morte del foglio scritto è destinato a ricredersi. Si scommetteva sul boom degli e-book, invece non c’è stato. Si scommetteva sugli abbonamenti online ai quotidiani, e anche quelli non sono stati così numerosi… Allora penso che la soluzione sia camminare insieme, crescere di pari passo, senza che uno dei mezzi di comunicazione cancelli l’altro”.
È un fiume in piena, Caruso, sarà la freschezza operosa delle passeggiate lungo l’Elba, fiume della città, sta di fatto che non si ferma mai, seppure dietro una calma apparente: “Mi ha incuriosito, per dire, l’edizione ceca di Newsweek. Se un settimanale così importante sente l’esigenza di coprire un mercato in apparenza ridotto come quello praghese, vuol dire che ha compreso quanto Praga sia importante, dal punto di vista sia economico che culturale. Fra i settimanali che sfoglio, trovo che il migliore sia “Respekt”, e non solo come grafica. Fresco, attuale, mai pesante. Sa essere informato senza diventare lezioso”.
- Torniamo alle vicende di casa nostra. Come tratto innovativo,oggi molti guardano a “IL”, mensile del “Sole24 Ore”…
“È vero. “IL” ha riportato il disegno al centro della pagina, lo ha inserito a pieno titoli fra articoli e foto. È figlio diretto della tradizione del “graphic journalism” americano, ma ospita anche le belle inchieste di una volta. Con un uso coraggioso di vecchi caratteri, compreso il Bodoni, e una linea pulita, sobria – puntualizza Caruso. Fra gli “apolidi”, invece, non posso non citare “Monocle” di Tyler Brûlé. Brûlé è canadese, ma conosce alla perfezione il gusto europeo, e segue una certa linea britannica. Molto nero, tratto essenziale, molti bei contenuti e una forte campagna di marketing per fare profitti”.
- Fin qui i grandi mensili, le grandi riviste. Parliamo però di giovani disegnatori italiani…
“Dei nostri, mi sento di segnalare fra tutti Olimpia Zagnoli. Grande capacità, idee originali, sono sue alcune copertine del settimanale “Internazionale”. Zagnoli ha il giusto livello di giocosità nell’affrontare i temi, senza mai cadere nel banale. Intendiamoci: amo la ricerca, non per questo disprezzo la tradizione classica, quella che qui in Cechia è figlia diretta della Secessione, di copertine in certo modo “minimaliste””.
- E fra i grafici dell’Est?
“C’è da dire che tutta l’Europa “orientale” è stata in parte “colonizzata” dal gusto occidentale, con la caduta del Muro. L’unico paese che ha, come dire, resistito, mantenendo un tratto personale, difficile da contaminare, è stata l’ex Ddr. Tant’è vero che c’è ancora oggi, parlo di Berlino e di tutta la Germania, la ricerca dello “stile Ostalgie”: nei mobili, negli arredi, negli oggetti di consumo e, perché no, nell’editoria. Un design in apparenza austero che però, evidentemente, aveva un suo nocciolo duro di appassionati, se resiste ancora dopo 25 anni”.
Caruso: 40 anni e un vulcano di idee esplosive. Tenetelo lontano, allora, dal Semtex di Pardubice.
di Ernesto Massimetti