Il rinvio dell’ampliamento della centrale di Temelin ha sorpreso il mercato dell’energia nucleare internazionale
Cez ha sospeso o eliminato molti dei piani di espansione sia nazionale che internazionale. Sui due reattori si è aperta la querelle politica pro e anti Russia
La fotografia del nucleare ceco e di quello che sarà dell’energia atomica del Paese appare tutt’altro che chiara dopo il rinvio dell’asta per l’ampliamento della centrale di Temelin, una delle gare d’appalto più appetibili e attese del Vecchio Continente. Non si tratta, infatti, di un rinvio di poche settimane o mesi, ma di anni e non si sa ancora quanti. Le ragioni, seppur ancora non del tutto esaustive, sono diverse: da una parte il calo e l’incertezza dei prezzi del mercato dell’elettricità, dall’altro la generalizzata crisi che ha investito l’Europa tra la fine del 2009 e l’intero 2010 e che ha costretto Cez, la compagnia nazionale dell’energia a rinunciare al miliardario costo del progetto. Infine c’è anche chi ha ipotizzato che a chiedere più tempo sia stata una delle compagnie in gara, la russa Atomstroyexport. Un nome che può lanciare la mente in speculazioni di vario tipo, prima tra tutte quella sul riavvicinamento tra Praga e Mosca dopo l’interruzione delle frizioni legate allo scudo antimissilistico Usa sul territorio ceco.
Le difficoltà per Cez e quindi anche per il suo principale azionista, lo stato ceco, esistono e sono state palesate nei risultati di metà anno in cui la compagnia ceca ha registrato un calo delle entrate pari al 18,5%. Risultati negativi dovuti principalmente al calo del costo dell’elettricità: quando Cez nel 2009 lanciò il progetto per la costruzione di due nuovi reattori da due gigawatt a Temelin, il costo dell’elettricità era di 80 euro per megawatt/ora, attualmente, invece, è di 50 euro per Mw/h.
E’ chiaro, quindi, che il piano di investimento da venti miliardi di euro è sempre più difficile da realizzare, per questo motivo la strategia di Cez in casa e all’estero è decisamente cambiata negli ultimi mesi: riduzione degli investimenti in Romania, Bulgaria e Albania e lo stop al piano di potenziamento di Temelin in Repubblica ceca nonostante sulla griglia di partenza per la gara d’appalto si fossero posizionate, oltre ad Atomstroyexport, anche il colosso francese Areva e quello statunitense Westinghouse.
A non fare mistero della necessità di prendere tempo per portare avanti il potenziamento della centrale nucleare è stato lo stesso ministro dell’Industria Martin Kocourek che ha illustrato le nuove linee guida di Cez: “L’intera strategia secondo cui è stata costruita Temelin è cambiata perché lo sviluppo del mercato dell’elettricità si è fortemente modificato come i prezzi di vendita del settore – ha sottolineato – Nello stesso tempo le società che hanno presentato le proprie offerte hanno chiesto altri mesi per illustrare le proprie idee nell’ambito del procedimento di selezione. Quindi ci potranno essere dei rinvii, anche di qualche anno”. Queste le prime parole ufficiali sulla questione, illustrate poi da Eduard Janota, membro del Board di supervisione di Cez, secondo cui la questione verrà esaminata nel 2011 perché l’ampliamento di Temelin resta un “progetto chiave” per Cez. Sulla questione, però, deciderà soltanto il governo di Praga, ha chiarito senza tema di smentita il premier Petr Necas, aggiungendo che il rinvio è “irrilevante”.
Ma irrilevante non appare il taglio generalizzato che Cez ha applicato e sta applicando ai suoi investimenti nel periodo 2010-2014, una riduzione del 21% sul totale: oltre allo stop a Temelin, infatti, la nuovo politica aziendale di Cez prevede la sospensione della costruzione della centrale termoelettrica a Varna (Bulgaria), la cancellazione dell’asta per la costruzione di un’altra unità in Polonia a Nowa Skawina e la rinuncia all’acquisto delle azioni delle compagnie tedesche Enso e Geso,.
Il progetto per i due reattori, che si faccia o non si faccia, ha comunque diviso la scena politica ceca tra anti-russi e tutti gli altri. La politica ceca è coinvolta nell’affare soprattutto per la posizione di azionista di maggioranza dello stato nell’azienda energetica, che detiene quasi il 70% delle azioni. Nonostante questa posizione dominante i vertici di Cez hanno cercato di tenere le mani della politica di palazzo lontane dall’affare, perché la “geopolitica non deve avere alcun ruolo in una gara dove conta solo il prezzo”, hanno fatto sapere i responsabili del campione nazionale dell’energia.
Resta quindi da domandarsi: se il progetto di espansione nucleare aveva come obiettivo quello di ridurre la dipendenza ceca dal gas e dal greggio russo (che rappresentano l’80% delle importazioni ceche nel settore energetico), perché tra le favorite alla costruzione dei reattori miliardari resterebbe proprio la russa Atomstroyexport? L’atomo è tornato al centro della politica estera o in tempi di crisi insieme alla migliore offerta bisogna cercare anche la migliore sponda di politica estera?
Di Daniela Mogavero