Curato e tradotto dal boemista Giuseppe Dierna, per la prima volta in italiano esce uno dei libri considerati tra i più originali e divertenti del Novecento. “La fine dei vecchi tempi” è un romanzo ambientato nella neonata Repubblica cecoslovacca, alla fine della Prima Guerra Mondiale, e centrato sul contrasto fra la morente aristocrazia e la nuova borghesia rampante e un po’ volgare. Sotto tale apparenza, però, il libro elabora in chiave modernista i modelli del Tristram Shandy e del Barone di Münchhausen, insieme alle tecniche cinematografiche degli anni Venti e Trenta. Vančura rappresenta l’inestinguibile dissidio tra verità e finzione. Al seguito del bibliotecario Bernard Spera, uno dei più loquaci e simpatici “narratori inaffidabili” della storia della letteratura, il lettore viene trascinato in un turbine di personaggi e vicende che sono in realtà la parodia del romanzo realistico e l’affermazione della narrazione come “infinita macchina desiderante”.
Vladislav Vančura,
La fine dei vecchi tempi,
Einaudi, 2019
343 pp.