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Storia della fabbrica di Kladno, emblema industriale del secolo scorso, dalla potenza economica al fascino letterario

In passato una delle fucine più importanti d’Europa, oggi in buona parte relitto abbandonato. Ci vorranno decenni per assicurare la bonifica ambientale dell’intera zona

I forni non bruciano più e nelle ciminiere in rovina crescono piante tra i mattoni. A centoventicinque anni dalla fondazione, la Poldi di Kladno (Boemia centrale) è oggi in buona parte un cimitero dell’industria pesante, un settore che un tempo era il fiore all’occhiello dell’economia ceca. In quest’enorme area industriale, distante 30 km da Praga ed estesa per almeno 500 ettari, sono in funzione oggi diverse nuove aziende – dei settori della energia, della logistica, siderurgia – ma del vecchio colosso di un tempo rimangono solo carcasse di capannoni, rotaie mangiate dalla vegetazione, vetrate scoppiate. E soprattutto un inquinamento ambientale, che richiederà anni di bonifica.

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(Foto: strojpoldi.cz)

Fondato il 18 maggio del 1889 nell’allora Impero austro-ungarico, l’impianto siderurgico nasce come la scommessa imprenditoriale del magnate dell’acciaio austriaco Karl Wittgenstein. Nato a Lipsia nel 1847, Wittgenstein era uno degli uomini più ricchi di tutto l’impero. Padre di otto figli (fra cui il noto filosofo Ludwig), Karl è passato alla storia oltre che per il successo imprenditoriale per la sua fama di generoso mecenate, amante della musica e delle arti. Tutti gli artisti e gli intellettuali di Vienna di fine XIX secolo sono passati per il salotto di casa Wittgenstein, personaggi come Sigmund Freud, Johannes Brahms, Gustav Mahler, Gustav Klimt, Egon Schiele, Rainer Maria Rilke e l’architetto Adolf Loos.

Prima di fondare la Huť Poldi (Acciaierie Poldi), aveva già interessi economici in territorio boemo, dove era comproprietario del colosso Pražská železářská společnost (Prager Eisenindustrie-Gesellschaft) – gruppo carbonifero, metallurgico e siderurgico a cui appartengono anche le ferriere di Králův Dvůr, nel distretto di Beroun. L’acciaieria è una sua iniziativa personale, deciso com’era a fondare una nuova società privata.

Il nome Poldi è ricalcato su quello della moglie Leopoldina. Quattro anni più tardi, nel 1893, Wittgenstein registra il marchio dell’acciaieria, quello che si conosce ancora oggi, che consiste nella immagine del profilo di una donna, con ogni probabilità un ritratto della stessa signora Wittgenstein. L’acciaieria ha da subito un successo folgorante, imponendosi come azienda di riferimento all’interno dell’Impero e all’estero. Nel 1897 fornisce i pezzi di fucina per la prima nave da guerra austro-ungarica della classe Habsburg, la prima ad essere costruita all’inizio del XX secolo dall’Impero. A quest’epoca la Poldi ha già sedi di rappresentanza in tutta Europa e in Russia. Karl Wittgenstein, il padre fondatore, resta al timone dell’azienda fino al 1898, quando decide di vendere le proprie quote della società e si ritira a Vienna dove continua la sua vita da ricco mecenate.

Anche dopo il passo indietro del proprio fondatore, la Poldi resta una corazzata che nel 1900 impiega 1.200 lavoratori e sforna 36.000 tonnellate di acciaio e 16.000 tonnellate di prodotti finiti. Oltre allo straordinario carico produttivo l’azienda è sempre all’avanguardia nel campo dell’innovazione e della ricerca: è la prima nel 1908 a installare una fornace elettrica nel territorio della attuale Repubblica Ceca e, nel 1922 brevetta l’acciaio refrattario Poldi Akc, la cui composizione influenza lo sviluppo di questo materiale a livello mondiale. In questi anni, e per tanti altri ancora, è facile immaginare questa azienda come il fulcro della vita di Kladno, con gran parte della popolazione impiegata nelle sue fornaci e nei suoi capannoni.

Subito dopo la nascita della Cecoslovacchia, gli operai dell’acciaieria sono più di quattromila. Due terzi della produzione partono verso l’estero e, in una Europa che politicamente s’avvia verso la Seconda guerra mondiale, l’acciaio della Poldi diventa fondamentale per l’industria degli armamenti. Ma non solo. Negli anni Trenta da questi forni è colata la lega di ferro e carbonio con cui è costruita l’auto da velocità Thunderbolt con cui il pilota inglese G.T.E. Eyston segna tre record mondiali di velocità, tutti superiori a 500 km/h. Poco prima dello scoppio del secondo conflitto mondiale la Poldi è ormai una vera multinazionale: ha filiali con magazzini e rappresentanze commerciali in 39 Paesi.

Finita la guerra, con l’avvento del regime comunista in Cecoslovacchia, l’azienda viene nazionalizzata. Presa in carica dallo Stato nel 1946 viene “fusa” con le ferriere della Iron Company, presso Praga: insieme formano l’azienda delle Acciaierie di Stato. È in questi anni che il grande scrittore ceco Bohumil Hrabal finisce a lavorare alle acciaierie Poldi, o Poldinka come la chiamano affettuosamente i suoi operai. L’esperienza di questa fabbrica malsicura, inferno di fumo, calore e sudore, lascia una cicatrice emotiva nello scrittore che Hrabal decide di rendere eterna nel poema La Bella Poldi, scritto nel 1950. Come tante altre aziende cecoslovacche, la Poldi, anche durante il periodo dell’economia pianificata, continua a produrre copiosamente e il successo dei suoi prodotti non diminuisce. È l’azienda di Kladno a fabbricare le leghe di titanio speciali utilizzate per gli aerei acrobatici Zlín Z-50, con cui i piloti Tuček e Jirmus diventano campioni mondiali di acrobazie aeree.

50 poldiDurante tutto il periodo della Cecoslovacchia comunista l’azienda è il fulcro di una attività economica primaria, con lo stabilimento che lavora a pieno regime. Tuttavia, dopo il 1989, la caduta del muro, dell’Unione Sovietica e dei regimi comunisti nell’Est, la Poldi è all’improvviso confrontata all’avvento di una economia di libero mercato, con la quale da decenni non è più abituata a fare i conti.

La produzione siderurgica ceca cala sensibilmente e il colosso dell’acciaio, che nel 1989 dava lavoro a 20 mila persone, comincia ad andare in perdita, scendendo al minimo delle proprie capacità produttive. È l’inizio di un lento declino. Gli anni ’90 del XX secolo sono i più bui della storia dell’azienda: prima trasformata in società per azioni, sempre di proprietà dello Stato, poi dal 1993, un ulteriore peggioramento della situazione economica porta alla sospensione di tutta la produzione.

La Poldi viene allora privatizzata e la maggioranza delle azioni passa nel settembre dello stesso anno nelle mani della società Bohemia Art. La mancanza di esperienza nel settore e di risorse economiche sufficienti della nuova società segnano la fine della sua storia: il vecchio gigante siderurgico deve interrompere la produzione ed è avviato al fallimento.

Negli anni successivi – in questa gigantesca area industriale, vicina al centro della città – l’attività produttiva è parzialmente ripresa. Una serie di aziende vi ha creato i propri stabilimenti, utilizzando spesso alcuni degli antichi padiglioni, dopo averli ammodernati e restaurati. E anche il marchio Poldi continua, ancora oggi, a essere utilizzato per la produzione dell’acciaio, ma nulla è più come un tempo. L’Università Tecnica di Praga, la Čvut, di recente vi ha inaugurato un modernissimo centro di ricerca per l’efficienza energetica degli edifici, costato un investimento di 700 milioni di corone. Ma per il resto qui è terra di nessuno.

Il Comune di Kladno si mostra intenzionato a riqualificare l’intera zona, pur consapevole che i costi di una completa bonifica ambientale sono enormi e insostenibili nel breve periodo. Senz’altro è forte la consapevolezza che la vecchia città dell’acciaio – una delle fucine più importanti d’Europa – non possa continuare a essere un relitto abbandonato, dove la notte qualche povero ladro di metalli s’avventura, per spogliarla degli ultimi rimasugli di un passato glorioso.

di Edoardo Malvenuti