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Uno dei grandi maestri dell’arte ceca del ‘900, a lungo ostracizzato durante il regime comunista e recentemente riscoperto

Pittore, vignettista, illustratore, creatore poliedrico che ha esplorato impressionismo, realismo e simbolismo, Vlastimil Košvanec è stato uno degli artisti cechi più dinamici, dotati e splendenti di tutto il XXesimo secolo. Questa almeno è la storia dei suoi anni giovani, i migliori della sua vita: a cavallo tra la fine dell’Impero austro-ungarico e il primo ventennio della nazione Cecoslovacca. La maturità e la vecchiaia di quest’artista disegnano invece la parabola discendente d’un uomo che finisce la sua vita nell’anonimato, incastrato fra tribunali e cliniche psichiatriche, sempre impegnato sulla tela ma ormai dimenticato, fino alla morte, arrivata nel 1961 quando Košvanec ha 74 anni. Un destino doloroso che s’intreccia con gli eventi drammatici che segnano, in quegli stessi anni, la storia del Paese: dall’invasione nazista durante la seconda guerra mondiale al totalitarismo comunista che segue il conflitto.

Praghese di nascita e di formazione Vlastimil Košvanec nasce il 14 dicembre 1887 nel quartiere di Karlín. È figlio di Bedřich Košvanec, guantaio, e di Helena Košvancová, sarta. La sua formazione artistica comincia in accademia; alle “Belle Arti” di Praga studia e lavora con il professor Vojtěch Hynais, un maestro dell’arte ceca della Belle Époque, specializzato nel ritratto e nella pittura di genere. Con lui Košvanec sperimenta tecniche di disegno, pittura, ritrattistica e paesaggio. L’influenza di Hynais sul giovane artista sarà duratura: luci, colori e situazioni proprie alla sua pittura passeranno nel pennello del giovane artista praghese marcando profondamente molte delle sue creazioni successive. Durante questo periodo di formazione Košvanec alterna alle classi di pittura i viaggi attraverso tutta l’Europa.

In una versione moderna del Grand Tour dei poeti o degli artisti del XVIII o XIX secolo, l’artista ceco visita una serie di paesi europei. Viaggi che dureranno anche dopo la Grande guerra, sino al 1939, e che lo porteranno in Italia, Francia, Austria, Germania, Olanda e nelle Penisola balcanica.

Terminati gli studi e conclusa una breve esperienza come insegnante presso il Liceo Reale di Kolín, Košvanec debutta la sua carriera d’artista sulla carta stampata: collabora come vignettista con le riviste Kopřivy (pubblicazione satirica del partito social-democratico fra il 1909 e il 1931) e Sršatec (una rivista satirica pubblicata dal partito comunista degli anni Venti). L’anonimato, che per un vignettista politico significa incolumità, gli è garantito dall’uso di almeno tre nom de plume: V. Havrda, V. Patrik e Karambol. Parallelamente Košvanec si fa conoscere anche per delle importanti illustrazioni realizzate all’inizio degli anni venti: prima quelle per il libro “Tre uomini con il pescecane e altre storie” di Jaroslav Hašek, autore del famosissimo romanzo “Le vicende del bravo soldato Švejk”, poi per quelle di due dei quattro volumi dell’opera monumentale di Victor Hugo, “I miserabili”, pubblicata in lingua ceca nel 1923.

Ma è nella pittura, e in particolare nella ritrattistica, che Košvanec ottiene la sua consacrazione: è sulla tela che si farà conoscere come grande artista della sua epoca. Tutta l’alta società praghese farà la fila per farsi immortalare in uno dei suoi ritratti, particolarmente apprezzati per il suo stile elegante e singolare. Nel suo atelier di Králosvky passano borghesi, aristocratici, imprenditori, intellettuali, e persino il presidente Edvard Beneš.

Grazie al suo multiforme genio artistico Košvanec può esplorare anche altri orizzonti figurativi: ispirandosi e rivisitando il post-impressionismo francese, l’artista ceco crea scenari bucolici, mitici o allegorici. La luce e l’uso del colore fanno traboccare le tele di leggerezza e gioia di vivere. Le donne delle opere sono rappresentate come ninfe in giardini fioriti, i suoi orizzonti sono spesso ispirati alle campagne o colline nei pressi della capitale ceca. Siamo negli anni ‘30, tra i più creativi della sua carriera. Allora l’artista è esposto a Praga e in diverse altre località della Cecoslovacchia. La sua prima personale si tiene nel 1939 nella sua città: sarà un trionfo. Per Košvanec è l’apice del successo, ma anche l’inizio della discesa. Solo qualche anno più tardi, infatti, durante l’inverno 1941-42 – con il Paese occupato dalle truppe naziste e l’Europa in guerra – l’artista dona su una piazza della capitale il proprio cappotto di pelliccia ad una colletta organizzata dai soldati tedeschi.

Il gesto è farsesco e provocatorio, ma alla fine del conflitto basterà a causargli un’accusa di collaborazionismo e l’espulsione dall’Associazione degli artisti cechi. È il 1947 quando Košvanec è processato e condannato alla prigione. Due anni più tardi, alla morte della moglie, l’artista cade in una profonda depressione e dalla cella passa alle stanze di un ospedale psichiatrico. È a questo punto che di Košvanec, ormai sessantenne, si perdono le tracce. Quello che era stato uno degli artisti più quotati della giovane Cecoslovacchia è ormai dimenticato da tutti. Nella sua biografia i fatti si mischiano alla leggenda: dal legame sentimentale con una giovanissima zingara agli ultimi anni di vita in totale isolamento fino alla morte nella sua Praga, povero e solo. Ed è nella capitale ceca, nella sua città, che questo vignettista irriverente, pittore della gioia di vivere e delle dame fiorite e svestite, riposa ancora oggi: tra i grandi dell’arte e della letteratura, nel cimitero di Olšany.

di Edoardo Malvenuti