Il castello della Boemia nord-occidentale inserito dall’associazione Europa Nostra nella lista dei sette monumenti più minacciati del Vecchio Continente
Come un’eco lontana, senti il cigolare massacrante delle ruspe. E l’orizzonte è una pianura sventrata dalle macchine, torturata dall’andirivieni di camion stracolmi di lignite, e coronata da ciminiere fumanti, diademi industriali di questa piana ai piedi dei Monti Metalliferi. Paesaggio lunare e terribile, sede di uno dei più grandi giacimenti di tutta la Repubblica Ceca: la miniera Čsa, proprietà dell’azienda Severní energetická. Ma poi ti volti, e come un miraggio, eccolo. Avvinghiato al vertice di una collina che domina la valle, lo Zámek Jezeří, il castello di Jezeří, fragile gioiello barocco che domina questo paesaggio sacrificato ad una produzione inesorabile e redditizia. Un maniero dal destino nobile e tragico, che ancora oggi, sfigurato dall’incuria, è gonfio come di vento una vela, delle memorie dell’antico fasto, della poesia e della musica che lo hanno fatto grande per secoli. La storia è passata di qui, e ci ha lasciato il segno: nelle sue stanze s’è fatta politica, sotto i suoi affreschi si è suonato ed amato. Ma cosa resta ormai degli antichi splendori? Poco più che vaghe memorie, un ricordo da cronaca impolverata, perché anche le pietre si disfano, ed il castello è allo sfacelo. Per questo l’associazione Europa Nostra l’ha iscritto sulla lista dei sette monumenti europei più minacciati. “Questo gioiello barocco si trova in uno stato di deterioramento avanzato”, si legge sul sito dell’associazione che si adopera perché un impegno sia preso da parte delle istituzioni nazionali ed europee affinché edifici storici in pericolo siano recuperati e messi in valore. Sulla stessa lista troviamo un altro castello, quello di Sammezzano in Toscana, oltre all’edificio del governo norvegese, il Blocco Y, con gli iconici murales di Picasso, destinato a quanto pare a essere demolito.
Ma veniamo alla nostra storia. E per farlo, torniamo indietro al quattordicesimo secolo, quando su questo sito sorgeva una prima fortezza, detta “di Eisenberg” (della Montagna di ferro), perché in quel luogo veniva estratto tale minerale. Poi, come sedimenti che si stratificano, quell’edificio fu rimaneggiato per farne una costruzione in stile rinascimentale che fu successivamente convertita in un castello barocco, quello che ancora oggi domina la pianura circostante. Il nome Jezeří (del lago) iniziò ad essere usato solo nel diciannovesimo secolo ed è legato alla precedente esistenza del prospiciente lago Komořany, che si trovava dove ora scavano le ruspe.
Il castello è colossale e labirintico: dispone di duecentosessanta camere su nove livelli con interni fatti per brillare del fasto ricco del barocco italiano. Prima che la modernità industriale arrivasse a fare man bassa sulla piana, l’edificio era circondato da una natura degna d’un quadro del rinascimento, un terreno esteso su cinquecento ettari e che comprendeva riserve di caccia ricchissime di fauna e una sessantina d’opere idrauliche e cascate. Nella vallata s’apriva un parco immenso, considerato uno dei giardini più belli di tutta la Boemia. E lassù, in quelle stanze ormai sprangate, scrisse J.W. von Goethe, soggiornò Giacomo Casanova, sfilarono teste coronate di mezza Europa: re Giorgio di Boemia, il principe Luigi Ferdinando di Prussia o ancora l’arciduchessa Maria Luisa d’Austria. Durante la Seconda guerra mondiale il castello fu addirittura trasformato in un campo di internamento per gli ufficiali degli eserciti alleati; Pierre De Gaulle, fratello del futuro presidente della Repubblica francese Charles De Gaulle, fu tenuto prigioniero proprio tra queste mura. Ma più di tutto, è alla musica classica che questo edificio lega il suo nome. Per intenderci: Ludwig van Beethoven ha dedicato a Franz Joseph Maximilian von Lobkowitz, suo mecenate e proprietario del castello durante la sua epoca d’oro, tre delle sue nove sinfonie, tra cui una delle arie più famose al mondo, la Quinta, detta del Destino. Proprio nel teatro che si trova all’interno dell’edificio è rappresentata per la prima volta la Terza, l’Eroica, in occasione della visita del principe Luigi Ferdinando di Prussia. Ma non è una storia solo tedesca quella dell’opera a Jezeří, anche l’italiano Salieri ne parla a più riprese nella propria corrispondenza. E c’è un’altra nota italiana in questo maniero della provincia boema: è quella di Luigi Vasi, il primo interprete del Don Giovanni di Mozart allo Stavovské divadlo – Teatro degli Stati di Praga – che qui si è esibito ben due volte cantando quest’aria nel teatro del castello.
Ma dopo la grandeur, viene la caduta. E per raccontarla, bisogna guardare al ventesimo secolo. Confiscato ai Lobkowitz dai comunisti alla fine della Seconda guerra mondiale, l’edificio è stato per molti anni abbandonato dallo Stato. Il continuo deterioramento della struttura è in realtà una strategia di damnatio memoriae: la volontà è di far scomparire questo edificio dalla storia del popolo cecoslovacco. A causa della sua posizione geografica vicino alla città industriale di Most e alla sua vicinanza alla zona di estrazione del carbone, il castello di Jezeří è stato via via dimenticato, sacrificato sull’altare delle priorità di produzione dell’industria di regime. Hana Krejčová, conservatrice del castello da diciannove anni a questa parte, spiega: “Con l’incombere delle miniere circostanti, il castello di Jezeří avrebbe dovuto essere spazzato via dalla mappa. C’erano persino dei piani per demolirlo. Dagli anni ‘50, le condizioni di Jezeří sono costantemente peggiorate”.
Non sorprende che proprio qui, durante gli anni ‘80, una troupe di cineasti americani sia venuta a girare alcune delle sequenze del film Howling, l’Ululato, una pellicola di licantropia, per cui l’avanzato stato di deterioramento del castello era in realtà una manna scenografica. Un aneddoto riguardo al film vale il prezzo del biglietto: girato oltrecortina durante la Guerra fredda, le autorità cecoslovacche ne autorizzarono la produzione sospettando tuttavia si trattasse d’un pretesto per studiare il terreno e mettere a punto un piano di invasione del Paese. Per questo, la sorveglianza sulla troupe fu talmente stretta che il regista arrivò a sospettare persino il suo primo assistente di essere una spia dell’Stb o del Kgb. Una trama decisamene più avvincente del film prodotto, per il quale è diffusa l’opinione che sia stato uno dei peggiori della storia del cinema.
Passata la stagione dell’horror, la storia recente, legata alla Rivoluzione di velluto, rappresenta una (nuova) rottura. È deciso allora che il castello deve essere rinnovato e valorizzato, ma nonostante le visite di personaggi politici di primo piano, come il principe Carlo o Václav Havel, tante ambizioni restano lettera morta.
Oggi il castello è ridotto ad una struttura cadente e assediata: l’azione dell’associazione Europa Nostra è l’ennesimo mayday. Tuttavia, malgrado l’ingordigia di terra della miniera adiacente, malgrado il rombare delle macchine che poco si accorda con le note delle opere classiche di lontana memoria, parecchi turisti continuano a visitare questa valorosa avanguardia architettonica di un tempo in ritirata. Jezeří resiste, solo, come uno splendido Davide, di fronte alla forza dirompente, ma sgraziata, di un Golia che vorrebbe spazzarlo via.
di Edoardo Malvenuti