Intervista ad Iveta Radicova, prima donna capo di governo in un paese del centro Europa postcomunista. “Abbiamo dimostrato che anche i piccoli Stati possono esprimere le proprie posizioni e difenderle davanti alle grandi potenze politiche europee La Slovacchia a Bruxelles è un interlocutore di pari livello, non un bambino da rimproverare.”
Non sembra proprio dispiacerle ad Iveta Radicova, primo ministro della Slovacchia, l’appellativo che le hanno dato i giornali tedeschi: la Tigre dei Tatra. “Ben venga che mi chiamino così – dice nel corso di una intervista che ci ha concesso. – Lo fanno per la politica che il mio governo sta portando avanti, per i provvedimenti anticorruzione, per le nuove regole sulla trasparenza in politica e negli appalti pubblici, e poi chiaramente per il rifiuto del prestito alla Grecia”.
Il suo no sugli aiuti finanziari alla Grecia la scorsa estate ha fatto scalpore. Come poteva un paese di cinque milioni di abitanti opporsi a un passo sostenuto dalla Commissione Ue e accettato dalle principali capitali europee?
“A Bruxelles, dove sono giunta per la prima volta tre giorni dopo essere stata nominata premier, ho voluto subito chiarire che i Paesi non si distinguono, fra grandi e piccoli, in base al numero degli abitanti, ma per il senso di responsabilità che dimostrano, per come sono in grado di arricchire il patrimonio comune europeo. Nel caso della Grecia, aiutare delle banche comportatesi in maniera scriteriata, non era per me una soluzione seria e solidale”, sottolinea decisa, rivendicando con orgoglio il suo No.
“Abbiamo dimostrato che anche i piccoli stati possono esprimere le proprie posizioni e difenderle davanti alle grandi potenze politiche europee Durante tutti i miei incontri all’estero la Slovacchia è stata presa come un interlocutore di pari livello, non siamo mai stati presi come un bambino da rimproverare. La nostra posizione fuori dai confini nazionali ha suscitato non solo critiche, ma anche un grande sostegno.”.
Cinquantaquattro anni, sociologa di professione, leader dell`Unione Democratica e Cristiana Slovacca (Sdku-Ds) e a capo dallo scorso luglio di una coalizione quadripartita di centrodestra – Radicova è la prima donna capo di governo in un Paese del centro Europa post comunista. E per raggiungere una carica di questo tipo la fermezza è una virtù indispensabile.
“Gli uomini considerano le donne troppo sensibili ed emotive perché possano dedicarsi alla politica. Per tentare di cambiare questo stato di cose, capita che una donna debba essere ancora più dura, più forte, perché seguire una politica più adeguata al carattere femminile, significa spesso essere allontanate ed escluse dalle decisioni importanti. Spero comunque che il fatto di esserci io a capo del governo di Bratislava, costituisca un incoraggiamento anche per le altre donne, perché siano più decise ad entrare in politica”.
La Radicova si è trovata a gestire una situazione dei conti pubblici definita “difficile”, dopo i quattro di governo del suo predecessore, il Socialdemocratico Robert Fico. Appena entrata in carica, si è presentata con un programma nel quale spiccavano due impegni: fermare l`indebitamento dello Stato e avviare il risanamento dei conti pubblici. Con l`obiettivo di restituire all`economia slovacca i tassi di sviluppo da record sfoderati sino allo scoppio della crisi. Nel 2008 Bratislava prima dell’ultimo trimestre registrava un Pil a +8%. Nel 2009 il dato è crollato a -5%, e per l’anno in corso le stime promettono un +1,5%.
Ora, appena quattro mesi dopo, non manca chi nota troppa cautela da parte del governo di Bratislava. La Radicova, che in passato ha anche rivestito la carica di ministro del Lavoro e degli Affari sociali, non sottovaluta evidentemente l’impatto che possono avere sui cittadini provvedimenti troppo radicali: “Amministrare la cosa pubblica significa pensare alla gente. I tagli bisogna ripartirli in maniera equa, in modo da incidere nel minor modo possibile sui cittadini con minore disponibilità economica”.
Dopo la sua visita a Praga, inevitabile parlare con lei anche dei rapporti fra Repubblica ceca e Slovacchia, definiti unanimemente mai così buoni come oggi. „I nostri rapporti bilaterali sono all’insegna della fiducia, dell’amicizia e della collaborazione. C’è intesa anche per quanto riguarda le nostre posizioni e le nostre opinioni nell’ambito dell’Unione europea“.
Questo però, secondo la Radicova, non esclude la possibilità di individuare alcuni ambiti nei Praga e Bratislava potrebbero in futuro compiere ulteriori passi avanti: ?La nostra collaborazione reciproca è suscettibile di miglioramento, per esempio, nel settore della Difesa. Un collegamento più stretto fra alcune unità dei nostri eserciti consentirebbe a entrambe le parti di poter risparmiare. Secondo me anche la politica energetica meriterebbe un rapporto più stretto e una maggiore collaborazione sul piano informativo“.
Attualmente la Repubblica ceca si trova nella situazione di dover compiere alcune riforme strutturali, nel settore in primo luogo del sistema pensionistico e di quello della sanità, che la Slovacchia ha compiuto in coincidenza dell’ingresso del Paese nella Ue. La Radicova per i cugini cechi ha un suggerimento: “Evitino di compiere gli stessi errori che abbiamo compiuto noi. Anche il governo di Praga deve fare tagli che peseranno sui cittadini comuni. Ma è necessario ripartire i sacrifici in maniera equa, così da incidere nel minor modo possibile sui cittadini con meno disponibilità economica e allo stesso tempo dare alle imprese uno stimolo per la crescita, per aumentare la produzione. Bisogna sempre avere a mente l’impatto delle riforme sulla vita dei cittadini. In poche parole, che sia salvaguardata la loro sostenibilità sociale. Perché le riforme non saranno mai veramente tali se non portano un beneficio alla gente”.
Venti anni fa la Radicova, ai tempi in cui si andava verso la separazione della Cecoslovacchia, si batté, invano, per un referendum popolare. “Sì, io ero dell’opinione che la questione dovesse essere decisa direttamente dai cittadini. L’importante è comunque che ci siamo divisi in modo civile e che entrambi i paesi abbiano dimostrato la propria capacità di vivere autonomamente. Oggi abbiamo relazioni amichevoli e questo è ciò che conta di più”.
La Slovacchia e la Repubblica ceca negli ultimi anni sono stati entrambi meta di grandi investimenti stranieri e, su questo piano, una certa rivalità chiaramente esiste. La Radicova né è ben consapevole e non manca di portare l’acqua al proprio mulino:
“Per convincere un investitore straniero a puntare sulla Slovacchia, gli direi in primo luogo che la manodopera nel nostro Paese è meno cara rispetto alla Repubblica Ceca. Inoltre noi abbiamo adottato l’euro, una moneta internazionale, il che è un grande vantaggio per il commercio e per qualsiasi operazione di transfer finanziario. Il mio governo, sin dalla dichiarazione programmatica, ha fissato come prioritario anche una gestione dello Stato sana e sostenibile dal punto di vista economico. E vogliamo imporre una tolleranza zero verso la corruzione e condizioni più incentivanti per le imprese”.
Durante la sua giornata praghese, la Radicova ha incontrato le massime autorità ceche, fra cui il primo ministro Petr Necas e il capo dello Stato Vaclav Klaus. Riferendosi a quest’ultimo e in particolare al fatto che al Castello di Praga ancora non sventoli la bandiera europea, ha osservato: “L’euroscetticismo di Klaus è noto. Da economista che desidera da parte delle nazioni un approccio più tangibile e originale, egli guarda a Bruxelles in maniera un po’ differente. Io preferisco considerare i pro e i contro di qualsiasi comunità, quindi anche dell’Unione europea. Dipende comunque solamente dal Presidente ceco se far sventolare o no il vessillo simbolo dell’Unione europea”.
Prima di ripartire per Bratislava, la Radicova ha voluto salutare anche Vaclav Havel. Le abbiamo chiesto che significato anche politico si può dare a questo suo incontro con l’eroe della Rivoluzione di velluto: “Havel rappresenta per noi il passaggio dal regime totalitario a quello democratico. Incontrare un simbolo come lui significa aderire ai valori ai quali egli ha mirato per tutta la vita. Havel è inoltre una persona di carisma e cultura, un filosofo di grande saggezza. Ascoltare un suo commento sulla nostra attualità, è già di per sé una grande esperienza”.
Di Giovanni Usai