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Francis Koné vincitore del premio della Fifa 2017 per comportamenti ispirati ai valori di lealtà e correttezza sportiva. Siamo andati a trovarlo a Brno

Succede talvolta che i calciatori, quando un intero stadio li fischia e li insulta con improperi di ogni tipo, riescano a mettere tutti a tacere con un gesto tecnico spettacolare, magari con un gol in rovesciata o una staffilata da trenta metri all’angolino.

Francis Koné, ivoriano di nazionalità togolese, c’è riuscito con una prodezza ancora più straordinaria, salvando una vita umana sul campo di gioco. È accaduto lo scorso febbraio allo stadio Ďolíček, durante la partita di prima divisione fra Bohemians 1905 e Slovácko. Corre il 29’ minuto di gioco, quando Martin Berkovec, portiere dei Bohemians Praga, si scontra con un suo difensore. Un impatto terribile, testa contro testa, talmente forte da rimbombare nel frastuono. Berkovec rimane a terra, privo di sensi. Il pubblico ammutolisce. I giocatori in campo si disperano, le mani sui capelli. L’unico che mantiene il sangue freddo è proprio Francis. Capisce che Berkovec sta soffocando e fa immediatamente quanto occorre in questi casi: gli apre con forza la bocca e gli sposta la lingua, consentendogli di respirare. Un operato che i medici, nel frattempo accorsi, valuteranno provvidenziale. Berkovec si riprende poco dopo negli spogliatoi, seppure molto indolenzito, con un dente in meno e un forte trauma cranico. I fischi e gli insulti razzisti, che sino a quel momento il pubblico di casa aveva riservato al centravanti dello Slovácko, si trasformano improvvisamente in applausi.

Le immagini nei giorni successivi fanno il giro del mondo e Koné – 26 anni, una carriera in giro per il mondo, con tappe in Tailandia, Oman, Portogallo e Ungheria, prima di arrivare in Repubblica Ceca – diventa un eroe. Tanto che la Fifa, massima organizzazione del calcio internazionale, decide di premiarlo con il Fifa Fair Play Award, il riconoscimento assegnato a persone che abbiano promosso nel mondo del calcio comportamenti ispirati ai valori di lealtà e correttezza sportiva.

Koné a ritirare il premio si sarebbe dovuto recare personalmente, durante il Gala di consegna dei Fifa Awards che si è svolto a Londra a fine ottobre. La prospettiva era quella di una serata da sogno, da trascorrere insieme a campioni come Gigi Buffon, Cristiano Ronaldo e Lionel Messi, giusto per citare alcuni degli altri premiati. Ad impedirglielo è stato un problema burocratico: la mancanza del visto per recarsi in Inghilterra e la impossibilità, visto il poco a disposizione, di riuscire a ottenerlo.

“Ero molto triste quando ho capito che non potevo partecipare alla serata. Ci ho provato in tutti i modi ma non è stato possibile. Ho provato anche a recarmi all’aeroporto, con il passaporto; mentre il mio agente è volato a Londra per provare a ricevere il sì dell’Ufficio Immigrazioni, ma niente” come ci ha raccontato egli stesso, quando lo scorso novembre ci siamo recati a Brno, città nella quale milita in questa stagione, con la maglia dello Zbrojovka Football Club. L’intento era appunto quello di conoscerlo personalmente più da vicino e farci raccontare direttamente la sua storia.

Francis giunge di persona a prenderci alla stazione, appuntamento nel parcheggio antistante lo scalo ferroviario, quasi stupito di essere ormai conosciuto anche dagli italiani. Poi, attraverso il traffico del capoluogo moravo – non eccessivo a dire il vero, in paragone con quello di Praga – partenza verso la sua casa. Dall’autoradio, ad alto volume, musica della sua terra, l’Africa, un ritmo colorato che sembra rendere meno cupa la nebbia che avvolge la città. “Qui in Repubblica Ceca fa molto freddo e all’inizio non è stato facile abituarmi, ma ora mi trovo complessivamente bene” inizia subito a spiegarci, fra un semaforo e l’altro.

In un quarto d’ora di macchina raggiungiamo il suo appartamento in un palazzo popolare della periferia di Brno. Nel cortile alcuni bambini si divertono con un pallone tra i piedi e lo salutano. Entrati in casa, impossibile non notare subito il Fifa Fair Play Award, che svetta su un mobile. Koné lo afferra e ce lo mostra con orgoglio.

“Quando ho ricevuto la chiamata della Fifa ero incredulo. In fondo ho solo aiutato un collega e non credo di aver fatto nulla di straordinario” racconta, rivivendo gli istanti che lo hanno fatto diventare un eroe. “Non è stato il primo episodio di questo tipo nella mia vita, mi era già capitato alcune altre volte di intervenire in campo per interventi di pronto soccorso, e quindi un po’ di esperienza ce l’avevo già. Quando c’è in ballo la vita di una persona è normale che si faccia il possibile, e in campo, anche fra maglie di diverso colore e da avversari, siamo tutti fratelli”.

Archiviata la grande delusione della mancata partecipazione alla serata di Londra, resta la soddisfazione del premio. “Ci tengo comunque a ringraziare la Fifa, ma anche la Federazione calcistica ceca, il mio club e il mio agente per aver fatto di tutto per farmi partecipare alla cerimonia”. Uomo di grande fede, il centravanti del Brno non fa drammi. “Quando Dio decide qualcosa nessuno può cambiare la sua volontà. Ma anche di questo premio posso essere grato a Lui”.

Di questi tempi – nei quali i giornali non fanno che parlare della netta contrarietà manifestata dalla Repubblica Ceca verso l’ipotesi di accogliere alcune centinaia dei migranti giunti dall’Africa, sulle coste italiane e greche – è naturale una domanda su come si sente un ragazzo della Costa d’Avorio in questo paese.

“Devo dire che tanti mi sconsigliavano di venire a giocare in Repubblica Ceca a causa dei problemi legati alla xenofobia. In due anni sono stato vittima di alcuni episodi di razzismo ma devo dire che nella mia quotidianità non noto nella gente comportamenti condizionati da pregiudizi. Sento che mi rispettano e che mi vogliono bene”.

Insistiamo sulla cronaca di quella giornata praghese che l’ha fatto diventare famoso, degli insulti e dei fischi legati al colore della sua pelle, da parte degli ultrà del Bohemians.

“Si, è vero, ma è anche successo che il giorno dopo molti tifosi hanno chiamato alla sede della mia squadra per chiedermi scusa. È importante quando qualcuno capisce di aver fatto un qualcosa di stupido. Certo, quando si è in campo e ti insultano per il colore della pelle, non è facile. Io provo a riuscirci concentrandomi sulla partita, sul risultato, sul mio lavoro. Ci ripenso piuttosto quando la partita è terminata, sull’autobus che ci riporta a Brno, poi a casa. È allora che provo a capire il perché di certi gesti, anche se è difficile farsene una ragione” si incupisce, per poi tornare a sorridere quando parla di rapporti splendidi coi compagni di squadra, coi tifosi e con la gente comune. “Qui in Repubblica Ceca ho anche incontrato tanta tantissima brava gente”.

Parliamo allora del calcio ceco, che non sembra attraversare uno dei momenti migliori della sua storia. Koné è convinto che anche il suo Fifa Fair Play Award possa aiutare il movimento calcistico ceco ad avere una maggiore visibilità: “In fondo anche questo premio dimostra che la Fifa è attenta al campionato della Repubblica Ceca e che lo considera di alto livello”.

E non manca ovviamente un pensiero all’Africa: “Amo moltissimo la mia terra d’origine e ci sono momenti in cui sento il peso di vivere lontano. Sono orgoglioso di avere vinto questo premio, che dedico alla mia gente e a tutti i calciatori africani. Ora non vedo l’ora che arrivi la sosta invernale del campionato ceco, per poter trascorrere le mie vacanze in Togo. So che grazie al Fair Play Award mi accoglieranno come un eroe” ci racconta.

Terminata l’intervista, Koné ci offre di riaccompagnarci al treno. Nuovamente la musica africana dall’autoradio, a tutto volume, e qualche considerazione da intenditore sulla birra ceca, che beve di solito dopo le partite. Lo salutiamo con due parole: “Arrivederci campione!”

di Alessandro De Felice