Di recente è stato inaugurato a Praga un monumento dedicato ai piloti cecoslovacchi che durante la Seconda guerra mondiale combatterono per la Raf britannica. La loro vicenda, eroica e per molti aspetti tragica, è stata raccontata dal film “Tmavomodrý svět” di Jan Svěrák
La scena si apre in una prigione della Cecoslovacchia nel 1950, dove Franta, un ex-pilota cecoslovacco, è rinchiuso perché “nemico del popolo”. In realtà, Franta è un eroe di guerra, un pilota reduce della Raf, la Royal Air Force del Regno Unito. Si tratta di uno di quei soldati cecoslovacchi che nel 1939, quando la Germania nazista invase il loro paese, fuggirono per andare a combattere con gli Alleati. Ora però siamo in pieno regime comunista ed i comunisti temono che quei soldati – eroi che avevano combattuto contro il nazismo – possano ribellarsi al governo filo Mosca. Per questo sono chiusi in carcere, da prigionieri politici.
Sono queste le prime sequenze di Tmavomodrý svět, il film con il quale Jan Svěrák nel 2001 vinse cinque Český lev (l’equivalente ceco degli Oscar). Il film poi prosegue nel raccontare la storia di quel personaggio con una lunga serie di flashback che riportano al 1939 e agli anni della Guerra.
Un film che, anche rivedendolo oggi, di europeo ha soltanto la storia, con scelte stilistiche fatte in buona parte per assecondare le esigenze del mercato internazionale, creando un cinema che somiglia più a quello hollywoodiano che al cinema del Vecchio continente.
È una pellicola però che ha il valore di un documento storico; i destini di František Sláma e del suo amico e compagno d’armi Karel Vojtíšek – interpretati rispettivamente dagli attori Ondřej Vetchý e Kryštof Hádek – riflettono la vicenda dei circa 2460 cechi o slovacchi che nel 1939 – delusi per la mancata resistenza cecoslovacca all’occupazione tedesca e desiderosi di contribuire alla lotta contro il nazismo – decisero di combattere dall’estero arruolandosi nella Raf.
Il film di Svěrák serve inoltre a mettere il pubblico davanti a un dilemma: come devono sentirsi i cechi davanti a quella storia? Essere orgogliosi dell’eroismo dei loro compatrioti, oppure vergognarsi per le umiliazioni che questi soldati subirono al rientro in patria, con l’avvento del regime comunista?
“Sono stati i nostri eroi, i nostri cavalieri senza macchia e senza paura, e poi li abbiamo trattati così male” ha detto a questo proposito il regista.
L’argomento è tornato prepotentemente d’attualità ultimamente, con la inaugurazione nel centro di Praga, nel parco di Klárov, di un monumento commemorativo.
L’opera – un leone ruggente alto due metri, in bronzo, creato dallo scultore Colin Spofforth – è stata realizzata su iniziativa della comunità britannica di Praga, che ha organizzato una colletta e raccolto più di tre milioni di corone in tre mesi. Il tutto nonostante le proteste di alcuni gruppi di ambientalisti ed esperti di opere monumentali, scettici sul tipo di opera e sulla location scelta. Alla fine però il Comune di Praga 1 ha dato il via libera definitivo.
Il contesto storico che fece da sfondo alla vicenda è ben noto. Bisogna intanto risalire al settembre del 1938, quando i capi di governo di Regno Unito, Francia, Italia e Germania firmarono il Patto di Monaco che portò all’annessione tedesca di vasti territori della Cecoslovacchia. Alla annessione di quei territori seguì, qualche mese dopo, l’invasione del paese e lo smembramento del Paese.
Fu così che migliaia di soldati ed avieri cecoslovacchi preferirono lasciare la loro patria, riparando prima in Polonia e Francia, poi definitivamente in Inghilterra, al seguito del governo cecoslovacco in esilio.
Va detto che sulle prime i rapporti fra i cecoslovacchi e gli inglesi non furono idilliaci. Per i primi, non era facile dimenticare il Patto di Monaco, che consideravano un tradimento. Nonostante questo, la loro perizia militare fu considerata indispensabile dal governo di Londra.
Anche i soldati cecoslovacchi – che avevano come motto “Všecko známe – všude jsme byli” (“Sappiamo tutto – siamo stati ovunque”) – cominciarono gradualmente a cambiare atteggiamento, ad essere meno diffidenti nei confronti dei britannici e ad apprezzare il loro impegno contro la Germania nazista.
L’accordo per il loro definitivo reclutamento venne stipulato il 25 ottobre 1940.
Di fondamentale impatto emotivo fu il fatto che i loro aerei, oltre a riportare le insegne e i simboli della Raf, avevano sulla fusoliera anche i colori della bandiera cecoslovacca e il simbolo nazionale del leone. Come motto ufficiale rispolverarono una antica massima degli hussiti: “Ignora il loro numero”.
Complessivamente, durante la Seconda guerra mondiale, furono quasi 2500 i piloti e gli avieri cecoslovacchi che combatterono con la forza aerea britannica e il tributo in termini di vite umane fu molto consistente, visto che 493 di essi morirono in combattimento.
Leggendario il nome di Josef František, nativo della zona di Olomouc, un asso del volo che abbatté in battaglia 17 velivoli nemici. Morì durante un volo di perlustrazione nell’ottobre del 1940.
Tutto lasciava pensare che il coraggio dimostrato avrebbe fatto di questi uomini degli eroi nazionali, nella loro patria liberata dal nazismo. In realtà il loro destino non poté essere più crudele. A seguito del colpo di stato comunista, nel febbraio del 1948, tutti coloro che avevano combattuto con i paesi occidentali vennero ritenuti inaffidabili per la sicurezza nazionale ed esclusi dall’esercito e da ogni carica di responsabilità. In molti casi subirono l’accusa di essere dei traditori e così processati e imprigionati. La grande maggioranza del popolo cecoslovacco sino alla rivoluzione di velluto del 1989 rimase all’oscuro delle loro imprese e del loro eroismo.
E così torniamo al presente. Il Monumento del Leone alato (Památník Okřídleného lva), è stato inaugurato il 17 giugno, nel corso di una toccante cerimonia alla quale hanno preso parte anche nove anziani reduci, in divisa militare, visibilmente orgogliosi e commossi. Era presente anche il deputato inglese Sir Nicholas Soames, nipote di Sir Winston Churchill, mentre in cielo volteggiava uno storico caccia Spitfire.
Il monumento alla base riporta una scritta di ringraziamento della comunità britannica residente a Praga e nella Repubblica Ceca: “agli avieri cecoslovacchi che servirono nella Raf fra il 1940 e il 1945 per la libertà d’Europa, molti dei quali sono stati poi perseguitati dal regime comunista in Cecoslovacchia”.
Neanche le polemiche dei contestatori hanno potuto rovinare la giornata di festa e di memoria, doveroso e tardivo tributo a degli eroi dimenticati troppo a lungo.
di Lawrence Formisano