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Istituzione religiosa di Roma, è il punto di riferimento per i cittadini cechi nella Città Eterna

Collegio per giovani seminaristi che si preparano alla missione come futuri preti cattolici, punto di incontro, centro della vita religiosa, culturale e scientifica dei cechi nella capitale italiana. Tutto questo è il Pontificio Collegio Nepomuceno di Roma che quest’anno ha festeggiato i novant’anni di esistenza e attività.

La storia dell’istituto inizia in realtà prima del 1919, per la precisione nel 1884, quando venne fondato su istanza di papa Leone XIII il Collegio Boemo, antesignano del Nepomuceno, che dopo alcuni trasferimenti stabilì la propria sede in Via Sistina. “I boemi non furono mai stranieri in questa città” con queste parole Giovanni Paolo II ricordò nel 1984 la nascita del Collegio Boemo, in occasione del suo centenario. “Non c’è da meravigliarsi che il mio predecessore durante la solenne udienza per gli slavi venuti a ringraziarlo per l’enciclica Grande munus sui santi Cirillo e Metodio, abbia espresso, il 5 luglio 1881, il desiderio che fosse fondato a Roma un collegio per i figli della provincia ecclesiastica boema”.

Come si evince dal nome stesso, l’istituto era destinato soltanto ai seminaristi delle diocesi della Boemia ma dopo la Prima guerra mondiale e la nascita della Cecoslovacchia iniziarono ad arrivare a Roma ragazzi e uomini intenzionati a intraprendere gli studi teologici anche da Moravia, Slesia e Slovacchia. “La capacità del Collegio Boemo non era sufficiente e così negli anni Venti, per volere di papa Pio XI fu acquistato un terreno e nel 1929 venne aperto un nuovo edificio a cui fu dato il nome del santo ceco Giovanni Nepomuceno” racconta Tomáš Parma, vicepreside della Facoltà Teologica Cirillo e Metodio dell’Università Palacký di Olomouc. La nuova sede si trovava, e si trova tutt’ora, in via Concordia, al civico 1. “Il Nepomuceno è una delle più antiche istituzioni ceche all’estero, se non la più antica, ancora esistenti” continua orgoglioso Parma. “È a dir poco sorprendente che continui la sua attività dal 1884 ad oggi”.

Non sono certo mancati i momenti difficili, tra cui gli anni della Seconda guerra mondiale. “Già nel 1947 i vescovi cecoslovacchi, che fino ad allora avevano inviato al Nepomuceno finanziamenti per le necessità quotidiane, non avevano più fondi da destinare a Roma” spiega Parma. “Pare che spedirono un ultimo vagone di carbone e zucchero, poi il Nepomuceno si ritrovò all’improvviso in una situazione finanziaria precaria”.

Un rifugio per i cechi

Se le finanze scarseggiavano, il numero di seminaristi invece crebbe, a partire dal 1948. “Nell’epoca in cui nei vostri seminari veniva insegnata la teologia nello spirito dell’illuminismo e in cui il nascente nazionalismo ceco prendeva sfumature sempre più anti-ecclesiastiche e antipapali, uscirono dal Collegio boemo sacerdoti ben formati culturalmente e spiritualmente, devoti alla Santa Sede” ricordò ancora Papa Giovanni Paolo II nel discorso di cui sopra.

L’epoca a cui si fa riferimento è quella postbellica. Il totalitarismo comunista e i cambiamenti politici avvenuti in Cecoslovacchia spinsero molti giovani a fuggire oltre frontiera per diventare preti; al Collegio di Roma trovarono rifugio e la libertà di professare la fede cattolica. Oltre ai seminaristi, l’istituto accolse altri cechi, cattolici e non, i quali erano riusciti ad attraversare la cortina di ferro ma che dopo il 1948 non poterono fare ritorno in Cecoslovacchia. Una seconda ondata si ebbe dopo il 1968.

Il Nepomuceno era quindi un punto d’appoggio per i cechi in esilio, un luogo in cui trovare sì le cure spirituali ma anche vestiti, cibo e a volte persino un lavoro provvisorio. Alcuni si sdebitavano poi contribuendo al funzionamento della struttura.

Merita di essere citato il teologo e filosofo Karel Vrána per il contributo che diede al Collegio. Approfittava di ogni seminario tenuto in giro per il mondo per chiedere un sostegno ai seminaristi cechi di Roma ed ebbe parte non indifferente nella fondazione dell’Accademia cristiana, editore gestito dal centro culturale e religioso Velehrad che pubblicava varie riviste come Studie e Nový život e negli anni del regime totalitario diede alle stampe circa trecento titoli di letteratura religiosa, in tirature di migliaia di copie, molti provenienti dalla Cecoslovacchia comunista.

Il Nepomuceno assunse quindi un ruolo chiave nei rapporti con la Cecoslovacchia e nell’immagine del Paese all’estero. Dopo l’ordinazione molti sacerdoti usciti dall’istituto romano svolsero la loro missione nelle comunità dei connazionali all’estero, in Germania, Inghilterra, Svizzera, Australia, Stati Uniti o Canada, permettendo così agli immigranti cattolici presenti in quei paesi di professare la fede nella propria lingua materna. Molti altri fecero poi parte dell’élite del clero ceco. Tra gli ex alunni più noti ci sono i vescovi Karel Kašpar, Josef Beran, Jozef Tomko o Karel Otčenášek.

Il cardinale Josef Beran, arcivescovo di Praga, dopo essere stato internato nei campi di concentramento dal regime nazista e aver trascorso quattordici anni in prigione in epoca comunista, giunse a Roma per intercessione del Vaticano e nella capitale trascorse gli anni del suo esilio. Si spense al Collegio il 17 maggio 1969 e quest’anno, nel cinquantesimo anniversario della sua morte è stata offerta la possibilità di visitare la camera in cui è spirato.

Per riprendere il filo storico, dopo il 1989 il Nepomuceno ritornò a funzionare esclusivamente come collegio, ad eccezione di due brevi parentesi nei primi mesi del 1990 e del 1993 in cui ospitò provvisoriamente l’Ambasciata ceca presso la Santa Sede. L’istituzione è sottoposta direttamente alla Santa Sede e guidata da un rettore, un prorettore e un Padre spirituale. I seminaristi, che studiano all’Università Laterana, sono in prevalenza cechi; l’interesse delle diocesi slovacche al sostegno delle attività del Nepomuceno cessò infatti dopo la divisione della Cecoslovacchia nel 1993. Nel 1961 era stato inoltre fondato l’Istituto Slovacco dei Ss. Cirillo e Metodio, elevato poi a Pontificio Collegio nel 1997.

Preti e seminaristi alloggiano nell’edificio principale, dove ci sono anche la grande cappella di San Venceslao, cucina e lavanderia, il centro storico e la biblioteca. Accanto c’è un edificio più piccolo con la portineria, occupato dalle suore di San Borromeo, che offrono assistenza agli abitanti della struttura e hanno una cappella mariana dedicata.

Un centro di cultura e scienza ceca a Roma

Come si diceva in apertura, il Collegio è anche un luogo di aggregazione. È sede dell’Associazione Praga e una volta al mese apre le porte a chiunque voglia prendere parte alla messa celebrata in ceco.

Tra i suoi principali progetti c’è la Scuola Ceca Roma (Scr), scuola materna ed elementare aperta nel 2011 per iniziativa di Kateřina Di Paola Zoufalová, che sin dall’inizio ne è la direttrice. I bambini, provenienti da famiglie ceche o italo-ceche, seguono un programma basato sul piano di studio della scuola dell’obbligo ceca e focalizzato sullo sviluppo del bilinguismo, imparano cioè la lingua ceca, la cultura e le tradizioni nazionali con approfondimenti su personaggi o eventi storici importanti e iniziative speciali come concerti, gite e colonie estive, o momenti conviviali come la festa di San Nicola.

Il Nepomuceno è infine un centro scientifico in quanto ospita l’Istituto Storico Ceco dell’Accademia delle Scienze, aperto nel 1993 e membro dal 1998 della prestigiosa Unione Internazionale degli Istituti di Archeologia, Storia e Storia dell’Arte di Roma. Grazie ad esso storici ma anche archeologi, storici d’arte o letteratura cechi giungono a Roma con delle borse di studio e hanno la possibilità di fare ricerca negli archivi e nelle biblioteche italiani e vaticani.

Seminaristi, bambini e studiosi hanno potuto partecipare in primavera ai festeggiamenti per il novantennio del Nepomuceno. L’apertura ufficiale avvenne il 23 aprile 1929, giorno in cui si ricorda sant’Adalberto di Praga. Quest’anno il 23 aprile cadeva nell’ottava di Pasqua, per cui la ricorrenza è stata posticipata al 29 aprile, quando alla messa solenne sono seguiti un concerto dell’orchestra Archi di Kolín e una grigliata nel giardino dell’edificio. Un dovuto omaggio a questo centro religioso, culturale e scientifico, che continua ad essere un punto di riferimento per i cechi nella capitale da ben novant’anni.

di Sabrina Salomoni