All’epoca del comunismo i cechi erano costretti ad accontentarsi di poco: la scelta nei negozi di alimentari era ridotta allo stretto necessario e uguale dappertutto. Per la carne e i salumi di qualità bisognava avere qualche conoscenza. Per le banane e le arance si facevano code interminabili. Con la caduta del regime e il successivo arrivo sul mercato degli alimentari occidentali il consumatore ceco andava matto per ogni prodotto marchiato Ovest, convinto che fosse migliore. Oggi, oltre vent’anni dopo la fine del regime, assistiamo a una svolta: i cechi, in cerca di alimentari genuini, freschi e sani optano per i prodotti locali, cominciano ad averne le tasche piene dell’uniformità degli ipermercati e delle grandi multinazionali, tornano alle piccole botteghe private e il sabato nei mercati all’aperto, nelle piazze anche delle grandi città, dove gli agricoltori vendono la propria produzione direttamente al cliente finale, „dalla cascina alla tavola“.
Secondo la stampa, i mercati all’aperto, così come i distributori automatici di latte fresco, non pastorizzato, sono diventati il fenomeno del 2010. Quest’anno è prevista una loro espansione non solo a Praga, ma in tutta la Repubblica ceca. E l’attenzione che i cechi dedicano al prezzo e alla provenienza della carne suina, del pollame e delle uova è oggi più spiccata che mai, dopo lo scandalo diossina della Germania.
Bancarelle all’aperto contro gli ipermercati. E “no” all’aglio cinese
Perché dare la precedenza ai mercatini all’aperto piuttosto che ad un ipermercato, dove si trova tutto a portata di mano? “Avete mai sentito il profumo della freschezza nei supermercati? E’ proprio questo che nei supermercati manca e che spinge i praghesi ad alzarsi sabato di buon‘ora, prendere una cesta per la spesa e magari attraversare tutta la città, per comprare frutta e verdura profumata e saporita, formaggi, salumi e pane fresco” è la risposta convinta di Jan Veleba, il presidente dell’Agrární komora, la Camera agraria della Repubblica Ceca.
Un’ulteriore testimonianza di quale sia il desiderio di prodotti genuini – che non abbiano viaggiato migliaia di chilometri per giungere sulla tavola dei cechi – ce la offrono i migliaia di fan iscrittisi al gruppo di Facebook “Vogliamo mercati all’aperto a Praga” (Chceme v Praze farmářské trhy). “Ok, per la frutta tropicale vado in un supermercato o in un negozio gestito da vietnamiti. Ma perché devo comprare lì anche l’aglio, che arriva da noi dopo un viaggio interminabile dalla Cina, se proprio l’aglio è un prodotto tradizionale della nostra terra? Preferisco comprarlo nelle bancarelle. Costa di più, ma me ne basta meno. Due spicchi di aglio ceco valgono un mazzo intero di quello cinese” sostiene Petra, una casalinga, con carrello, incontrata nel mercato di Holesovice. Il problema è piuttosto che l’aglio ceco non si trova quasi più. In parecchi casi è stato sostituito da quello cinese, più economico. Secondo Jaroslav Zeman, il presidente dell´Unione degli agricoltori cechi e moravi, oggi alla produzione agricola di questo prodotto vengono dedicati solo 67 ettari, mentre all’epoca del comunismo si superavano i 300 ettari di terreno coltivato ad aglio.
Per paura di una costante perdita della clientela, gli ipermercati cominciano a reagire ai bisogni del consumatore ceco e alle campagne che sostengono la produzione locale. Peraltro, le società multinazionali che gestiscono nella Repubblica ceca gli ipermercati già da anni fronteggiano le critiche degli agricoltori e dei produttori regionali che, costretti a confrontarsi con importazioni a prezzi stracciati, si sentono discriminati. “Dall’estero proviene oltre il 60% della verdura che si vende in Repubblica Ceca, il resto lo compriamo da agricoltori locali”, conferma Eva Karasova, portavoce della catena commerciale Tesco. D’inverno la percentuale della frutta e della verdura locale scende al 25%. Alcune compagnie del settore provano a tendere la mano: la catena commerciale Billa programma un progetto congiunto con la Camera agraria ceca per aumentare la quota dei prodotti bio locali. Il discount Penny Market ha avviato la collaborazione con gli agricoli cechi, che nel corso della stagione estiva diventeranno fornitori principali.
Arrosto di maiale, crauti e knedlik- piatto tipico ceco con carne tedesca contaminata. No alla bandiera Ue sul prodotto
Quando a metà gennaio è scoppiato lo scandalo con la carne e le uova tedesche alla diossina, gli agricoltori cechi hanno reagito subito chiedendo allo Stato di inasprire i controlli. Le catene commerciali operative nella Repubblica Ceca hanno invece respinto la richiesta della Camera agraria e alimentare perché garantissero la qualità della carne e delle uova importate. Secondo le catene commerciali, sono gli importatori a garantire la non pericolosità dei prodotti. “Il problema è però che lo Stato non ha una registrazione precisa di quello che si importa”, ha detto recentemente al quotidiano Mlada fronta Dnes Andrej Babis, il capo della holding Agrofert, il maggiore gruppo agroalimentare ceco. Secondo lui, lo Stato dovrebbe gestire un registro delle importazioni dei prodotti alimentari freschi, come l’ha fatto l’Ungheria. “In ogni caso dovrebbe essere vietata l’attuale pratica, per cui il pollo importato dalla Polonia (ma anche la carne della Germania, ndr) viene imballato e etichettato CZ venendo considerato un prodotto ceco” ha fatto notare Babis, secondo il quale lo Stato non protegge il consumatore ceco.
Il ministro dell’Agricoltura Ivan Fuksa (Civico democratico, Ods) vuole che il governo entro fine febbraio approvi l’obbligo degli importatori di informare i rispettivi organi di controllo della provenienza degli alimentari importati. Uova, pollo e maiale devono avere il proprio “certificato di nascita” affinché il consumatore ceco possa scegliere fra il prodotto importato e quello locale. Si può optare se c’è la possibilità di scelta, ma visto il calo generale della produzione locale di carne, la scelta stessa è a rischio. Secondo l’Ufficio statistico (Csu), la produzione della carne nella Repubblica ceca è calata del 3,1% su base annua, a 538 554 tonnellate. Secondo Jan Veleba della Camera Agraria, il calo della zootecnica e il fallimento dell’agricoltura ceca in generale è iniziato con l’entrata della Repubblica ceca nell’Ue (maggio 2004). “Prima dell’entrata in Ue la produzione annua della carne di maiale era oltre 400 000 tonnellate. Nel 2010 la produzione è calata a 275 905 tonnellate”.
La maialatura (zabíjačka): alla riscoperta della tradizione
Capita così che i cechi, confusi da ondate di notizie sulla tossicità degli alimentari lavorati in modo industriale, tornano alle tradizioni radicate nella loro storia. Mentre una decina di anni fa i contadini rinunciavano in massa all’allevamento domestico del pollame e dei suini, oggi il rito della maialatura (zabíjačka) del suino nutrito senza additivi chimici suscita di nuovo un grande interesse. Significativa la zabíjačka che si è svolta nel centro di Praga, a Namesti Miru, a fine gennaio. Davanti alla Chiesa di Santa Ludmila centinaia di praghesi hanno potuto assaggiare salsicce di fegato, roventini, gulasch, bollito, pressata, sanguinaccio e altri prodotti tradizionali, preparati e cucinati con maestria sul posto da macellai esperti. “Le azioni di questo genere, nonché i mercati all’aperto con i prodotti locali dovrebbero svolgersi più spesso” era la convinzione dominante fra i cittadini presenti.
Il boom dei distributori automatici del latte, anche se sono a rischio
Indicativo anche quanto sta avvenendo con i distributori automatici del latte, il cui boom è iniziato lo scorso anno. Offrono latte fresco, non pastorizzato, senza additivi, con vitamine, calcio e proteine. Latte che deve essere consumato entro tre giorni. Nonostante l’avvertimento di Michael Vit, il capo dell’Ufficio igiene pubblica della Repubblica ceca, che sconsigliava il consumo del latte fresco per la presenza di elementi patogeni e virus, il latte crudo appena munto ha trovato la sua clientela in tutte le grandi città. L’anno scorso ne sono stati installati 77 su tutto il territorio della Repubblica ceca. L’idea è nata con la situazione creatasi nell’autunno del 2009, quando gli agricoltori della Cechia, della Moravia e della Slesia hanno versato nei campi decine di migliaia di litri di latte per protestare contro i prezzi d’acquisto estremamente bassi. “Il costo di produzione di un litro va da un minimo di otto sino dieci corone. Poi ce lo comprano a cinque corone e mezzo. Andando avanti così sarei stato costretto a disfarmi delle mie 70 mucche, un allevamento al quale ho dedicato 12 anni della mia vita” ha spiegato Zdenek Plocek, un allevatore che ha investito nel suo primo distributore automatico 190 mila corone. Il latte attraverso queste macchine può venderlo a 15 corone al litro. Il consumo è cresciuto dai 70 litri nella prima settimana a 130 litri nella seconda (la capacità di un distributore è di 200 litri), cosa che ha convinto Plocek del ritorno sicuro dell’investimento.
Prossimi mercatini nelle piazze di Praga:
• Kubanske namesti, Praga 10, dal 26 febbraio, ogni martedì, mercoledì e sabato
• Naplavka, Praga 2, da metà marzo, ogni sabato
• Namesti Jiriho z Podebrad, Praga 3, da metà marzo, il mercoledì e il sabato
• „Kulatak“, Praga 6 – Dejvice, dal 19 marzo, il sabato e la domenica
• E’ prevista a fine estate l’apertura di un nuovo mercato in piazza Tylovo, Praga 2, con 16 bancarelle e distributori automatici del latte
Dati statistici sulla produzione della carne:
• Dal 2008 cala la produzione della carne di maiale ceca in media del 10% su base annua
• Nel 2011 il calo previsto è del 15- 20% in meno
• Nel 2011 è previsto il calo sotto la soglia del 50% dell’autosufficienza nella produzione della carne di maiale
(fonte: CSU)
Previsione della Camera agraria ceca riguardante l’evolversi nel settore dell’allevamento dei suini:
• Al 31.3.2011 riduzione effettivi suini del 13% o 19% su base annua (secondo Veleba la riduzione è dovuta ad importazioni massicce di maiale tedesco a prezzi di dumping)
Di Iveta Kasalická