Negli ultimi anni la prelibatezza del gelato artigianale italiano intercetta sempre più l’interesse dei cechi. Sensibile alle variazioni climatiche, il mercato del gelato si mantiene stabile da vent’anni. Tra i gelati industriali, i classici stecchi d’epoca socialista sono più amati della più nota concorrenza straniera
Apprezzato in tutto il mondo, il gelato è il dolce per eccellenza da gustare in estate. I cechi non fanno eccezione. Certo, non si può dire che il mercato locale tocchi cifre da capogiro ma il consumo rientra nella media europea. In calo rispetto ai 4,8 litri pro capite del 2010, nel 2014 i cechi ne hanno consumato 3 litri contro i 10 degli scandinavi, in cima alla lista, per un totale di 34 milioni di litri. Il 38% è costituito da gelati soft o in coppetta, il resto da quelli industriali. Mentre in Italia va tutto l’anno, i produttori cechi devono accettare i capricci del clima e i quattro mesi caldi sono fondamentali. Nel 2013 la neve ad aprile e l’alluvione a maggio hanno causato un calo di circa un milione di litri.
“Il consumo in Repubblica Ceca è inferiore a quello degli altri Paesi in cui ho lavorato” conferma Moreno Faganello, proprietario di Gelati Eis Caffè, nel centro commerciale Arkády Pankrác di Praga. Dopo l’esperienza in Germania e Austria, nel 2005 apre una gelateria a Brno e tre anni più tardi quella della capitale. Nella gastronomia ceca la produzione artigianale “prende piede a poco a poco e solo negli ultimi anni ha conquistato l’interesse dei clienti”.
Il dessert freddo si diffuse in Cecoslovacchia ai primi del Novecento, quando gli artigiani italiani, perlopiù veneti di Longarone e della Val di Zoldo, tramandarono la loro arte nella Mitteleuropa. Proprio a Longarone dal 1959 si tiene la Mostra Internazionale del Gelato. La patria del celebre semifreddo – la cui storia ha origine addirittura nella Cina del 3000 a.C. – è l’Italia. Tre sono i connazionali da citare: Bernardo Buontalenti che nel Cinquecento creò il primo gelato cremoso, aromatizzato agli agrumi; Procopio de’ Coltelli che lo rese famoso in tutta Europa aprendo nel 1686 a Parigi il Cafè Procope, ritrovo d’intellettuali e letterati quali Voltaire e Rousseau, Balzac, Hugo o Oscar Wilde; infine Italo Marchioni che nel 1903 inventò il cono di cialda.
Oggi è la Giornata Europea del Gelato Artigianale ad accrescerne la fama. Istituita nel 2008 dal Parlamento europeo, è l’unica ricorrenza dedicata a un alimento e quest’anno si è celebrata a Praga, su iniziativa proprio di Moreno Faganello. Esperti gelatieri venuti appositamente da Belluno hanno proposto speciali ricette create con una macchina del 1920.
Se negli anni ‘60 la produzione artigianale fu messa a dura prova dal successo dell’ice cream industriale, oggi sono le aziende di semilavorati il maggiore ostacolo. C’è chi compra solo il preparato e crea la base tradizionale con latte, panna e zucchero e chi vende un prodotto che si rivela semi-industriale. È anche vero che “con il passare del tempo la clientela è più attenta e sa distinguere i numerosi surrogati dall’artigianalità” commenta Faganello, in particolare all’estero dove non è inusuale imbattersi nell’insegna “vero gelato italiano” ma spesso d’italiano c’è solo il nome.
Ogni Paese ha i propri gusti e abitudini. “Il cliente ceco è simile al tedesco” nota, “preferisce la consumazione al tavolo piuttosto che a passeggio come in Italia e inizia a vederlo come valido sostituto di un pasto” piuttosto che come sfizio per rinfrescarsi nel pomeriggio o verso sera. Ci si orienta verso gusti meno dolci, i preferiti in assoluto sono vaniglia, fragola e cioccolato. “Sono l’80% del venduto, però devo dire che i clienti apprezzano le novità e almeno una volta le provano”. La proposta di Faganello è davvero variegata, si vendono bene mango o zenzero ma si trovano anche gusti insoliti come birra o parmigiano. Un anonimo scrive su un forum: “Consiglio una visita. Una così ampia scelta non si trova ovunque”.
“Emerge una differenza fra moravi e boemi” osserva ancora il gelataio italiano “i primi sono tradizionalisti mentre i praghesi, più abituati al contatto con i turisti, sono aperti alle novità”.
Nel centro storico spiccano le gelaterie Angelato e Světozor. Quest’ultima è famosa per il suo gelato soft, in ceco točená zmrzlina. Nella versione fragola-banana o vaniglia-cioccolato è il favorito da generazioni di praghesi, pronte ad affrontare una lunga fila per un cono. La pasticceria, nell’omonima galleria che sbocca su Piazza Venceslao, è parte della società Hájek a Boušová che negli anni ‘90 era il terzo produttore di gelato artigianale in Cechia. Sulla stessa piazza c’era anche Ovocenka, locale specializzato in dessert alla frutta e frequentato anche dagli artisti del teatro Semafor. Lì il pasticcere Rudolf Linka negli anni ‘70 vendeva il gelato alla banana, rarità mondiale che ha tuttora i suoi estimatori. “Una leccornia gettonata in quell’oasi alla frutta era la Banana con cioccolata e panna” così Renata ricorda nostalgica gli anni liceali.
Poco diffuso in Italia, il gelato soft torna di moda grazie al lancio dei cornetti soft Algida. Il consumatore ceco lo gradisce per cremosità e leggerezza e due artisti locali ne hanno dato le sembianze al premio che inaugura la Scuola cinematografica estiva di Uherské Hradiště. L’anno scorso il regista inglese Peter Greenaway è stato il primo a ricevere un cono di porcellana di 32 centimetri.
Per quanto riguarda i gelati confezionati i gusti non cambiano. Le fragole sono il principale ingrediente dei due stecchi più amati e venduti, Míša e Mrož, entrambi a base di frutta e formaggio quark (in ceco tvaroh) con copertura al cioccolato. Sebbene le aziende lancino a ogni stagione delle novità, non riescono a intaccare la fama di questi due articoli con cui Algida e Prima si contendono la fetta preminente del mercato. La gran concentrazione di frutta e il basso contenuto calorico confermano l’inclinazione dei cechi per gelati semplici, senza tanti aromi e piccoli, poiché le vaschette da chilo e il consumo a casa sono limitati. Secondo i dati di AC Nielsen il più venduto è Míša con una quota del 13%, al secondo posto Mrož classico (che nei diversi gusti raggiunge tuttavia il 16%) e al terzo Twister green di Algida. Fenomeno locale, Mrož tenta d’imporsi anche all’estero ma la combinazione di tvaroh e frutta altrove non si trova e non piace. Míša prova intanto a farsi strada in Slovacchia. Con una ricetta pressoché invariata, è in produzione dal 1962 quando alla latteria praghese Laktos di Vysočany si ebbe l’idea di congelare del quark con panna e zucchero.
Se il mercato dei gelati industriali è più o meno stabile da vent’anni, non è immune ai mutamenti. Da un lato cambia la produzione, i surrogati sono oggi lo standard, come gli oli vegetali che sostituiscono la panna. Dall’altro la clientela richiede ingredienti di qualità, come per il gelato artigianale, e per cui valga la pena pagare qualche corona in più.
I cechi non rinunciano alle marche locali e i gelati d’epoca socialista – Míša, Ledňáček, Ruská zmrzlina o Eskymo – non sbaragliano la concorrenza straniera di Magnum o Carte d’Or. Per alcuni vince il prezzo, inferiore rispetto a quelli importati, per i nostalgici che li compravano negli anni ‘80 sono i gusti dell’infanzia.
Prima è il maggior produttore di Ruská zmrzlina, il gelato russo. Prodotto nell’Unione Sovietica fin dagli anni ‘30 del Novecento, era esportato nei Paesi del blocco occidentale e distribuito alle rivendite della Cecoslovacchia socialista. Sostanzioso dolce alla panna tra due wafer, era fra i migliori e competitivi nel prezzo. Oggi mantiene il nome ma è realizzato in Cechia. Anzi, la situazione si è ribaltata e dalla Moravia interi camion partono per Mosca, Paesi baltici, Germania e dal 2014 anche Stati Uniti.
Artigianale o no, importato o locale, il gelato soddisfa da secoli i palati d’ogni età, confermandosi un bene irrinunciabile, destinato a occupare ancora a lungo un posto di rilevanza nel mercato.
di Sabrina Salomoni