Eliška Krásnohorská, la scrittrice praghese antesignana del femminismo
Un’intera esistenza dedicata all’emancipazione delle donne. La sua amicizia con Karolina Světlá, la prima a riconoscerne il grande talento, e con Bedřich Smetana, che la volle come sua librettista
Se nel XVIII secolo Maria Teresa d’Austria aveva introdotto l’obbligo scolastico per maschi e femmine, fu Eliška Krásnohorská, un secolo dopo, a garantire alle ragazze l’istruzione superiore e universitaria
Durante un recente viaggio a Praga ci è capitato di soggiornare in un palazzo situato tra Národní třída e Karlovo náměstí, precisamente in via Černá, in un quartiere che nell’Ottocento non doveva essere altolocato. Una targa apposta al civico 169/15 ci offre lo spunto per raccontare la storia di una donna che merita di essere ricordata per il suo apporto alla cultura e alla società dell’Ottocento e dei primi decenni del Novecento.
Eliška Krásnohorská, il cui nome di battesimo è Alžběta Pechová, nacque a Praga il 18 novembre 1847, settima degli otto figli di Andreas Pech, un artigiano che morì di colera quando Alžběta aveva solo tre anni. Nonostante le ristrettezze, la madre riuscì a fare studiare i figli e insegnare loro valori quali modestia, parsimonia e semplicità. Alžběta frequentò l’istituto privato dei coniugi Svoboda e in quella scuola nacque parte del suo futuro pseudonimo; il direttore la chiamava infatti Eliška, versione prettamente ceca del nome ebraico Alžběta. Quando aveva dodici anni, la maestra Svobodová consigliò alla madre di farle sospendere gli studi poiché non avrebbe potuto imparare nulla di nuovo. Eliška aveva infatti approfondito molti ambiti da autodidatta grazie alla lettura, inoltre la famiglia Pech era sempre stata in contatto con una cerchia di artisti, per cui non fu difficile coltivare lo studio del pianoforte e il canto, il disegno e la pittura, la poesia e la prosa.
Nel gennaio 1863 prese parte al suo primo ballo in società e conobbe i patrioti cechi dell’epoca, tra cui la grande scrittrice Karolina Světlá. Quest’ultima, con cui instaurò una lunga amicizia, ne riconobbe il talento, la convinse a dedicarsi alla scrittura e la iniziò al femminismo. Le sue prime poesie vennero pubblicate sulla rivista Lumír e fu allora che nacque lo pesudonimo Eliška Krásnohorská. Il cognome era un omaggio alla località Krásná Hora da cui proveniva il padre.
L’incontro fondamentale con Smetana
Nello stesso anno conobbe anche il compositore Karel Bendl che le offrì di collaborare al libretto della sua opera prima, Lejla, mentre il fratello Jindřich, musicista e insegnante di pianoforte, le presentò Bedřich Smetana. Un incontro fondamentale sia per la musica che per la letteratura. Smetana le chiese di tradurre in ceco dei duetti di Schumann e rimase molto colpito da come la traduzione si sposasse bene con la melodia, nonostante le avesse inviato il testo senza partitura.
Eliška amava la musica e in quel periodo cantava come contralto nel coro Hlalol di Plzeň, dove si era trasferita con la madre. Purtroppo a sedici anni fu invece costretta ad abbandonare il pianoforte a causa dei primi sintomi di un’artrite reumatoide che l’avrebbe accompagnata per il resto della vita e motivo per cui non si sposò e non ebbe mai figli.
Nel 1871 iniziò la collaborazione con Smetana che portò alla nascita di Hubička (Il bacio), Tajemství (Il segreto) e Čertova stěna (Il muro del diavolo), le ultime tre opere compiute del compositore. Il rapporto di amicizia e stima reciproca è testimoniato da una fitta corrispondenza da cui emergono anche il processo creativo, la consapevolezza di Eliška del genio di Smetana e l’estrema abnegazione nel mettersi al servizio della sua musica, nonostante fosse stata più volte attaccata dalla critica per il suo contributo come librettista. La ragazza considerava la stesura di un libretto al pari dell’attività poetica e sapeva consigliare allo stesso Smetana come esaltare un’opera e cercare di raggiungere la perfezione. A suo avviso il difetto principale dei librettisti dell’epoca era la tendenza a sottovalutare il ritmo naturale delle parole e la declamazione musicale ceca. Allora la lingua dell’educazione e della comunicazione scritta era il tedesco. Il ceco veniva usato solo nel parlato. Rappresentante dei Ruchovci, un gruppo di poeti e scrittori che negli anni ‘70 e ‘80 lottava contro le influenze straniere sulla letteratura ceca, Eliška Krásnohorská cercava di promuovere la lingua ceca e temi prettamente nazionalistici.
In quel 1871 viveva in via Černá e nello stesso edificio avevano in affitto un appartamento degli ex studenti di Smetana, i fratelli Jiránek. Durante una visita in quel palazzo, Smetana chiese alla scrittrice un nuovo libretto e gli fu proposto Hubička, un racconto di Karolina Světlá. Per convincerlo provò da sola a scrivere musica e testo della prima scena e Smetana fu così conquistato dalla musicalità dei suoi versi che si mise subito a comporre la partitura. Eliška ricordò in seguito di non averlo mai più visto lavorare con tanto entusiasmo. La prima, a cui parteciparono varie personalità della scena culturale dell’epoca, ebbe un successo inusuale e la meraviglia del pubblico, inizialmente scettico perché il compositore era già sordo, non fece che accrescere durante la serata.
Smetana le chiese subito un nuovo testo, lasciandole carta bianca nella scelta del tema. Il testo de Il segreto (Tajemství), che aveva tratti comici e romantici e traeva ispirazione dalla vita in campagna, fu esclusivamente frutto dell’immaginazione della poetessa. Smetana lo giudicò malinconico, forse perché influenzato dal pessimismo di quel periodo, dovuto ai suoi problemi finanziari. Ebbero modo di discuterne personalmente nella primavera del 1877, quando Smetana si trattenne a Praga per tre mesi, nell’appartamento del pianista Josef Jiránek in via Černá. Nel salone in cui Eliška lo riceveva non avreste trovato credenze piene di soprammobili. A suo avviso nella casa di una donna moderna, sposata o meno, l’apparenza e la simulazione del lusso andavano escluse a beneficio di un arredamento funzionale. I ninnoli decorativi erano sostituiti da una libreria e al posto di sedie intarsiate c’era una comoda poltrona in cui immergersi nella lettura.
Il segreto (Tajemství) ebbe un’accoglienza positiva e Smetana volle dimostrarle la propria riconoscenza donandole un servizio da caffé in argento con l’incisione dei nomi delle opere a cui avevano lavorato assieme. Eliška infatti si era sempre accontentata del ruolo di collaboratrice e non aveva mai chiesto un compenso a Smetana, considerava la loro collaborazione un atto di solidarietà tra artisti patrioti e un supporto al popolo ceco che aveva bisogno di vivere la cultura nella propria lingua materna. Non aveva mai cercato di convincerlo della qualità dei propri testi e soffrì nel diventare bersaglio di critiche. A Smetana fu consigliato di cambiare librettista fin dalla prima opera ma lui non ascoltò mai quei consigli e le confidò: “La gente nemmeno immagina cosa significhi creare un lavoro grandioso come un’opera, soprattutto per me, sordo e sfinito dalle preoccupazioni! Io sono avvezzo ai vostri versi, a quella musica che percepisco in essi e che non sento nei versi di nessun’altro”.
Il lavoro a Il muro del diavolo fu difficile per entrambi, per i problemi di salute di lui e perché lei non riusciva a produrre un testo sufficientemente comico, senza che risultasse eccessivo. Era decisa a non scrivere nessun altro libretto e dedicarsi solo all’attività letteraria che richiedeva un minor stress psichico. Ripresero comunque a lavorare a Viola, un libretto iniziato nel 1871 e rimasto nel cassetto per tredici anni ma fu terminato solo il primo atto e l’opera rimase incompiuta.
La lotta per i diritti delle donne con l’amica Světlá
Durante il decennio di collaborazione con Smetana, Eliška non trascurò altre attività. Oltre alla stesura di sedici libretti, fu autrice della versione ritmica in lingua ceca della Carmen di Bizet, scrisse saggi critici e romanzi per ragazze, tradusse autori noti come Puškin, Mickiewicz, Byron o Il piccolo lord della Burnett e si dedicò alla letteratura per l’infanzia che non era un campo sviluppato. Attraverso le sue favole voleva trasmettere ai più piccoli alcuni valori morali come il giusto comportamento verso i genitori.
Sentiva tuttavia la mancanza di un riconoscimento e ne vedeva la causa nella disuguaglianza dei diritti tra uomini e donne. Ne parlava spesso con l’amica Světlá che già lottava per i diritti delle donne e aveva fondato la rivista Ženské listy. Nelle pagine della rivista, in cui Eliška lavorò per 35 anni, le donne di allora, abituate a prendersi cura della famiglia e della casa, potevano esprimere i loro pareri.
Nella seconda metà dell’Ottocento si parlava maggiormente di emancipazione femminile, anche nell’ambiente piccolo-borghese ceco. Nel 1871 iniziò a operare il “Ženský výrobní spolek český”, un’associazione cooperativa femminile ceca presieduta sempre da Karolina Světlá e poi diretta da Eliška Krásnohorská. Quest’ultima vedeva nel principio stesso dell’istruzione delle ragazze la condizione essenziale per la loro emancipazione sociale. Sognava una scuola in cui l’insegnamento venisse impartito in ceco, che durasse quanto i ginnasi maschili e terminasse con la maturità. Ci vollero sedici anni per realizzare quel sogno. Fino ad allora le ragazze potevano frequentare dei corsi di breve durata in cui s’insegnavano materie classiche e attività più pratiche come la cura della casa, della famiglia e dei malati e qualche semplice calcolo aritmetico. Eliška indisse una petizione per aprire una nuova scuola ma dovette fare i conti con la disapprovazione di molti politici e patrioti cechi, tra cui persino Alois Jirásek, padre di cinque figlie. Con alcune migliaia di firme, nel giugno 1890 fondò inizialmente l’associazione Minerva, che avrebbe dovuto finanziare l’istituto. L’omonima scuola fu inaugurata il mese successivo ed era il primo ginnasio femminile ceco dell’impero austro-ungarico. Oggi il ginnasio, dove studiarono Alice Masaryková, Milena Jesenská o Zdena Škvorecká, porta il nome della sua fondatrice.
L’obiettivo successivo era far accedere le ragazze all’università e fu centrato nel 1897 con le prime iscrizioni alla facoltà di filosofia dell’Università Carlo di Praga.
È difficile trovare altre donne che abbiano contribuito maggiormente, contando sulle proprie forze, al movimento di riforma femminile e alla lotta per l’istruzione delle donne. Un merito che alla fine le fu riconosciuto. Eliška Krásnohorská fu la prima donna in assoluto a essere nominata membro ordinario dell’Accademia Cecoslovacca delle Scienze e dell’Arte, nella nuova Repubblica guidata dal presidente Tomáš Garrigue Masaryk e a ricevere il dottorato d’onore dall’Università Carlo di Praga. Tra gli altri riconoscimenti si annoverano anche la Croce al merito austriaca assegnatale dall’imperatore Francesco Giuseppe I e la Medaglia d’argento per i meriti civili donatale dalla città di Praga.
I risultati appaiono ancora più lodevoli se si considera che era gravemente malata fin dall’adolescenza. Negli ultimi anni non riusciva a scrivere per i dolori alle mani, si muoveva a fatica e guardava il mondo dalla sua finestra di via Černá finché i suoi tormenti non ebbero fine nel 1926.
Oggi è ricordata da alcune targhe commemorative e, passeggiando nella Città Nuova di Praga, non si può non notare la bianca statua di marmo in Piazza Carlo, opera di un’artista che oggi è quasi sconosciuta. Si chiama Karla Vobišová ed è stata la prima donna ceca a mantenersi con la professione di scultrice. Realizzò la statua dedicata a Eliška Krásnohorská con i mezzi forniti dal Ženský výrobní spolek; il monumento fu inaugurato il 31 maggio 1931 e posto di fronte alla statua dell’amica Karolina Světlá.
Karla Vobišová, la cui opera più degna di nota è la tomba di San Adalberto nella Cattedrale di San Vito, è anche l’autrice di quella targa in via Černá 169/15 da dove è partito il nostro racconto, apposta sulla casa in cui morì la paladina dell’emancipazione femminile ceca.
di Sabrina Salomoni