Alla scoperta di Dolní Vítkovice, uno dei più antichi complessi industriali della storia europea, che adesso vive di musica, sport e turismo
Appena arrivati, Ostrava si presenta come una città ben organizzata e moderna, grazie alla stazione dei tram di recente costruzione e alla buona rete di trasporto pubblico che, nella tratta verso il centro, offre uno skyline originale e differente da quello delle altre principali città del Paese. Se Praga offre la vista del Castello, le torri della chiesa di Santa Maria di Týn o la cupola del Rudolfinum, Ostrava propone le combinazioni di tubi e acciaio delle vecchie fabbriche di Dolní Vítkovice, uno dei complessi siderurgici più importanti della storia di questo Paese e di tutta Europa. Il Hradčany di Ostrava – così viene chiamato l’insieme di strutture industriali – affascina l’osservatore come espressione chiara e immediata di un passato di storia e di lavoro.
I tram si fermano proprio in mezzo alle torri di acciaio di questa insolita fortezza, costellata al suo interno da grandi prati verdi. La voglia di alzare la testa verso l’alto e immortalare il contrasto tra l’azzurro del cielo e il marrone dei tubi è tanta, ma bisogna fare in fretta perché negli uffici turistici ci aspetta una guida pronta a raccontarci Dolní Vítkovice. Si chiama Jakub, studente di fisica, che ci accoglie con l’entusiasmo di chi ha l’opportunità di rinfrescare il suo inglese. Con in testa il casco e in mano la macchina fotografica e il taccuino, ci avviamo dunque verso la Bolt Tower, da dove è possibile ammirare buona parte del capoluogo della Moravia-Slesia.
La Bolt Tower è una torre montata sopra un vecchio altoforno, costruita cinque anni fa grazie al progetto dell’architetto Josef Pleskot e nominata Building of the Year 2015. Alta quasi 80 metri e dotata di passerelle sotto le quali pare esserci il vuoto, causa momenti di panico per i visitatori che soffrono di vertigini. Una volta arrivati su, però, l’ex complesso siderurgico di Dolní Vítkovice si manifesta in tutta la sua imponente omogeneità. Costituito da tre blocchi che in passato caratterizzavano l’area industriale delle acciaierie della città, la geografia del sito è composta dagli altiforni, collegati alla cokeria e all’industria chimica tramite nastri, impianti e ponti di trasporto, e dalla miniera di Hlubina, da cui in passato arrivava il carbone da trasformare in acciaio. Nel resto del complesso si trovano invece gli edifici amministrativi e quelli per la produzione meccanica. A rendere omogenea questa mescolanza di tubature e impianti è il colore, contraddistinto da sfumature a metà tra il rosso e il marrone, che richiama alla memoria le lezioni di storia sulle rivoluzioni industriali.
E la memoria, in questo caso, non inganna per nulla: Dolní Vítkovice è stato uno dei grandi protagonisti dello sviluppo economico di questa parte dell’Europa. L’anno di svolta fu il 1763, quando nella valle di Burňa fu trovato il primo giacimento di carbone nero.
A partire da questo evento, dopo meno di venti anni, iniziò l’attività di estrazione del materiale che in quegli anni contribuì fortemente alla nascita e allo sviluppo della prima rivoluzione industriale. Nei decenni a venire, grazie all’impegno dell’arcivescovo di Olomouc Rodolfo Giovanni d’Asburgo-Lorena e all’esigenza di materie prime per la costruzione di ferrovie dell’Impero austro-ungarico (specialmente per i binari della Ferdinandova, che portava da Vienna alla Galizia) nacque la Rudolfova Huť, prima strutturata società per l’estrazione e trasformazione di carbone. All’impegno dell’arcivescovo si unì quello del professore Franz Xaver Riepl, che ebbe l’intuizione di fondare l’industria siderurgica nelle vicinanze dei giacimenti carboniferi e della necessaria fonte di acqua del fiume Ostravice. Gli ultimi anni del Settecento e i primi dell’Ottocento sancirono quindi un punto di svolta per l’assetto ambientale ed economico della città, che da centro agricolo divenne un fondamentale bacino industriale e occupazionale dell’Europa centrale.
Nel XIX secolo, con il passaggio del complesso siderurgico dall’Impero al banchiere Salomon Mayer von Rothschild, gli investimenti aumentarono e con essi nacquero le divisioni di ingegneria destinate alla produzione di ponti, caldaie, motori a vapore, travi d’acciaio, ruote ferroviarie. Rothschild fece costruire nuovi capannoni e palazzi, utili sia all’amministrazione di Dolní Vítkovice che ai lavoratori, contribuendo così alla nascita di un importante flusso migratorio in entrata. Nel secondo decennio del Novecento il numero di dipendenti qui raggiunse le 25mila unità, mentre nel 1937 la produzione siderurgica arrivò a sfiorare i venti milioni di tonnellate di materie prime e prodotti, raggiungendo così il suo apice. Dal 1945 in poi, con l’avvento del regime comunista e la nazionalizzazione delle società carbonifere nella sola Vítkovické železárny (Ferriera di Vítkovice o Vítkovice IronWorks), Ostrava poté guadagnare il celebre appellativo di “cuore d’acciaio della Cecoslovacchia”.
Con la caduta del comunismo arrivò il secondo grande momento di svolta di questa storia: nel 1994 a Vítkovice si decise di interrompere l’estrazione del carbone, mentre nel 1998 cessò la produzione di ghisa e acciaio, finendo così per chiudere anche l’attività dell’ultimo altoforno e cessare le operazioni di una delle acciaierie con la più alta capacità produttiva del Vecchio Continente. Da allora, la storia dell’imponente complesso siderurgico cambiò radicalmente e il monopolizzante colore rosso-marrone degli stabilimenti lasciò il posto ai colori, più accesi e numerosi, della sua nuova vita di attrazione turistica. Un sito unico nel suo genere, che nel 2002 ha ottenuto lo status di Monumento culturale nazionale e che dal 2008 è parte dello European Cultural Heritage.
Da venti anni a questa parte, l’amministrazione e le associazioni hanno scelto di non abbandonare il luogo a sé stesso, né di renderlo un semplice complesso dove organizzare i tour turistici, ma di trasformarlo in un ambiente dove il passato delle fabbriche potesse sposarsi con attività ludiche e culturali. Una scelta coraggiosa, che per ora sta premiando la città e il Paese con gli ottimi dati dei flussi e la soddisfazione dei turisti, ma resa urgente dai rilevanti effetti negativi che quasi due secoli di produzione siderurgica hanno comportato sull’ambiente di Ostrava.
L’impegno delle istituzioni sembra comunque in grado di cambiare il destino ambientale di un sito che da incessante macchina industriale (gli altoforni, spenti nel 1998, erano accesi da 162 anni) si è trasformato in luogo di importanti festival musicali e sportivi, soprattutto d’estate. Le manifestazioni più importanti sono il Beats for Love, evento di elettropop di importanza globale che conta 40mila presenze all’anno, e il Colours of Ostrava, che in questi anni ha portato in città centinaia di migliaia di persone, oltre ad artisti del calibro di David Byrne, Robert Plant e Iggy Pop. Il Golden Spike di Ostrava, meeting internazionale di atletica leggera del circuito Iaaf, è diventato invece un appuntamento tradizionale per gli atleti di queste discipline. Il più celebre tra loro, Usain Bolt, è anche una figura importante nel cambiamento di Dolní Vítkovice. Fu proprio lui, infatti, a battezzare nel 2015 la nuova struttura della torre che, per la sua somiglianza ad un bullone, è stata soprannominata Bolt Tower, approfittando del gioco di parole con il cognome dell’uomo più veloce di sempre.
E sebbene la produzione siderurgica continui ad operare a Ostrava (pochi mesi fa è stato completato il passaggio dell’acciaieria – ancora la più grande della Repubblica Ceca – da ArcelorMittal a Liberty House), la strada tracciata dall’esperienza di Dolní Vítkovice può essere un esempio per le centinaia di industrie dismesse sparse in giro per l’Europa: un imponente complesso industriale riutilizzato per scopi turistici e culturali, capace di attrarre da solo 1,6 milioni di persone all’anno, oltre metà di tutti i visitatori della regione, secondo solo alla città di Praga tra i luoghi più visitati del Paese.
di Giovanni Mattia