La Repubblica Ceca commemora i 150 anni dalla nascita dell’architetto moravo controcorrente che ha traghettato l’Europa verso il Movimento Moderno
Adolf Loos compirebbe quest’anno centocinquant’anni. E poco meno di novanta anni fa, nell’ottobre 1930, dichiarava nella premessa alla sua raccolta di saggi Trotzdem (Nonostante tutto, 1931) di aver compiuto la sua battaglia “durata trent’anni” per liberare “l’umanità dall’ornamento superfluo”. Una battaglia iniziata al volgere del secolo che lo ha visto in prima linea nell’attaccare la Secessione viennese all’apice del successo – alla quale, tuttavia, si era inizialmente avvicinato. Dalle pagine di Ins Leere gesprochen (Parole nel vuoto, 1900) non risparmiava infatti sferzanti critiche ad un modo di vivere che reputava marcio e corrotto, pur fiducioso nell’intrinseca capacità della collettività di migliorarsi. L’insofferenza per i modi dei suoi compatrioti trova piena analogia nel rifiuto di quell’ornamento debordante e delittuoso che agli occhi di Loos affligge gli oggetti d’uso e altro non è che la rappresentazione della società “claustrofobica e anemica” che stava conducendo la Vienna fin de siècle alla degenerazione.
Dai sarti ai carrozzieri, dai caratteri da stampa all’alimentazione, dall’ebanisteria alla biancheria intima, tutto è sottoposto all’occhio vigile e alla graffiante ironia con cui Loos critica la civiltà dei suoi contemporanei. I due numeri della rivista Das Andere (L’altro, 1903) che Loos completa interamente da solo propongono attraverso consigli su temi apparentemente effimeri “l’introduzione della civiltà occidentale in Austria”. Uno scopo tutt’altro che frivolo e una dichiarazione d’intenti che suona come l’eccentrica sfida di un personaggio tanto geniale quanto votato ad “un’inattualità permanente”. Una difesa ad oltranza della connessione tra etica ed estetica quella di Loos, che nasconde, in definitiva, un’esplorazione sulle possibilità, le ambiguità e gli impercettibili limiti del linguaggio tra architettura e arte.
Sulla scorta delle contraddizioni presentate dalla modernità, dopo oltre un secolo dall’inizio della battaglia loosiana non sarebbe legittimo domandarsi che cosa avrebbe detto Loos del nostro mondo straripante di oggetti dalla dubbia utilità, talvolta iperdecorati e molto spesso ridondanti, alcuni dei quali avrebbe definito certamente ‘da selvaggio’. Certo potrebbe esserne sconvolto, ma forse anche affascinato.
Probabilmente sarebbe particolarmente attratto dal constatare la perseverante tenacia della decorazione, che con la sua presenza dimostrerebbe secondo le teorie loosiane quanto siamo ancora legati all’“infanzia” dell’umanità. E altrettanto probabilmente sarebbe attratto dallo scoprire tanto l’Europa unita quanto la rarefazione – almeno nel mondo occidentale – di ogni confine culturale e di gusto. Avrebbe tuttavia un inestimabile valore poter apprendere se Loos ne sarebbe stato turbato oppure affascinato come lo era dalla civiltà dei paesi anglosassoni che riteneva perfettamente compiuta e soprattutto di quell’America – ancora fatta di pionieri come Louis Sullivan – che aveva brevemente vissuto nella sua travolgente modernità e a lungo decantato. È l’America alla quale Loos attribuiva – secondo Richard Neutra, che gli doveva molto – il merito di ogni idea; con la sua atmosfera anglosassone “sottile e tersa” aveva contribuito ad ‘illimpidirgli’ il gusto.
Loos fa agire l’esercizio della critica con il silenzio secondo uno dei ‘contraddetti’ dell’amico Karl Kraus: “chi ha qualcosa da dire si faccia avanti, e taccia”.
Sebbene il Movimento Moderno e le teorie di Loos non siano passate invano, oggi non risparmiamo affatto svariate forme di decorazione che talvolta non sono neppure percepite come tali. Loos potrebbe dirsi verosimilmente stupito di come molti diano peso all’ornamento fingendo di mostrarsene sdegnati. Tuttavia, sarebbe ragionevolmente fiero di alcuni passi fatti dal design inteso nella sua più ampia accezione: Loos vede il nesso tra forma e funzione in senso estetico più che in senso tecnico. E il suo senso del materiale – forse ereditato dal padre – confina con la tettonica da un lato e con l’estrema astrazione dall’altro, come nelle lastre di marmo da un solo millimetro di spessore che sognava per i suoi rivestimenti.
Nativo di Brno, Loos è stato uno dei più importanti innovatori e riformatori del gusto, del design e dell’architettura del XX secolo – sempre in cerca di un compromesso tra l’estetica e l’applicazione quotidiana. Equivoco e schietto al contempo, Loos con i suoi commenti caustici e acuti e i suoi progetti ritenuti provocatori da molti suoi contemporanei ha lasciato un’impronta profondissima. Nonostante gli iniziali attriti e le durevoli incomprensioni, il suo ruolo di “distruttore del disordine” – come lo definì l’amico Karl Kraus durante il suo elogio funebre – ha progressivamente guadagnato sostegno e ammirazione. Dalle pagine del Frankfurter Allgemeine Zeitung nel 1930 il quarantenne Le Corbusier riconosceva come Loos fosse “passato con la scopa sotto i nostri piedi facendo una pulizia omerica, esatta, sia filosofica che lirica. In questo, Loos ha avuto un’influenza decisiva sul destino dell’architettura”. Un destino orientato da poche preziose pietre miliari, la cui più celebre realizzazione è senza dubbio das Haus ohne Augenbrauen, la casa senza sopracciglia, come presto è stata rinominata la dirompente realizzazione di Loos nella centralissima Michaelerplatz di Vienna, proprio di fronte all’Hofburg. La totale assenza di ornamento sulla facciata del Looshaus (1909-11) si dice offendesse a tal punto l’imperatore Franz Joseph che si rifiutava di uscire dal palazzo della Hofburg sul lato rivolto su Michaelerplatz. La coeva Villa Steiner (Vienna, 1910) mette in mostra l’assenza di un ornamento per l’epoca irrinunciabile attraverso le sue immacolate forme rettangolari dai bordi duri come “enormi zollette di zucchero”, anticipando – secondo Sir Nikolaus Pevsner, non certo laico sul tema – “lo stile del 1930”. Oggi musealizzata, Villa Müller (1928-30) nel prestigioso quartiere Střešovice di Praga è un eccellente esempio della maestria di Loos nonché uno dei suoi più rilevanti contributi alla storia dell’architettura. Esempio maturo della loosiana sensualizzazione dell’esperienza dello spazio interno attraverso un’ingegnosa distribuzione su diversi semipiani – detta Raumplan, la villa vede al suo esterno – secondo Marco Biraghi – le trasformazioni delle “ferree rinunce precedenti” in un chiaro compiacimento dell’autore nel cedere alle “tentazioni della stilizzazione”.
Moltissime importanti retrospettive sono state dedicate negli ultimi decenni al maestro moravo, a partire da quelle di Berlino e New York del 1985, si ricordano poi quelle di Vienna (1989-90), Praga (2010), Brno (2010), Londra (2011), Plzeň (2012), poi ancora Vienna e New York (2013-14), Venezia (2016), Barcellona (2017-18) e nuovamente Praga (2019). Per celebrare il centocinquantesimo della nascita Brno dedica quest’anno a Loos una grande retrospettiva, inserita in una più vasta serie di eventi e manifestazioni organizzati in tutto il paese per il Rok Adolfa Loose 2020, l’anno di Adolf Loos. La mostra in corso al Muzeum města Brna – nell’ala ovest dello Hrad Špilberk – fino al 31 dicembre si concentra sul mettere in luce i progetti e le realizzazioni morave note e meno note di Loos (tra cui spiccano la Heroldův dům e gli interni del Bauerův zámeček) in parte affiancate a quelle del padre, scultore e influente artigiano della Brno di metà Ottocento. L’evento intende dare avvio ad una riflessione socialmente necessaria sui valori della modernità – tema caro a Loos già quasi un secolo fa, sperando di sensibilizzare l’opinione pubblica su una conservazione più coerente dei monumenti. La città dedicherà all’architetto anche un monumento e percorsi e visite guidate esclusive nella ‘sua’ città. Tuttavia, ci saranno eventi celebrativi anche a Praga come la ricostruzione del suo ultimo progetto – la casa lignea per Eva Müller – e la presentazione di Adolf Loos come “cittadino del mondo” fino all’agosto 2021.
di Alessandro Canevari