Nel cuore della Repubblica Ceca, in un luogo oggi abbandonato a se stesso, l’ultimo atto della memorabile vicenda di Oscar Schindler e dei 1200 ebrei che egli riuscì a salvare dallo sterminio
Nonostante l’eroismo di quell’impresa, da queste parti pesa ancora oggi su Schindler il suo passato di collaboratore dello spionaggio tedesco e di iscritto al partito nazista
A Brněnec, piccolo villaggio della regione di Pardubice, vi è una fabbrica abbandonata che rischia di essere abbattuta e trasformata in un cumulo di macerie. In pochi, soprattutto fra gli stranieri, sono al corrente della storia drammatica nascosta dentro queste mura. Un cartello troneggia davanti all’entrata, “Vietato l’ingresso”: nessuno ormai si avventura più tra ciò che rimane degli edifici di un tempo. Passeggiando per le stradine che si snodano intorno al luogo, non è raro incontrare passanti che si lamentano apertamente della situazione con chiunque mostri interesse per la storia; “Non doveva finire così”, dicono alcuni, “Hanno demolito l’edificio, rubato le travi e venduto tutto quello che era possibile vendere”, si lamentano altri. In un luogo lasciato a se stesso da ormai troppi anni, si incrociano le storie di lavoratori ebrei perseguitati al tempo della Seconda Guerra Mondiale e del proprietario della fabbrica, Oscar Schindler, un eroe burbero conosciuto nel mondo grazie al libro di Thomas Keneally e all’omonimo film di Steven Spielberg, Schindler’s List.
Nato a Svitavy nel 1908 da genitori tedeschi e cattolici, Schindler conosce sin da piccolo un ambiente multiculturale poiché la cittadina, allora parte dell’Impero Austro-Ungarico, era abitata da cechi, tedeschi ed ebrei.
Terminati gli studi, il giovane Schindler si arruola nell’esercito ceco per poi passare alle dipendenze dei tedeschi nel 1936, anno in cui entra nell’Abwehr, il servizio d’intelligence militare tedesco, che allora era comandato dall’ammiraglio Wilhelm Canaris.
Accusato di spionaggio nel 1938 e arrestato dai cechi, viene poi rilasciato come prigioniero politico grazie al Patto di Monaco.
Descritto dai libri come uomo d’affari e grande opportunista, nel 1939 a seguito dell’invasione della Polonia da parte delle truppe tedesche egli si arruola nel Partito Nazista e si trasferisce a Cracovia.
È qui, nella cornice di un progetto nazista di “Germanizzazione” e “Arianizzazione”, che Schindler dà il via al suo progetto tramite l’acquisizione di una fabbrica ebrea, la Rekord Ltd, da lui rinominata successivamente Emalia. In essa Schindler assunse lavoratori ebrei del vicino ghetto di Cracovia, ma se all’inizio fu probabilmente una mossa atta a mantenere ai minimi livelli i costi di produzione, man mano che la guerra entrava nel vivo Schindler iniziò a curarsi meno dei profitti e sempre più delle vite che avrebbe potuto salvare. In recenti biografie, più volte tornano frasi relative a ciò che avrebbe potuto fare per tenere lontano un numero maggiore di ebrei dai campi di concentramento. Nel 1944, con la guerra giunta ormai alla fine e con l’Armata Rossa alle porte della Polonia, Schindler riuscì a ottenere un visto per trasportare la sua fabbrica di munizioni a Brněnec, un villaggio al confine fra la Boemia e la Moravia. Fu così che riuscì nuovamente a salvare i 1200 operai ebrei alle sue dipendenze.
Brněnec venne liberata il 9 maggio del 1945 e la sera dell’otto Schindler salutò i propri lavoratori: agli atti ufficiali, infatti, Oscar Schindler risultava sempre come un collaborazionista nazista, iscritto al Partito e con precedenti di spionaggio. Il suo ordine di cattura fu modificato grazie alla fondamentale testimonianza degli ebrei, i quali raccontarono come l’uomo avesse agito e rischiato in prima persona per salvarli dai campi di concentramento e quindi da morte certa. Quello che avvenne in seguito allo stabilimento di Brněnec fu l’inizio di un lento degrado che deve ancora trovare una fine.
Nel 1948 l’industria ceca venne nazionalizzata dal partito comunista, solo per essere poi privatizzata nel 1989 e riconvertita a industria tessile. Nel 2004 l’azienda proprietaria dello stabilimento fallisce e gli edifici vengono nel tempo lasciati in disuso e in parte abbattuti, nonostante il divieto in vigore.Oggi la fabbrica appare a mezza via tra un ammasso di macerie e un casolare abbandonato, ricordo sbiadito dell’importante complesso che era stata un tempo.
A dieci anni dalla bancarotta, la questione sembra prendere una svolta: a novembre 2013 il tribunale responsabile del processo apre ad una possibile vendita dell’immobile, tanto che il sindaco Blahoslav Kašpar inizia a muoversi per riproporre la sua visione della situazione, perché convinto che la fabbrica abbia “un grande potenziale come luogo della memoria”.
Le proposte che vengono prese in considerazione come quelle di più facile realizzazione sono due: una vendita tramite una cifra simbolica a qualcuno che possa sistemare l’edificio e riportarlo al suo antico splendore, creando allo stesso tempo nuovi posti di lavoro per la comunità che abita nei pressi della zona. Una seconda idea, al contrario, porterebbe la fabbrica ad essere dichiarata monumento nazionale e, tramite fondi, essere convertita in un monumento alla memoria dell’olocausto, similmente a ciò che venne fatto con la sede di Cracovia.
Sia Monika Bednarek, curatrice dello Schindler Factory Museum di Cracovia, che Tomáš Kraus, direttore della Federazione Ceca delle Comunità Ebraiche, si dicono contenti e in accordo con la proposta del sindaco Kašpar: “È un’ottima idea”, ha commentato Kraus, “il museo sarebbe dovuto nascere subito dopo l’uscita del film”. Il problema reale, tuttavia, se questo progetto fosse effettivamente portato avanti, sarebbe legato alla mancanza di fondi per sostenere una simile opera: secondo la stima di Kašpar, servirebbero infatti 40 milioni di corone ceche (2 milioni di dollari) per sistemare la fabbrica e portare a termine il progetto. Curiosamente, tuttavia, nel caso in cui la realizzazione del museo andasse in porto, la comunità di Brněnec è assolutamente contraria alla ipotesi di intitolare l’edificio a Schindler. Nonostante la memoria dell’uomo sia importante nella comunità ebraica e nel mondo, i cittadini cechi non hanno dimenticato l’aspetto collaborazionista della vicenda. Riemerge così, anche dalle parole del sindaco Blahoslav Kašpar, il quale ha annunciato che “se si riuscisse a costruire il museo, sicuramente non sarà dedicato a Schindler perché quel brigante non se lo merita”. Un passato ambiguo e contrastante con la letteratura mondiale: da una parte l’uomo che ha salvato gli ebrei dai campi di concentramento e dall’altra l’uomo che ha aderito al Partito Nazista e spiato per i tedeschi. Il museo non dovrebbe essere una mera copia del film di Spielberg, quanto piuttosto un luogo d’incontro per gli storici, aperto ai dibattiti e fulcro di una nuova vita intellettuale incentrata sulla memoria. La visione utopica e idealizzata di Schindler non sembra essere per niente gradita dagli abitanti di Brněnec.
La sentenza sul destino di questo vecchio stabilimento industriale ormai in rovina è attesa prima dell’estate. Le aspettative che circondano la vicenda sono alte: sarebbe un passo importante per le comunità di Brněnec e Svitavy, nonché, come ha successivamente spiegato Kašpar, “l’ultima opportunità prima che tutto si sfaldi”.
di Barbara Medici