Miopia nella gestione economica e cambiamenti climatici le cause principali dell’emergenza bostrico che sta flagellando il patrimonio forestale
A chi viaggia in treno in Repubblica Ceca capita sempre più di frequente di notare, fermi nelle stazioni, lunghissimi convogli merci. Sui vagoni una quantità infinita di tronchi scortecciati che insieme formano interi boschi in posizione orizzontale. I treni, quando ripartono, procedono a un passo lento, da corteo funebre, raffigurando il flagello che sta distruggendo le foreste della Boemia e della Moravia.
A esserne la causa è un coleottero xilofago (che si nutre di legno) dal nome piuttosto poetico: bostrico tipografo. Basta addentrarsi nei boschi cechi, soprattutto nel nord e nell’est del paese, per rendersi conto della situazione anomala in cui si trovano. Non è difficile incappare in abeti che presentano nel legno sotto la corteccia le tipiche gallerie scavate dal parassita. Gli aghi delle piante ammalate assumono un tipico colore rossiccio. Lungo i sentieri si ammassano cataste di fusti abbattuti e nel mezzo della foresta ci si imbatte di frequente in radure rimaste completamente spoglie di alberi.
Fine delle foreste in Repubblica Ceca?
Il piccolo parassita, che colpisce soprattutto gli abeti e le conifere, è parte naturale delle foreste. In un ecosistema sano il bostrico tipografo aiuta a smaltire i tronchi malati o abbattuti facilitando in questo modo la rigenerazione della foresta. Gli abeti in piena salute riescono a fronteggiare il coleottero, che si attacca ai tronchi sotto la corteccia, semplicemente sommergendolo di resina. Gli alberi indeboliti invece soccombono seccandosi progressivamente.
Dagli anni Ottanta il coleottero ha colpito ripetutamente i boschi della Repubblica Ceca, aggredendo le piante indebolite dai fattori di inquinamento ambientale e climatici, siano essi le piogge acide o, come negli ultimi anni, la siccità. La situazione attuale è tuttavia di una gravità senza confronti rispetto al passato. Tra gli anni 2015 e 2018 sono stati abbattuti 22,5 milioni di metri cubi di alberi colpiti. Nelle precedenti emergenze degli anni Ottanta e Novanta non si era mai superata la soglia di otto milioni di metri cubi complessivi. Il ritmo dell’emergenza è in accelerazione. Tra il 2017 e il 2018 il volume degli abeti abbattuti a causa del coleottero è raddoppiato passando da 6 a 12 milioni di metri cubi. E per il 2019 le previsioni parlano di un volume superiore a 15 milioni di metri cubi con ipotesi più nere, che arrivano a 30 milioni di metri cubi. “Per quanto riguarda la presenza dei coleotteri della corteccia, la situazione è catastrofica nella maggior parte del territorio della Repubblica Ceca – spiega il Servizio di Protezione Forestale (Lesní ochranná služba). – In molte zone la sua diffusione è fuori controllo”.
In realtà, la crisi del bostrico tipografo è una tempesta perfetta risultante di una congiunzione di fattori negativi di breve e lungo periodo, naturali e sociali, ecologici ed economici. I fattori di fondo della crisi sono la persistente siccità, che ha indebolito gli alberi, le temperature in crescita che favoriscono la riproduzione del parassita, e l’uniformità delle foreste ceche composte essenzialmente da abeti, alimento preferito del bostrico.
“La ricerca, l’abbattimento, la rimozione e un’efficace bonifica degli alberi colpiti devono essere prioritari” aggiunge il Servizio di Protezione delle Foreste. Ma spesso l’intervento tempestivo è reso molto difficile dalla cronica mancanza in Repubblica Ceca di manodopera, dallo scarso interesse per i lavori forestali e anche dalle infrastrutture insufficienti per spostare i tronchi di intere foreste abbattute. Si stima pertanto che solo il 17 per cento degli alberi abbattuti sia oggetto di trattamenti di bonifica. La conseguente sovrapproduzione di legno ha abbattuto sul mercato i prezzi di questa materia prima di oltre il 50 percento mettendo in grave difficoltà i proprietari.
La situazione è resa ancora più complicata dalla struttura proprietaria dei boschi in Repubblica Ceca. Lo Stato e altri enti pubblici possiedono ben 1,8 milioni di ettari, su 2,6 milioni di superficie forestale complessiva, e circa la metà fa capo a un’unica azienda, la Lesy ČR s.p. (la sigla s.p. sta per státní podnik, azienda di stato). Da una parte la forte concentrazione proprietaria faciliterebbe l’implementazione di misure di emergenza, ma dall’altra parte il carattere pubblico dell’azienda spesso rallenta la messa in opera di tali misure. La Lesy ČR deve infatti seguire il codice degli appalti e tutte le altre procedure alle quali è sottoposta l’amministrazione pubblica.
È proprio il carattere pubblico di Lesy ČR una delle questioni centrali della catastrofe in corso. È indubbio infatti che l’azienda forestale di stato abbia spinto molto sulla monocoltura dell’abete in vista di profitti immediati. Negli anni antecedenti la crisi la Lesy ČR macinava utili da miliardi di corone, che sono stati a lungo una fonte di reddito extra per il bilancio statale. Secondo i critici, a questo non è corrisposta una cura altrettanto attenta per l’ecosistema dei boschi. I guardaboschi hanno un’area sempre più grande da controllare e non hanno mezzi di intervento diretti a disposizione. L’azienda, che grazie alla sua posizione dominante attira sempre numerose critiche, rifiuta ogni addebito e indica i provvedimenti adottati. Tra questi c’è anche il rinnovamento delle zone umide, che dovrebbero trattenere l’acqua nei boschi e alleviare i fenomeni di siccità.
Nonostante le varie misure intraprese, fermare la catastrofe risulta molto difficile. “In questo momento non sappiamo se riusciremo in futuro a contenere il disastro o a bloccarla” spiega Vít Šrámek, direttore dell’Istituto nazionale per la ricerca sulla silvicultura e la caccia (Vúlhm). Secondo molte previsioni la calamità volgerà a termine solo nel momento in cui il bostrico tipografo si sarà divorato tutti gli abeti a sua disposizione, come già sta succedendo nei distretti più colpiti della Moravia e Slesia. È chiaro che dopo la crisi i boschi moravi e boemi non saranno più quelli di una volta.
L’antica tentazione dell’abete
Quella dell’abete rosso è una vecchia tentazione dei silvicoltori boemi e moravi. Circa cento anni fa, a cavallo tra gli anni Dieci e Venti del Novecento, scoppiò l’emergenza legata alla infestazione della farfalla notturna Lymantria Monacha, che mandò in malora un terzo dei boschi cechi. Le cause della crisi furono molto simili a quella odierna: anni di siccità, una minore cura dei boschi dovuta alla peculiare situazione del dopoguerra e alla mancanza di manodopera e soprattutto la diffusione della monocoltura dell’abete piantato anche in bassa e bassissima quota. Come negli anni Venti, anche i silvicoltori di oggi vedono un’unica soluzione per uscire dall’emergenza: una maggiore diffusione di boschi a composizione mista con una maggiore presenza di faggi e querce. I nuovi mix di alberi dovranno inoltre resistere a condizioni ambientali in mutamento a causa del riscaldamento globale. In generale sarà tuttavia necessaria una radicale modifica dei valori, privilegiando i vantaggi ambientali e paesaggistici di lungo termine rispetto ai guadagni economici immediati.
Le nuove condizioni climatiche non permetteranno di ripetere l’errore della monocoltura dell’abete. Secondo gli esperti il paesaggio in Boemia e Moravia somiglierà, a causa dei cambiamenti climatici, alle aree dell’Italia settentrionale o della Francia centro-meridionale con maggiore presenza di vigneti, di piccoli specchi ďacqua e zone umide e di foreste miste meno dense. I segni del bostrico tipografo sugli alberi sono lettere d’addio al paesaggio che oggi consideriamo tipico della Boemia e della Moravia.
di Jakub Horňáček