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Chissà se i fratelli Havel, Miloš e Václav l’avrebbero mai immaginato, che i loro studi cinematografici, a ottanta anni e 2500 film dalla costruzione, venissero ancora considerati la Hollywood europea. In effetti, lo scopo dei due fratelli era di costruire, nella periferia di Praga, una città cinematografica ispirata proprio al modello californiano. Nonostante una storia tumultuosa, segnata dall’invasione nazista della Cecoslovacchia nel 1938, e dal regime comunista poi, gli studi Barrandov sono ancora oggi un punto di riferimento nel mondo del cinema, tanto che il grande Roman Polanski, che qui ha girato Oliver Twist nel 2005, l’ha etichettato come il miglior studio del mondo. Ma dopo un percorso cosi problematico e mai privo di ostacoli, com’è riuscito ad arrivare a questo punto? Decenni dopo il periodo nazista e la nová vlna cecoslovacca degli anni Sessanta, cosa rappresenta Barrandov oggi, e cosa lo rende cosi speciale?

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Il suo percorso ha inizio nel 1931, quando Václav Havel (1897–1979), il padre dell’ex-presidente della Repubblica Ceca, ebbe l’idea di far costruire un lussuoso complesso residenziale a cinque chilometri da Praga.

Fu suo fratello Miloš (1899–1968) – lo stesso che progettò il Palazzo Lucerna a Piazza Venceslao circa dieci anni prima – a suggerire di includere nel complesso anche moderni studi cinematografici. Il nome Barrandov fu scelto per il sito, derivato dal cognome del geologo francese Joachim Barrande, che aveva lavorato nell’Ottocento in questa zona, famosa per la ricca presenza di fossili.

Gli studi cinematografici, basati sui disegni di Max Urban, furono completati verso fine del 1932, pochi mesi prima delle riprese del primo film lì realizzato: Vražda v Ostrovní ulici. Lo studio crebbe e si espanse molto rapidamente, e giunse a poter vantare l’impiego di circa 300 dipendenti permanenti e la produzione di 80 film all’anno, attirando anche produttori stranieri.

Già attrezzato meglio di tutti gli altri studi dell’Europa centrale, le prime novità significative arrivarono con l’occupazione della Cecoslovacchia da parte della Germania nazista, la cui idea era di renderlo più grande e portarlo allo stesso livello degli studi di Berlino e Monaco di Baviera.

Sotto il vigile controllo di Joseph Goebbels, Ministro per la Propaganda del Reich, lo studio subì inizialmente una stagnazione produttiva. Negli anni più duri della guerra però, il sito divenne l’ambiente perfetto per la produzione di materiale propagandistico dei nazisti. Gli studi Barrandov erano tra l’altro più sicuri rispetto a quelli tedeschi, costantemente sotto la minaccia dei bombardamenti alleati. Tutto ciò nonostante diversi tentativi di sabotaggio da parte di impiegati cechi, simpatizzanti della Resistenza, che tentavano di rallentare il più possibile le produzioni naziste.

La micidiale censura tedesca costrinse poi i registi cechi a nuove sperimentazioni cinematografiche, spesso con la commedia, un genere che non coinvolgeva i drammatici eventi dell’epoca. Fu così che si sviluppò la cosiddetta commedia cecoslovacca.

Non si può inoltre trascurare l’impatto dell’occupazione tedesca, soprattutto sulla qualità della struttura. Basti pensare che i tre sound stage creati per Goebbels vengono utilizzati ancora oggi per i set della serie TV “I Borgia”, una grande produzione internazionale che ha riconquistato l’interesse mondiale verso Barrandov, grazie anche al lancio degli incentivi alla cinematografia in Repubblica Ceca, a metà 2010.

Gli studi rimasero praticamente indenni dopo la seconda guerra mondiale, ma la liberazione della Cecoslovacchia anticipò un nuovo periodo di transizione: il comunismo e la nazionalizzazione di Barrandov e dello studio (più piccolo) di Hostivař. Il cambio segnò l’inizio di un altro tipo di censura, che durò quarant’anni eccezion fatta per l’interruzione degli anni ‘60, un periodo pieno di creatività con i film dei registi della new wave, la nová vlna, come Miloš Forman, Ivan Passer, Věra Chytilová e Jiří Menzel. Treni Strettamenti Sorvegliati di Menzel ed Al fuoco, pompieri! di Forman sono fra i tanti capolavori qui realizzati in quegli anni, entrambi molto premiati in tutto il mondo. Il successo critico dei classici della nová vlna portò il cinema cecoslovacco alla ribalta internazionale forse per la prima volta, e con sé, ovviamente, gli studi di Barrandov.

Il capitolo più bello della storia del cinema cecoslovacco si chiuse nell’agosto dell’anno 1968, con la fine della Primavera di Praga. Forman, dopo l’esilio americano, tornò in patria nel 1983 per girare il suo capolavoro, Amadeus, da molti considerato il film più importante della storia degli studi.

Gli anni più difficili arrivarono in seguito alla caduta del Muro di Berlino, la Rivoluzione di Velluto e la privatizzazione degli studi cinematografici. Finiti gli ostacoli con la censura del periodo comunista, i problemi ora erano ben diversi. Privo di finanziamenti pubblici per la produzione di film cechi lo studio rischiò la chiusura definitiva nel 2000. Fortunatamente, la diminuzione di produzioni nazionali fu compensata dall’aumento di produzioni straniere, per la maggior parte americane. Dal 2006 in molti sono stati spinti a recarsi qui per il “Max”, un soundstage enorme adatto a produzioni più grandi e spettacolari. Secondo i rappresentanti il complesso è il più grande d’Europa, con i suoi 4000 metri quadrati. Questa costruzione, che si aggiunge ai nove soundstage a Barrandov ed ai quattro del Park Hostivař, oltre alle competenze dei tecnici cechi, è uno dei principali motivi per i quali film come Casino Royale, Oliver Twist e Mission Impossible IV sono stati girati a Praga. Petr Tichý, il direttore commercialista degli studi a sud-ovest della capitale boema, ha spesso sottolineato la professionalità di questi, in confronto ai diretti competitori stranieri, oltre al fatto che “è incredibile cosa la gente ceca possa fare con il cinema”. Per quanto riguarda i costumi, gli oggetti di scena, e gli armamenti resta senza rivali nel Vecchio Continente, rendendolo ideale per film storici di ogni epoca. È un pò ironico che la cosiddetta Hollywood europea, abbia attirato principalmente registi hollywoodiani.

Ma cosa c’è a Barrandov che non si trova a Hollywood? Nobert Auerbach l’ex-produttore di entrambi gli studios, ed autore del libro “Da Barrandov a Hollywood”, ha evidenziato la differenza fra le due atmosfere. “Lavorare a Hollywood è una operazione più commerciale”, mentre Barrandov è tipicamente europea, dove la produzione cinematografica è soprattutto “una attività culturale”. Insomma, una atmosfera che piace molto a registi europei come Polanski che hanno lavorato anche in California.

Con una storia segnata dal nazismo, dall’avvento del comunismo, dalla normalizzazione e ovviamente dalla Rivoluzione di Velluto, si può dire che il destino di Barrandov ha sempre avuto un legame forte con il destino della Cecoslovacchia ed infine della Repubblica Ceca. Dopo un passato tormentato sembra che la situazione sia più stabile ora, sebbene all’orizzonte ci siano i timori che prima o poi Hollywood inizi a realizzare più film a Budapest, una alternativa più economica. Barrandov rimane tuttavia l’asso nella manica di Praga, e le prove indicano che ci si può aspettare un futuro radioso; il recente successo della serie I Borgia lo dimostra. Oltre alle produzioni americane, Tichý ha parlato anche della possibilità di renderlo un centro europeo per co-produzioni con altri paesi dell’Europa Centrale e dell’Est. Continuerà altri ottanta anni?, si chiedono gli addetti ai lavori. Perché no?

di Lawrence Formisano