Il nuovo governo non agita più il vessillo dell’euroscetticismo e l’ingresso nell’Eurozona potrebbe non essere così lontano
Sobotka dovrà mantenere gli equilibri con Babiš e l’ingrombrante presidente Zeman
La chimera dell’euro e la fine dell’euroscetticismo potrebbero essere dietro l’angolo per Praga. La nuova coalizione, nata dopo una lunga attesa, la più lunga della storia ceca (95 giorni dopo i risultati elettorali), sembra avere le carte in regola per puntare all’obiettivo e guardare alla moneta unica europea e al rapporto con Bruxelles in maniera positiva e senza preconcetti. Per la prima volta nella storia del Paese, infatti, il ministro degli Esteri e il primo ministro sono sulla stessa lunghezza d’onda e soltanto un ministro delle Finanze che vuole fare la parte del protagonista potrebbe mettere i bastoni tra le ruote al piano di Praga. I protagonisti di questa storia, che potrebbe avere un lieto fine, sono il nuovo premier Bohuslav Sobotka, capo dei Socialdemocratici (Čssd), il ministro degli Esteri Lubomír Zaorálek (Čssd), filoeuropeo, e il ministro delle Finanze Andrej Babiš, noto tycoon ceco che sul tema euro ha già dato la sua versione: un sì con riserva.
Babiš a domanda diretta sull’adozione dell’euro da parte della Repubblica Ceca e sui tempi, ha risposto, scrivendo su Facebook: “Non credo che la cosa riguarderà questo governo”. Un modo, da un lato per non prendere una posizione assoluta e per lavarsi le mani di una questione difficile, ma nello stesso tempo per poter tornare eventualmente sui suoi passi. Il tycoon, però, dopo un incontro con il presidente Zeman aveva dichiarato di non avere comunque niente contro l’adozione della moneta europea, “a condizione – aveva precisato – che non tocchi a noi pagare i debiti di Spagna e Grecia”. Per Zaorálek, invece, “non c’è più tempo per discutere dei pro e contro oppure stare a guardare e aspettare che la moneta unica fallisca. Non c’è altra alternativa per la Repubblica Ceca se non quella di rispettare gli impegni presi nel 2004 con l’ingresso nell’Ue”.
Ma cosa è davvero cambiato rispetto agli ultimi otto anni con il governo Sobotka, venuto alla luce dopo una lunga e controversa gestazione legata soprattutto ai rapporti difficili tra l’ingombrante presidente ceco Miloš Zeman e il nuovo premier? Per la prima volta la posizione del ministro degli Esteri non è di minoranza e soprattutto non è in contrasto con il primo ministro, come era avvenuto con il governo Topolánek o Nečas. Inoltre Zaorálek fa parte del partito di maggioranza, anche in questo caso una situazione che non si era verificata negli ultimi esecutivi, con Karel Schwarzenberg.
Secondo i commentatori politici Sobotka, Zaorálek e l’ex commissario europeo Vladimír Špidla (oggi consulente del premier) possono formare una squadra filo-europea molto forte con due obiettivi: rafforzare i rapporti con l’Ue, eliminando le riserve ceche anche al Fiscal Compact, e adottare l’euro. A questo team si dovrebbe aggiungere anche Mister-euro, Tomáš Prouza, che nel biennio 2004/2006, da giovanissimo viceministro delle Finanze pose le basi del processo di adozione dell’euro nella Repubblica Ceca. Il premier conta di affidargli l’incarico di delegato del governo per le questioni europee.
A questi elementi in prospettiva si aggiunge anche l’ipotesi, che di ora in ora è sempre più accreditata, che Jiří Rusnok, ex premier ad interim, venga nominato governatore della banca centrale nel 2016. Mossa, quest’ultima, che porterebbe una pedina importante nello scacchiere delle personalità interessate dalla strategia pro-Euro, soprattutto dopo l’atteggiamento glaciale mostrato dalla Česká Národní Banka nei confronti della moneta unica europea negli ultimi anni. Ma al di là delle possibili critiche sui sacrifici che la Repubblica Ceca dovrà affrontare per soddisfare i criteri di Maastricht, è chiaro a tutti che la decisione di adottare l’euro è politica più che economica. La partita, quindi, si sposta su quanta vita e stabilità avrà il governo appena insediatosi, formato da Čssd, Ano e Kdu-Čsl. Quattro anni, se il governo dovesse concludere il suo mandato, potrebbero non bastare. E lo stesso Rusnok ha parlato del 2020 come data utile per l’adesione all’Eurozona.
Sul tema, però, al di là della volontà e delle possibili date, sono emersi in queste settimane atteggiamenti ondivaghi: gli stessi Sobotka e Zaorálek hanno lanciato il sasso e nascosto la mano. Il premier ha spiegato che “per compiere un passo di questo genere è necessario un ampio consenso, che oggi nel nostro Paese non esiste”. E il ministro degli Esteri, nonostante caldeggi “un radicale cambio di rotta” in tema di Europa, ha intiepidito la questione moneta unica passando il testi,one ai “prossimi”: “Al momento un termine di adozione dell’euro il prossimo governo non sarà in grado di fissarlo, ma dobbiamo fare in modo di tenere alta l’attenzione delle imprese e degli esperti su questo tema”. Babiš, dal canto suo, soprattutto in campagna elettorale aveva sfruttato la sua posizione di esportatore per dire la sua: “Mantenere la nostra moneta è uno strumento indispensabile per stimolare e difendere la nostra economia che si fonda soprattutto sull’export. Lasciatevelo dire da me, che sono, con il mio gruppo di aziende, il quarto esportatore del Paese e mi occupo di commercio con l’estero da una vita”.
Mentre si dibatte sul tema Europa, il governo di coalizione, capeggiato dai Socialdemocratici della Čssd, che sono tornati a guidare il Paese dopo otto anni, ha annunciato l’agenda. Per Sobotka le priorità sono “crescita economica, prosperità e la necessaria stabilità”. Per realizzare questi obiettivi dovrà fare affidamento sull’alleato Babiš, uno degli uomini più ricchi dell’Europa centrale, che a sorpresa ha conquistato largo consenso nelle ultime elezioni, guadagnando per sé e per il suo partito ben sei delle 17 poltrone. Per il 2014 è prevista una crescita dell’1,5% ma secondo gli analisti si tratta di una marcia già ingranata e Sobotka e il suo governo dovranno soltanto cercare di sfruttarla al massimo. Per Babiš la ricetta è facile: no all’aumento delle tasse per il 2014 e riduzione delle spese del governo. Altro obiettivo da raggiungere la trasparenza e la lotta alla corruzione: il rapporto di Transparency International ha piazzato Praga, addirittura dopo il Ruanda.
di Daniela Mogavero