FacebookTwitterLinkedIn

Zdeněk Svěrák, un’icona culturale ceca e una delle personalità più amate di questo Paese, ha compiuto ottant’anni. I festeggiamenti si sono estesi anche ad altre parti del mondo, in cinema d’autore di diversi paesi: dall’Inghilterra alla Nuova Zelanda, dalla Norvegia all’Argentina o all’isola di Bali in Indonesia

Lo scorso 28 marzo, giorno del compleanno di Zdeněk Svěrák, è stata una giornata importante per la Repubblica Ceca. Svěrák è una delle personalità più rivelanti e più amate della cultura di questo paese. Non sorprende quindi che l’evento sia stato festeggiato e celebrato con grande enfasi, persino al di là dei confini nazionali.

Sceneggiatore cinematografico, autore di teatro e di canzoni, scrittore, attore. È veramente arduo provare a riassumere la carriera di Svěrák in un articolo di mille parole. Si potrebbe definirlo un Woody Allen boemo, ma il termine sarebbe quasi riduttivo. La sua biografia potrebbe somigliare alla vita di un personaggio fittizio, non troppo lontano da una delle sue creazioni più famose, Jára Cimrman, un eroe e genio cecoslovacco ingiustamente ignorato dal resto del mondo.

L’artista nasce a Praga il 28 marzo 1936 nella famiglia di František Svěrák, dipendente di un impianto di energia elettrica di Bohdalec, la collinetta che copre i distretti cittadini di Vršovice e Michle.

Cresce in una famiglia in cui l’educazione e la cultura sono due aspetti fondamentali, con un padre orgoglioso di guadagnare abbastanza – essendo sia fabbro che elettricista – perché la moglie Růžena possa restare a casa a occuparsi della educazione dei figli. Il giovane Zdeněk dimostra di avere una passione innata per le arti, imparando a suonare vari strumenti musicali, dal violino all’armonica e al pianoforte. Scopre presto il suo vero amore: la letteratura, con un interesse particolare per le opere di Karel Čapek e Jan Neruda. A quanto pare tende a leggere le storie a voce alta alla sua famiglia, forse primo desiderio di recitare davanti a un pubblico.

Senza dubbio uno dei luoghi d’ispirazione per la formazione del carattere di Svěrák è stata l’aula scolastica, dove per un breve periodo il suo percorso incrocia quello di Jiří Menzel – un regista con cui lavorerà in diverse occasioni – e dove comincia a scrivere storie che intrattengono i suoi compagni, scoprendo di avere un certo talento come scrittore. Le sue esperienze scolastiche diventeranno successivamente la base di una delle sue opere più riuscite come sceneggiatore, la commedia “Marečku, podejte mi pero!” del 1975. Tuttavia, la scuola non gli riserva il solo ruolo di studente. Dopo essersi laureato alla Facoltà dell’Istruzione, specializzandosi in Lingua e letteratura ceca, inizia ad insegnare con sua moglie Božena nella città di Žatec, nella regione di Ústí nad Labem. Qui diventa anche padre: viene alla luce il suo primo figlio, il futuro regista Jan. Ma nonostante il suo impegno d’insegnante, il boemo non vuole abbandonare la passione per la scrittura; quando ha tempo scrive articoli per riviste, racconti, favole e copioni per la televisione. Dal 1962 fa parte della Radio dell’Esercito cecoslovacco, dove insieme al collega Jiří Šebánek e al jazzista Karel Velebný crea una serie di finti “collegamenti in diretta” dall’immaginaria Taverna del Ragno (Vinárna U Pavouka). È proprio in questa trasmissione che nasce il personaggio di Jára Cimrman, al quale Svěrák ed i suoi colleghi dedicheranno un teatro e numerose rappresentazioni negli anni successivi.

La fine degli anni Sessanta rappresenta una svolta nella sua carriera artistica, con il debutto nel mondo del cinema in qualità di attore nel ruolo di un avvocato nella pellicola Zločin v šantánu (1968) dell’amico Jiří Menzel; lo stesso Menzel gli affida un’altra parte nel suo film successivo, poi censurato, Skřivánci na niti (Allodole sul filo: 1969). Quest’ultimo, un inno all’anticonformismo, fu girato durante la primavera di Praga, terminato dopo la restaurazione sovietica, e proibito fino al 1989. Nello stesso periodo, successivamente all’invasione della Cecoslovacchia da parte delle truppe del Patto di Varsavia, Svěrák lascia il Partito Comunista dopo esserne stato un membro per circa otto anni. Nonostante questo, la sua carriera non si arresta, comincia anzi a prosperare e l’eccezionale talento comico dell’ex-insegnante si esprime in ruoli da comprimario in tantissime commedie cecoslovacche, alle quali di solito collabora anche come sceneggiatore.

A questo punto vanno menzionate le collaborazioni con il suo amico Ladislav Smoljak, l’ex-redattore della casa editrice Mladá fronta, con il quale (e insieme a Jiří Šebánek) ha fondato il teatro “Divadlo Járy Cimrmana”. Il cinema cecoslovacco degli anni ‘70 si distingue proprio grazie alla serie di commedie di grande successo scritte a quattro mani dalla coppia Svěrák-Smoljak: Jáchyme, hoď ho do stroje! (1974) e Marečku, podejte mi pero! (1975), dirette da Oldřich Lipský; Na samotě u lesa (1975) diretta da Jiří Menzel; Kulový blesk (1978) diretta da Zdeněk Podskalský e dallo stesso Smoljak. Il successo continua anche nel decennio successivo con tre film ispirati al Teatro Cimrmann: Jára Cimrman ležící, spící (1983), Rozpuštěný a vypuštěný (1984), e Nejistá sezóna (1987), tutti con la regia di Smoljak. Svěrák tuttavia, riesce ad ottenere lo stesso livello di popolarità anche senza il suo fedele collaboratore, scrivendo classici della commedia ceca come Ať žijí duchové! (1977) e Tři veteráni (1983), entrambi diretti da Oldřich Lipský; e Vrchní, prchni (1980), girato da Smoljak.

Lo sceneggiatore, piano piano, comincia a guadagnarsi fama internazionale a metà degli anni ‘80 con “Il mio piccolo dolce villaggio” (1985), diretto ancora da Menzel e nominato agli Oscar tra i migliori film in lingua straniera; lo stesso avviene per la commedia “Scuola elementare” (Obecná škola), diretta da suo figlio Jan nel 1991. Proprio questo ultimo film è stato scelto per festeggiare l’ottantesimo compleanno dell’icona culturale, con proiezioni di una nuova versione restaurata in 80 cinema in tutto il mondo. A dir il vero, il più grande successo internazionale di Svěrák padre e figlio rimane Kolya (1996), diretto da Jan e scritto da Zdeněk (che interpreta anche l’attore principale), questa volta vincitore dell’Oscar per miglior film straniero.

Obecná škola tuttavia rappresenta la prima collaborazione creativa del team di famiglia Svěrák, e forse per questo è stato scelto come film simbolo dell’artista. Ancora una volta la vicenda si svolge in un ambiente scolastico; notevole il modo in cui viene ritratta l’atmosfera della scuola di un piccolo villaggio cecoslovacco nel secondo dopoguerra, con Zdeněk anche qui tra i protagonisti. Ma se la decisione di festeggiare l’evento è stata quasi ovvia in patria, fa piacere vedere che i festeggiamenti si siano estesi anche ad altre parti del mondo, in cinema selezionati in diversi paesi: dall’Inghilterra alla Nuova Zelanda, dalla Norvegia all’Argentina o all’isola di Bali in Indonesia. Fra quelle più importanti, sottolineiamo le due proiezioni a Londra al Gate Picturehouse di Notting Hill e l’evento organizzato dalla Czechoslovak Society of Arts & Sciences a Los Angeles, dove prima della proiezione si cantava Zdeněk má narozeniny, scritta da un amico di Zdeněk, il musicista Jaroslav Uhlíř – il quale aveva firmato le famose canzoni per i film Vrchní, prchni, Vratné lahve (2006) e Tři bratři (2014). Un omaggio appropriato per un patrimonio nazionale, autore di una forma di commedia dai tratti originali e distintivi, riconoscibile come un’opera di Woody Allen o Billy Wilder, capace infine di modellare la cultura e l’immagine stessa della sua nazione.

di Lawrence Formisano