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Intervista a Kateřina Haring, Presidente dell’Associazione Ceco-Morava delle Donne Imprenditrici e fondatrice della European Defence Readiness Chamber

Kateřina Haring

Kateřina Haring

A parlare in questa intervista è una imprenditrice ceca che la Russia la conosce non per sentito dire. Trasferitasi a Mosca appena dopo il liceo, al seguito del padre che in quel Paese nei primi anni ’90 rappresentava gli interessi del gruppo Tatra, Kateřina Haring in Russia si è laureata, specializzandosi in Relazioni economiche internazionali. Poi, sempre a Mosca, è stata al servizio dell’Ambasciata della Repubblica Ceca, dove per alcuni anni si è occupata di missioni commerciali e delle aziende ceche che in quel periodo operavano in Russia. Successivamente il salto nel business privato, con la fondazione di Dynamic Group, società specializzata nella organizzazione di stand fieristici, soprattutto del settore Difesa e Sicurezza, attività che le ha consentito di girare il mondo e di entrare in contatto con una serie di colossi dell’industria militare.

Nel frattempo una intensa attività nell’associazionismo d’impresa, che l’ha portata alla carica di presidente dell’Associazione Ceco-Morava delle Donne Imprenditrici e Manager, nonché di vicepresidente della FCEM (Femmes Chefs d’Entreprises Mondiales), un’associazione che conta migliaia di imprenditrici presenti in 50 Paesi dei cinque continenti.

Lo scorso anno – forte anche dei contatti maturati in anni di lavoro e forse anche avvertendo i venti di guerra che cominciavano a spirare vicino al confine orientale della Nato – ha fondato la European Defence Readiness Chamber (EDRCh), un sodalizio di imprese interessate a sviluppare – per usare sue parole – “progetti comuni, focalizzati anche sulla capacità di difendersi dei nostri Paesi, in primo luogo Repubblica Ceca, Slovacchia e Ucraina”. Ed è proprio all’EDRCh che dedichiamo la nostra intervista.

Come è nata l’anno scorso l’idea di istituire la EDRCh, quando ben pochi potevano prevedere l’invasione russa dell’Ucraina?

Questo è il risultato di diversi anni di amicizia e cooperazione, quando abbiamo percepito la necessità di creare uno spazio comune di cooperazione tra Ucraina, Slovacchia e Repubblica Ceca, stati vicini, con buone relazioni a livello economico, politico e culturale. Ho iniziato a vedere progetti che coinvolgevano gli interessi comuni di questi Paesi, ma allora non così grandi da creare interesse a livello governativo. Così ho iniziato a discuterne con amici di questi Paesi e ho percepito il desiderio di creare progetti comuni, focalizzati anche sulla capacità di difendersi dei nostri Paesi.

Poi, in febbraio, l’attacco russo all’Ucraina…

Sì, è stato un evento che in realtà ben pochi consideravano possibile. Solo allora si è capita l’importanza di una struttura di questo tipo. È stato come il brutto anatroccolo che si trasforma in cigno. Improvvisamente abbiamo avuto porte aperte ovunque, anche se l’anno scorso, subito dopo la fondazione, qualcuno ci ha detto che la EDRCh era inutile. Subito dopo l’invasione, c’è stato un forte interesse da parte dell’Ucraina a cooperare nella fornitura di vari materiali, sia umanitari che militari.

Come funziona la EDRCh e cosa prova, anche come donna, ad essere alla guida di una struttura di questo genere?

Siamo tutte persone animate da grande entusiasmo e ci dividiamo i compiti in base alle competenze e al gradimento di ciascuno di noi. Personalmente, sono rimasta sinceramente sorpresa dal fatto che, nonostante il team sia composto per la maggior parte da uomini, abbiano accettato che fossi io a guidare la EDRCh. Anche se in passato ho avuto l’opportunità di conoscere un po’ l’industria della difesa, benché da un’angolazione diversa, non pretendo di essere una esperta in materia. Nel nostro team ci sono però persone che si occupano direttamente dell’approvvigionamento di beni, mentre io mi dedico alle trattative attraverso le quali si definiscono collaborazioni e le consegne. Supervisiono le operazioni e i processi per assicurarmi che tutto sia in ordine. All’inizio, mi occupavo anche dei dettagli delle operazioni di fornitura dei nostri soci e dei nostri partner. Ora questi dettagli sono gestiti dai miei colleghi. La squadra, così come si è formata e assemblata, lavora in modo naturale e con grande entusiasmo. Inoltre, a livello internazionale, anche se quasi tutti i membri del team risiedono in paesi diversi, siamo in grado di gestire molte cose in modo molto efficiente e rapido. È un’armonia che è frutto di un’immensa comprensione tra i nostri Paesi.

Quali risultati avete ottenuto in questi mesi di attività?

Posso dire che, insieme all’intero team di persone coinvolte nella attività della Camera, siamo riusciti a garantire ordini per oltre sei miliardi di corone ceche, circa 250 milioni di dollari, e a consegnare aiuti umanitari in varie aree dell’Ucraina per altri circa 5 milioni di dollari.

Sappiamo che EDRCh è attiva nel campo della sicurezza. Trattate solo con aziende del settore armamenti? E con quali aziende e istituzioni ucraine collaborate?

La sicurezza comprende diversi aspetti, non solo il settore degli armamenti o della difesa, che è probabilmente il più visibile. Include anche la cybersicurezza, l’energia e i settori correlati. Per quanto riguarda i nostri interlocutori in Ucraina, noi collaboriamo direttamente con il ministero della Difesa e con l’Agenzia per gli acquisti e le forniture strategiche.

Poc’anzi ha parlato degli aiuti umanitari che assicurate attraverso una fondazione che avete creato. Può dirci qualcosa anche su questo aspetto della vostra attività?

Anche questo è uno dei risultati del grande entusiasmo e dell’incredibile armonia con cui lavoriamo e della rapidità con cui riusciamo a soddisfare richieste ed esigenze. Sin dall’inizio del conflitto si è trattato della fornitura di medicinali, cibo, prodotti igienici e altri beni di prima necessità che abbiamo consegnato in diverse zone dell’Ucraina.  Lavoriamo con i volontari e abbiamo il vantaggio di avere un contatto diretto con le regioni ucraine, quindi abbiamo informazioni di prima mano su ciò di cui hanno bisogno. Nei primi mesi abbiamo aiutato a consegnare aiuti umanitari provenienti anche da Paesi come l’Italia e la Spagna, per i quali l’Ucraina è più lontana e che vedono in noi, grazie ai nostri contatti, una buona opportunità e la possibilità di far arrivare i loro aiuti a coloro che hanno veramente bisogno.

Sappiamo che la Russia è stata una parte importante della sua vita. Ci ha vissuto per diversi anni, ha frequentato l’università, lavorato nell’Ambasciata ceca di Mosca e successivamente ha intrapreso una attività imprenditoriale. Che cosa ha significato per lei la notizia dello scoppio della guerra tra Russia e Ucraina?

Mi sono sentita tradita. Ho provato un senso di grande delusione, di disillusione. Mi ci è voluto molto tempo per accettare mentalmente quello che era successo.

Quali sviluppi si aspetta in Russia e pensa che un giorno potrà tornare a lavorare lì?

Penso che più a lungo durerà il conflitto, più la Russia si allontanerà dall’Europa e finché l’attuale regime resterà al potere in Russia, temo che le relazioni a tutti i livelli non miglioreranno. Finora, tuttavia, la maggioranza dei russi comuni sostiene Vladimir Vladimirovich Putin, perché nei vent’anni in cui è stato al potere ha trasmesso al suo popolo un grande senso di orgoglio nazionale e di fiducia che prima non conoscevano. Negli anni ‘90 i russi si vergognavano del loro Paese, ma la situazione è cambiata con l’arrivo di VVP (l’abbreviazione con la quale lo chiamano in Russia). Temo che, quando per l’Europa sarà possibile tornare a cooperare con la Russia, le materie prime russe saranno già finite sotto il controllo di aziende cinesi o addirittura asiatiche.

Qual è la sua opinione su come lo Stato ceco e i cittadini comuni stanno rispondendo alla crisi dei rifugiati? Pensa che questa solidarietà sia abbastanza forte da resistere nei prossimi mesi, che probabilmente saranno molto difficili?

I Cechi sono pronti a prendere a cuore situazioni di questo tipo e ad aiutare, come è accaduto anche quando è iniziata la pandemia. Tuttavia, questa solidarietà tende a diminuire col tempo, come è accaduto col Covid e ora anche coi profughi ucraini. Ne parlo anche per esperienza personale, perché quando ho cercato di procurare ai miei amici ucraini una casa in affitto nella città in cui vivo, mi sono sentita rispondere: “Ma noi non vogliamo stranieri”. Penso che la gente qui abbia paura dell’ignoto, di essere ingannata, perché in passato hanno avuto esperienze negative. Anche la barriera linguistica giuoca un ruolo importante.

Come imprenditrice, credo però che per la Repubblica Ceca questa situazione costituisca anche una opportunità, perché dall’Ucraina stanno arrivando molte persone valide e qualificate, il che può essere positivo per il nostro mercato del lavoro, in tutti i settori. Sono molto contenta, ad esempio, che il sistema di assunzione dei lavoratori ucraini sia stato semplificato. Ora sono nel regime delle persone che non hanno bisogno di un permesso di lavoro speciale. In precedenza, quando volevo assumere persone provenienti da Paesi extracomunicari, dovevo pubblicare per sei mesi un annuncio nell’ufficio di collocamento in cui dicevo che stavo cercando una persona con determinate qualifiche; solo quando nessuno della Repubblica Ceca si faceva avanti, potevo offrire il lavoro a uno straniero.

di Giovanni Usai

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Kateřina Haring modera un incontro del generale Petr Pavel, candidato alle prossime elezioni presidenziali, con l’Associazione ceco-morava delle donne d’affari e manager (Čmapm)