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Dopo la chiusura completa nei mesi di primavera gli alberghi e i ristoranti in Repubblica Ceca hanno sperato di tornare alla normalità. Ma, tra mancati arrivi dall’estero e critiche all’overtourism, la ripartenza è tutta in salita
I numeri più pesanti sono attesi per il secondo trimestre, per il quale si prevedono crolli nell’ordine dell’80 e del 90 percento

“Questa estate mi sembra alquanto sfortunata”. La famosa battuta del romanzo Un’estate capricciosa di Vladislav Vančura ben riassume lo stato d’animo di molti operatori turistici cechi. A pesare, in questo avvio della stagione delle ferie, non sono solo la pioggia e le temperature sin troppo fresche, ma soprattutto le perdite dovute all’epidemia Covid-19.

Speranze nel turismo interno

L’impatto del Coronavirus è stato evidente già dai dati del primo trimestre, quando le principali misure erano state appena adottate. Le prime restrizioni sono state prese tra febbraio e marzo, mentre il 12 marzo sono stati chiusi, tranne pochissime eccezioni, gli alberghi e i ristoranti. Questi ultimi solo a fine maggio hanno cominciato a poter riaprire. Nel primo trimestre il numero degli arrivi era già calato di circa il 23 percento, con un crollo ancora maggiore per quanto riguarda quelli dall’estero. Particolarmente colpita è stata Praga assieme alle regioni della Boemia Meridionale e della Moravia Meridionale. I numeri più pesanti sono attesi per il secondo trimestre, per il quale si prevedono crolli nell’ordine dell’80 e del 90 percento.

La situazione non è migliorata neppure dopo il 15 giugno, quando la Repubblica Ceca ha riaperto le porte ai turisti praticamente di tutti i paesi della Ue. I flussi sono rimasti molto lontani dalle medie stagionali degli ultimi anni. L’impressione, girando per i luoghi più battuti dal turismo estero, come il centro di Praga o Český Krumlov, viene confermata anche dai numeri dell’Associazione degli alberghi e ristoranti della Repubblica Ceca. Secondo quanto dichiarato al quotidiano Právo dal presidente dell’associazione, Václav Stárek, il tasso di occupazione delle camere d’albergo nella Capitale si aggira intorno al 10 percento, il che a suo parere non dovrebbe variare neppure nei mesi estivi.

Molti operatori, ad esempio i ristoratori orientati, in parte o interamente, verso i visitatori stranieri, temono un ulteriore crollo degli incassi in luglio e agosto, quando la capitale si svuota per via delle vacanze estive. Anche le strutture di fascia alta, ad esempio i locali stellati, hanno semplificato i loro menù e ridotto i prezzi sperando di attirare i buongustai domestici.

Le prospettive sono appena migliori fuori Praga. “Prevediamo che in estate le strutture possano essere riempite al sessanta percento” stima Václav Stárek riferendosi agli alberghi fuori dalle principali città. Il governo e, soprattutto, gli enti locali stanno spingendo per promuovere le bellezze della Repubblica Ceca.

Tra giugno e luglio si sono moltiplicate le varie iniziative rivolte ai visitatori domestici con programmi di incentivazioni e sconti avviati dalle amministrazioni regionali e dalle principali città ceche. I primi segnali incoraggianti sono arrivati nel primo ponte di luglio con fiumi e piste ciclabili tornati a riempirsi grazie agli appassionati dell’outdoor.

Diversi sondaggi hanno evidenziato che la propensione dei cechi a dedicare le ferie al turismo domestico sia piuttosto alta, fino al 90 percento. Ma il tutto esaurito sembra sempre un miraggio.

Un buco da cento miliardi di corone

Che i villeggianti cechi possano salvare interamente il settore sembra quasi impossibile. Nel 2019 il totale degli arrivi e dei pernottamenti nelle strutture d’accoglienza era diviso quasi a metà tra ospiti cechi e quelli in arrivo da oltreconfine. Ma la propensione alla spesa di questi ultimi è sempre stata in media molto più elevata di quella dei primi. Inoltre, i flussi sono molto diversi nelle varie categorie delle strutture di accoglienza. Gli alberghi a cinque stelle hanno registrato lo scorso anno 3,1 milioni di pernottamenti dall’estero e solo 170.000 da parte dei residenti. Nelle strutture diverse da quelle alberghiere, di prezzo meno elevato, prevalgono invece nettamente i cechi.

Le preferenze sono diverse anche sul piano territoriale: mentre gli stranieri prediligono Praga, i cechi preferiscono le regioni della Moravia e della Boemia Meridionale. Per far fronte a questo dato il comune di Praga ha varato un programma da 120 milioni di corone destinato in modo particolare ai visitatori domestici.

Secondo le ultime cifre risalenti al 2018 del Conto satellite del turismo (Cst) – lo strumento internazionalmente riconosciuto per valutare la dimensione economica dell’industria della ospitalità – le entrate del settore ammontavano a 295 miliardi di corone, di cui 169 miliardi riconducibili a visitatori arrivati dall’estero. I residenti cechi quindi nel 2018 hanno speso per i viaggi domestici circa 126 miliardi di corone, a cui si aggiungono altri 83 miliardi di corone per i viaggi all’estero. Se anche tutta la spesa all’estero fosse dirottata sui consumi interni, cosa peraltro poco probabile, al settore mancherebbero novanta miliardi di entrate. Realisticamente il buco da colmare ammonta almeno a 100 miliardi di corone. Una cifra enorme se si prende in considerazione il fatto che alcuni segmenti non potranno riprendere le loro attività prima del 2021. È il caso del turismo congressuale o dei viaggi d’affari che risentono in maniera sensibile della cancellazione di alcuni grandi eventi, come la Fiera Internazionale della Meccanica di Brno.

Un settore in cambiamento

La crisi dovuta all’epidemia Covid-19 potrebbe comunque essere il catalizzatore perfetto di alcuni cambiamenti già visibili nel settore delle vacanze. Il rafforzamento del turismo domestico è in atto già da diversi anni sia nei mesi invernali che in quelli estivi. Una gran parte delle famiglie preferisce vacanze di prossimità. Dietro a questa scelta ci sono fattori contingenti, come attacchi terroristici nei luoghi di villeggiatura nel Vicino Oriente e in Africa, e soprattutto quelli duraturi, dovuti ad esempio, a fattori demografici. Negli ultimi anni è cresciuta la natalità e questo spinge le famiglie a scegliere per le ferie destinazioni non distanti da casa. Inoltre, il gap della qualità dei servizi turistici offerti in Repubblica Ceca e quelli nei Paesi occidentali, come l’Austria o l’Italia, si sta riducendo.

Dall’altra parte il Covid-19 appare come una opportunità più unica che rara per quelle città che si sentono oppresse dal turismo di massa. Un certo senso di liberazione, e neppure tanto velato, è manifestato dagli abitanti non solo del centro di Praga ma anche di altre località super visitate, come Český Krumlov. In questa cittadina della Boemia Meridionale stanno cercando di attirare nelle proprie strade i turisti provenienti dalla vicina Austria e dalla Germania, oltre a quei cechi che negli ultimi anni sono stati tenuti lontani dall’enorme affollamento di visitatori mordi e fuggi, soprattutto quelli provenienti dall’Asia. Sono finite nel cassetto anche le idee più folli, come quella di istituire tornelli di ingresso in città.

Anche gli schiamazzi dei giovani appassionati della navigazione sulla Moldava, che affollano Český Krumlov da luglio a settembre sembrano più sopportabili. Situazione più complessa per le località termali, che da anni cercano, non sempre con successo, di trasformarsi in moderni centri wellness e aumentare la quota dei clienti paganti, sia domestici che esteri.

Neppure Praga sembra voglia tornare ai vecchi schemi. Nella seconda metà di giugno una parte rilevante del mondo politico locale – dai senatori eletti nei collegi praghesi, ai vari distretti comunali sino al sindaco della Capitale, Zdeněk Hřib – si è schierata contro il progetto di ampliare l’aeroporto Václav Havel con la costruzione di una seconda pista. “A cosa serve raddoppiare la capacità aeroportuale, portandola a 30 milioni di passeggeri all’anno, se Praga non può ricevere altri turisti in più?” ha sottolineato il primo cittadino. La maggioranza dei passeggeri nello scalo praghese è di passaporto straniero, mentre il mercato domestico è troppo debole per giustificare la crescita dello scalo.

Sempre a proposito di iniziative rivolte a evitare il sovraffollamento turistico, va citato il progetto di legge di cui si sta rendendo promotore il Comune di Praga, diretto proprio a regolamentare e limitare il fenomeno Airbnb e degli affitti a breve termine.

L’attuale crisi potrebbe dare avvio nella Repubblica Ceca al declino di una certa idea di turismo, il che non sembrerebbe neanche costituire una notizia così disastrosa, trattandosi di una industria con un impatto inferiore al 3 percento del prodotto interno lordo, un valore aggiunto relativamente basso e una dipendenza molto elevata dalla domanda estera.

Un fattore positivo è rappresentato dal fatto che le attività del settore sono concentrate in regioni economicamente floride, come Praga, Boemia Meridionale e Moravia, pertanto gli effetti negativi del declino possono essere assorbiti da tessuti economici relativamente robusti. Anche questi aspetti dovrebbero essere presi in considerazione dal governo, quando dovrà decidere quante risorse riversare sul riavvio del settore.

di Jakub Horňáček