FacebookTwitterLinkedIn

Tra Boemia e Londra, con Leonardo da Vinci come stella polare: note su un grande artista del ‘600

Le sue ultime parole sono state per gli ufficiali giudiziari. Per supplicare i funzionari di non portarsi via il suo povero giaciglio. Si racconta sia finita così a Londra, nel 1677, la vita del praghese Wenceslaus Hollar. Epilogo ingrato, per uno dei più grandi incisori di tutti i tempi, un’icona dell’arte barocca del Seicento. E pensare che questo boemo di nascita e britannico d’adozione, aveva frequentato le corti reali e l’alta aristocrazia, attraversato e immortalato i paesaggi di mezza Europa. Bizzarri rovesci del destino, in un secolo insanguinato da guerre tremende. E se non bastasse, ecco che un sorprendente fil rouge che attraversa il tempo e la geografia lega il talento di Hollar alle immagini del più grande genio del Rinascimento italiano: Leonardo da Vinci. L’artista praghese conta nella sua sterminata produzione anche alcune decine di incisioni ispirate ai disegni grotteschi del maestro toscano. Sono i profili di uomini deformi: nasi bitorzoluti, menti bislunghi, volti decrepiti. Ritratti grotteschi che calcano gli originali leonardeschi o ne mischiano i tratti unendo anche tre, quattro teste in una sola incisione.

Ma veniamo all’inizio della storia, alla Praga del Seicento. Wenceslaus nasce qui, nel 1607, in una famiglia benestante della piccola nobiltà ceca, ed è qui che trascorre la giovinezza, durante quel periodo orribile che segnò lo scoppio della Guerra dei trent’anni. Inizia a occuparsi di incisione – da quanto se ne sa – all’età di 18 anni sotto la guida di Aegidius Sadeler, uno specialista fiammingo, di Anversa, che era giunto a Praga ai tempi di Rodolfo II.

Il padre cerca senza successo di osteggiarne la carriera artistica e indirizzarlo verso quella di giurista. Niente da fare. È allora che Hollar decide di espatriare, verso l’Europa occidentale dove si perfeziona nella tecnica dell’incisione con i più grandi maestri dell’epoca. Francoforte, Strasburgo, la Gola del Reno. Tutti orizzonti che diventano materia per i suoi disegni. Finché un incontro cambia tutto: a Colonia nel 1636. Hollar ha ventinove anni. È una di quelle occasioni che cambiano le prospettive di una vita. L’artista si imbatte infatti col suo mecenate. Per Hollar l’uomo del destino è il conte Thomas Howard d’Arundel, uno dei nobili più influenti e ricchi d’Inghilterra, in missione diplomatica in nome della corona presso l’imperatore Ferdinando II d’Asburgo. Un diplomatico che non fa solo politica, ma è sempre alla ricerca di nuove acquisizioni d’opere d’arte e di un valido incisore che possa cimentarsi con l’impresa di riprodurre gli oggetti della sua collezione.

Dopo questo incontro Hollar segue il suo conte – e nuovo committente – di corte in corte, per raggiungere quella imperiale di Vienna e facendo tappa anche nella sua Praga natale. Proprio in quella occasione, al seguito di Arundel, Hollar – nonostante il breve periodo trascorso nella Città d’oro – realizza una delle sue opere più famose, il panorama della città vista da Petřín. Un’immagine che trasmette bellezza e nostalgia, l’atmosfera è quasi romantica. Si intuisce in questo paesaggio l’affezione dell’artista per la sua terra. Speculazioni? Forse. Certo è che anche da espatriato, da esule, l’artista boemo resterà sempre legato a filo doppio con la sua identità: per tutta la vita continuerà a firmarsi Wenceslaus Hollar Bohemus.

Ma torniamo alla storia. Quando il conte d’Arundel torna in Inghilterra Hollar lo segue e si stabilisce nella residenza londinese del suo benefattore. L’Inghilterra diventa la sua nuova patria. È qui che l’incisore praghese diventa artista aureolato. Ed è proprio nella capitale inglese che le sue linee, la precisione e la bellezza dei suoi disegni hanno marcato nero su bianco una memoria che altrimenti sarebbe persa per sempre, andata in fumo nel grande incendio del 1666. Se oggi possiamo farci un’idea, avere un’immagine della Londra medievale è grazie alle incisioni di Hollar.

Lavoratore infaticabile, il suo talento nell’immagine non corrisponde a quello per gli affari, e l’artista svende troppo spesso le sue creazioni. L’arte non lo farà mai ricco. Straordinariamente legato alla sua nuova Patria, lascia l’Inghilterra soltanto durante la guerra civile, dopo che arruolatosi e fatto prigioniero, riesce ad evadere in condizioni rocambolesche. Ripara allora ad Anversa dove realizza molte delle sue opere più famose, tra cui paesaggi urbani olandesi, paesaggi marini, rappresentazioni della natura. Nel 1652 è di ritorno a Londra. Ma il suo lavoro per gli editori e le sue entrate diminuiscono perché la Corte non acquista più le sue opere dopo la fine della guerra civile. La parabola si fa discendente. Durante questo periodo la peste gli porta via anche il suo giovane figlio, noto per le sue capacità artistiche. Ma Hollar, infaticabile, non smette di aggiungere pezzi alla sua grande “opera universo”, perché di questo si tratta. Di una produzione sterminata ed eteroclita, composta d’almeno 400 disegni e 3000 acqueforti. Se le immagini delle città e delle campagne tedesche, boeme, d’Inghilterra e d’Olanda sono senza dubbio le sue creazioni più famose, l’artista ha creato anche tante immagini di santi, scene dell’Antico e del Nuovo testamento, rappresentazioni mitologiche, storiche, di piante o animali, nature morte. E a tutto questo si aggiunge l’Hollar leonardesco. Sappiamo che l’artista, almeno fino al 1666 riprodusse senza sosta i disegni del maestro di Vinci, presenti nella collezione Arundel. La gran parte delle incisioni risultanti dal lavoro di Hollar è oggi conservata alla Royal Library di Windsor, in Inghilterra, ma trentuno di queste stampe sono state acquistate negli anni Cinquanta da Carlo Pedretti, insigne storico dell’arte, specialista di Leonardo, da sempre consapevole del valore che le incisioni di Hollar hanno ricoperto per diffondere le idee di Leonardo nel Seicento. E sono proprio queste che sono state esposte quest’anno nella mostra “Leonardo disegnato da Hollar”, a Vinci, un evento organizzato nell’ambito del cinquecentesimo anniversario della morte del grande artista italiano. In queste creazioni uniche, Hollar spesso associa il giovane con il vecchio e il brutto con il bello, riflettendo il pensiero di Leonardo sulla bellezza e sulla bruttezza: un’estetica che mischia il mostruoso ed il fantasmagorico, che cerca il sublime nel lercio. Così, quando l’incisore più brillante del suo tempo incornicia la strada del più grande genio del rinascimento italiano ci si trova di fronte a un’opera insolita, unica, un’arte che si fa eco attraverso le pieghe della storia. Quella di un artista praghese nato sulla Soukenická ulice di Praga che ci ha lasciato una traccia unica anche del nostro patrimonio italiano.

di Edoardo Malvenuti