Quarant’anni fa la finale dei campionati europei in cui Panenka inventò il Panenka: un pallonetto che appartiene alla storia del calcio
Le due squadre avevano deciso di comune accordo che, in caso di pareggio dopo i tempi supplementari, non si sarebbe rigiocata la finale ma si sarebbe andati ai calci di rigore. E così…
“C’era una volta un gruppo d’eroi”. Potrebbe sicuramente iniziare così il racconto della cavalcata della Nazionale cecoslovacca fino alla conquista dei campionati europei, tenutisi nell’ormai ex-Jugoslavia nel lontano 1976. Proprio come in tutte le favole, il tortuoso cammino della formazione guidata dallo stratega Václav Ježek si concluse con un lieto fine, nella storica finale vinta ai danni della più quotata Germania Ovest dei fuoriclasse Franz Beckenbauer e Gerd Müller (quest’ultimo assente nella partita di Belgrado). Il match in questione rappresenta una pietra miliare del calcio moderno, la prima volta in cui l’atto finale di una competizione internazionale è stato deciso con la “lotteria” dei calci di rigore. Così la Cecoslovacchia salì sul tetto d’Europa.
La conquista del trofeo nel ‘76 rappresentò una vera e propria impresa per la nazionale mitteleuropea, capace di superare ostacoli apparentemente impossibili proprio come la formazione campione in carica, la Germania Ovest. Ma in gara c’era anche l’Olanda di Johan Cruyff, la squadra del cosiddetto “calcio totale”, una tattica innovativa che permetteva di occupare in maniera eccellente l’intero campo con tutti gli undici calciatori.
Davide batté Golia sfruttando l’acume tattico del suo condottiero Ježek e una buona dose di fortuna, che in casi come questi risulta sempre necessaria.
Il selezionatore – nativo di Zvolen, cittadina dell’attuale Slovacchia – riuscì a sfruttare al massimo le caratteristiche dei suoi calciatori puntando sulla coesione di un gruppo molto affiatato: una scelta che si rivelò azzeccata, dimostrando ancora una volta che nello sport l’entusiasmo e la voglia di lottare possono riuscire a sopraffare il talento.
A guidare il gruppo Antonín Panenka, autore del rigore decisivo che decretò la vittoria della Cecoslovacchia. Un tiro che non è passato inosservato: stiamo parlando del “cucchiaio”, il famoso calcio di rigore con lo scavetto diventato un marchio di fabbrica del calciatore classe 1948 e ripreso nel corso degli anni da molti colleghi: rigore chiamato da quattro decenni in mezzo mondo, per l’appunto, “il Panenka”. “Se avessi potuto brevettarlo, l’avrei fatto” ha scherzato qualche tempo dopo il centrocampista, che poi ha aggiunto, “Era da due anni che mi allenavo per quel rigore. I miei compagni mi pregarono di non farlo. Ježek mi spronò invece a fare di testa mia. E così feci”.
Il percorso della Cecoslovacchia nella quinta edizione del torneo tra nazioni organizzato dalla Uefa non iniziò nel migliore dei modi: l’esordio nel girone di qualificazione fu amaro con la sconfitta per 3 a 0 a Londra il 30 ottobre 1974 contro l’Inghilterra, per poi inanellare una serie di risultati positivi che condussero la squadra fino alla semifinale di Zagabria contro l’Olanda, dopo aver superato la stessa nazionale dei Tre Leoni, il Portogallo e Cipro nel girone e l’Unione Sovietica nel doppio confronto dei quarti di finale.
In uno Stadio Maksimir completamente allagato, il calcio giocato fu preceduto dalle polemiche degli olandesi. Gli Oranje si resero conto di non poter sfruttare la loro caratteristica principale, il possesso palla, e inizialmente si opposero alla disputa della gara, invocando a gran voce il rinvio. Proteste che diventarono sempre più accese sino al fischio d’inizio, quando l’arbitro gallese Clive Thomas diede il via alle ostilità davanti a 18 mila spettatori. La Cecoslovacchia riuscì a portare a casa la qualificazione alla finale durante i tempi supplementari, grazie alle reti di Zdeněk Nehoda e František Veselý, scatenando l’ira funesta del tecnico olandese George Knobel e dei suoi ragazzi.
Si arriva così al 20 giugno 1976, giorno dell’atto conclusivo della competizione. La Germania Ovest ha rispettato i pronostici della vigilia con un percorso netto fino alla finale, mentre dall’altra parte non c’è la temutissima Olanda, bensì l’outsider Cecoslovacchia, per una partita dal risultato quasi scontato. In realtà, la grinta e l’astuzia tattica di Václav Ježek ebbero ancora una volta la meglio: il commissario tecnico sceglie infatti di non assecondare il gioco dei tedeschi ma, al contrario, tenere in mano il pallino del gioco e mettere in difficoltà gli avversari con accelerazioni improvvise. Una scelta dettata dalle caratteristiche dei suoi giocatori, dotati di una eccelsa tecnica di base e in grande condizione fisica. La nazionale cecoslovacca adotta una mentalità decisamente “occidentale”, dimostrando di possedere nel contempo fisicità e talento, un grande gruppo e individualità spiccate. La Germania Ovest si fa cogliere impreparata e dopo 25 minuti si trova già sotto di due reti: Ján Švehlík porta infatti avanti i “rossi” dopo 8 minuti mentre è Karol Dobiaš, roccioso difensore, a siglare il raddoppio cecoslovacco.
Proprio la seconda rete subita dà la scossa ai tedeschi, che al 28’ riaprono l’incontro con Dieter Müller, centravanti che sostituisce il più famoso Gerd. I teutonici continuano a spingere a caccia del gol del pari e proprio quando sembra tutto finito, nei minuti di recupero della ripresa, arriva il clamoroso pareggio. È Bernd Hölzenbein a gelare i cecoslovacchi con un gol sugli sviluppi dell’ultimo calcio d’angolo dell’incontro. I tempi supplementari si concludono con un nulla di fatto; da una parte la Germania non accelera più in fase offensiva ma prova a controllare per recuperare energie dopo il massimo sforzo per arrivare al pari, dall’altra la Cecoslovacchia fatica a contenere la delusione e non riesce più ad affondare con decisione.
Premessa importante: prima dell’inizio della gara le due squadre avevano deciso di comune accordo che, in caso di pareggio dopo i tempi supplementari, non si sarebbe rigiocata la finale ma si sarebbe andati ai calci di rigore. Ed è proprio ciò che accade: Uli Hoeness fallisce il quarto rigore tedesco e il “cucchiaio” di Panenka regala il trofeo alla Cecoslovacchia.
Grande gioia in tutto il paese, da Praga a Bratislava, per un miracolo sportivo che appariva impossibile ai nastri di partenza. Entusiasmo irrefrenabile immortalato da un’immagine surreale: ad alzare il trofeo ci sono solo maglie tedesche. I telespettatori di mezz’Europa si stropicciano gli occhi, e più di tutti i quadri comunisti cecoslovacchi: che ne è successo della vittoria socialista contro gli odiati tedeschi dell’ovest? La verità è che, da buoni esponenti del fair play, i calciatori avevano cambiato la maglia con gli avversari – gesto encomiabile, ma, verrebbe da obiettare, non prima di alzare un trofeo! Per il giornale nazionale Rudé právo, che critica i giocatori come fosse una vittoria mutilata, solo Panenka, rimasto in maglia rossa, ha salvato l’onore del Partito e della nazione. Ma, come rivelerà in seguito il calciatore, semplicemente non aveva fatto in tempo a trovare un tedesco da abbracciare…
Una vittoria sui generis, fino all’ultimo. Cechi e slovacchi ancora oggi ricordano con grande ammirazione gli eroi di Belgrado: la personalità dell’estremo difensore Ivo Viktor, il gigantesco centrale difensivo Anton Ondruš, la classe e i polmoni di Jaroslav Pollák, l’astuzia di Zdeněk Nehoda, attaccante abile in tutte le situazioni di gioco. Per non dimenticare Panenka e il suo storico colpo: l’accento in un trionfo memorabile, un’impresa calcistica che ha segnato la storia sportiva della Cecoslovacchia.
di Alessandro De Felice